Firenze

Nardella: «Così Firenze si sta preparando ad accogliere il Papa»

Come si sta preparando Firenze a questo appuntamento?«L’attesa da parte della città è molto sentita. Il Convegno ecclesiale nazionale e la visita del Papa sono eventi straordinari, non solo per i credenti. Dal punto di vista organizzativo l’impegno non sarà facile,  perché noi vogliamo garantire a tutti i cittadini e a coloro che verranno da tutta la Toscana e da tutta Italia le migliori condizioni possibili dal punto di vista dei trasporti, della logistica, dei pernottamenti, dei servizi. Abbiamo costituito una task force a Palazzo Vecchio che dialoga con la Diocesi per tutto quello che è l’aspetto organizzativo. Ovviamente non facciamo allarmismi però c’è da fare un lavoro molto serio perché questo evento non produca disagi ma sia ricordato come una grande festa, un momento di riflessione e di gioia».Dal Duomo allo Stadio, il Papa attraverserà una parte della città: un tragitto lungo il quale tutti i fiorentini potranno seguire il suo passaggio e fare festa…«È molto bello che il Papa, nonostante la sua presenza a Firenze sia legata al Convegno ecclesiale nazionale, abbia voluto comunque rendere omaggio alla città e alla nostra comunità, facendo anche questo percorso all’interno della città. Dal punto di vista delle difficoltà che questo potrebbe creare, abbiamo già avuto a Firenze manifestazioni con alte concentrazioni di persone: siamo in grado di gestire questo tipo di occasioni. Dovremo mettere a frutto tutta l’esperienza che abbiamo maturato, con una dose di attenzione aggiuntiva perché è un evento ancor più eccezionale e porterà probabilmente un numero davvero elevato di persone».Il Comune ha voluto approfondire anche quelli che saranno i contenuti del Convegno ecclesiale nazionale, affrontando il tema del nuovo umanesimo attraverso alcuni incontri intorno a questioni molto concrete: il lavoro, la famiglia, le migrazioni…«Sì, abbiamo voluto accompagnare questo percorso di preparazione alla visita del Papa con una serie di approfondimenti, perché Firenze possa reagire con grande partecipazione, perché la città si senta protagonista. Per questo abbiamo organizzato questi appuntamenti che hanno coinvolto uomini di Chiesa e laici, riflettendo su temi quotidiani, poiché questo Papa è molto legato a temi quotidiani e alla realtà dell’uomo. Quello del nuovo umanesimo non è soltanto un argomento filosofico ma è un tema che ha una forte implicazione sulla vita, gli interessi, i bisogni di ciascuno di noi. Per questo la città ha voluto proporre dei momenti di riflessione che la rendano pronta ad accogliere il Papa e ad ascoltare il suo messaggio, che è la cosa a cui teniamo di più».Firenze si sta facendo bella per il Convegno: presto sarà svelato il Battistero restaurato, sarà aperto il nuovo Museo del Duomo… Ma il volto, l’immagine di Firenze dipende anche da altri fattori. A novembre scadono le convenzioni per l’uso del suolo pubblico da parte di bar e ristoranti: ci saranno nuove regole sui dehors. Poi c’è il tentativo di tenere Mc Donald’s fuori da piazza Duomo e di limitare il proliferare dei minimarket che vendono alcolici. Come sta cambiando il volto di Firenze? Il Comune sta tentando di salvare l’identità di questa città, di tutelarne la bellezza e il decoro: A che punto siamo con questo lavoro?«Da un lato è giusto che la città si faccia trovare bella per la visita del Papa; dall’altro lato penso che eventi come questo ci debbano spronare a trovare il volto autentico della città, tutelarlo, promuoverlo. In questo senso il commercio svolge un ruolo decisivo su un obiettivo del genere. Noi abbiamo delle leggi che non aiutano, c’è una completa deregulation sul commercio e per questo assistiamo all’apertura dei minimarket e simili».Non è facile regimentare queste cose…«Esatto. Utilizzeremo la leva della tutela del patrimonio culturale per salvaguardare anche la qualità del commercio».Ci sono invece anche dei luoghi, penso alla stazione di Santa Maria Novella, dove l’apertura di nuovi esercizi commerciali è stata presentata proprio come occasione per ridare vita a certi spazi.«Sì, c’è anche questo: il commercio può servire anche come risposta al degrado. Anche se si deve fare attenzione, a volte si confonde la povertà o la disperazione delle persone con un degrado fastidioso. Io penso che su questo si deve essere chiari, non è che la povertà si cancella mettendo la polvere sotto il tappeto. La povertà fa parte della nostra comunità, quando vediamo persone bisognose nella nostra città non possiamo abbandonarci a reazioni di intolleranza o di fastidio. Dobbiamo saper distinguere quella che è una battaglia per la legalità e per la sicurezza dei cittadini che noi facciamo, e quello che invece è un grande valore per la nostra comunità e per la storia di Firenze, che è il valore dell’accoglienza verso chi ha bisogno».In questo senso possiamo dire che sull’accoglienza dei profughi Firenze, grazie anche all’apporto dell’associazionismo e del volontariato, sta facendo la sua parte?«Proprio così. Abbiamo strutture preposte ad accogliere i richiedenti asilo e stiamo facendo la nostra parte. Accogliere i profughi è importante perché è un atto di umanità, e poi perché lo prevede la legge ed è un nostro dovere».I nuovi appalti sulla gestione delle mense per i poveri però hanno messo in difficoltà  alcune esperienze storiche, come le mense gestite dalla Caritas. Cosa risponde? «Noi abbiamo favorito un modello che sta trovando una risposta importante anche nelle parrocchie: non solo due o tre grandi mense concentrate ma un sistema diffuso di mense, che fa leva su una rete che comprende anche alcune parrocchie. Il nostro rapporto con le organizzazioni che gestiscono le mense per i poveri in città è molto buono. Purtroppo abbiamo dovuto razionalizzare le spese, e quindi anche i contributi, a causa di restrizioni di bilancio, senza però mettere a rischio la garanzia di questo servizio e di questa opportunità per le persone che hanno bisogno».Prima del Convegno ecclesiale nazionale, a novembre ci sarà a Firenze anche il raduno dei sindaci del mondo per parlare di pace. Un’iniziativa nel segno delle iniziative promosse da Giorgio La Pira cinquant’anni fa. Oggi i tempi però sono diversi: secondo lei c’è ancora spazio per una diplomazia che nasce dalle città?«Ne sono convinto, c’è spazio perché il messaggio di La Pira è quanto mai attuale. Guardiamoci intorno, guardiamo quello che l’Isis sta provocando in termini di terrore, guardiamo alle tensioni tra i paesi dell’Est. Io penso che le città e i sindaci che le rappresentano possano unirsi in un messaggio di pace, di collaborazione. Perché come diceva La Pira, i regni passano ma le città restano: e le città sono i luoghi in cui si costruisce un vero modello di comunità».La Pira diceva anche che un sindaco deve occuparsi di pace nel mondo, ma anche delle lampadine dei lampioni: parliamo un po’ allora anche  di «lampadine». Nei mesi scorsi ci sono state proteste da alcune mamme per l’inserimento di cooperative nella gestione delle scuole materne. Come stanno andando questi primi giorni di scuola?«Questa prima fase sta andando molto bene, contrariamente ai pregiudizi da parte di alcuni verso questa scelta dell’amministrazione, soprattutto di alcuni sindacati. Noi abbiamo puntato su un aspetto: il valore dell’educazione e la volontà di mantenere gratuito per i nostri cittadini un servizio come le scuole materne. Per far questo abbiamo aperto alcune scuole, solo nel pomeriggio, ad una collaborazione con il privato sociale. Il privato sociale significa imprese che non puntano solo a far profitto ma sono impegnate nel settore dei servizi al cittadino. Il Comune rimane garante con un compito di indirizzo e controllo. Del resto la nostra Costituzione pone il principio della sussidiarietà, che significa collaborazione tra pubblico e privato per un fine comune che è l’interesse pubblico».Le statistiche ci dicono che Firenze invecchia, che i matrimoni (sia religiosi che civili) diminuiscono, che nascono pochi bambini, che i giovani se ne vanno. Come si può reagire a questo fenomeno? Noi in passato l’abbiamo anche criticata per le scelte del Comune su unioni civili, su matrimoni omosessuali. Stavolta vogliamo rovesciare la questione: come si possono aiutare e sostenere le famiglie?«Innanzitutto scommettendo sulla famiglia come nucleo fondamentale della città. Noi abbiamo grandi energie impegnate sulla scuola, abbiamo buone scuole materne, asili nido molto efficienti. Scommettiamo sui bambini, e questo può dare anche fiducia alla famiglia. Abbiamo politiche fiscali a favore della famiglia, con detrazioni per chi ha figli, abbiamo politiche sociali rivolte all’assistenza gli anziani: nella nostra città ci sono trentamila anziani soli, quest’anno abbiamo promosso per loro il servizio del pasto a domicilio, con l’aiuto anche del volontariato. Su questo tema non facciamo battaglie ideologiche: anche sulla vicenda dei matrimoni omosessuali io mi sono distinto dai miei colleghi non registrando questo tipo di unioni nel registro dei matrimoni, ma distinguendo quella che è un’unione tra persone dello stesso sesso, che hanno diritti legittimi, dal matrimonio che resta il matrimonio così come è riconosciuto dalla Costituzione».Abbiamo parlato molto del centro storico: ma Firenze è anche le sue periferie. Come quella di Novoli e Rifredi, interessate dai lavori per la tramvia. Ne varrà la pena?«Assolutamente sì. Me ne rendo conto se guardo i risultati della Linea 1: tutti ricordano la via crucis dei cantieri, le diffidenze, i comitati per il no… Oggi nessuno rimetterebbe in discussione la Linea 1 che significa tremila auto in meno al giorno, centinaia di migliaia di tonnellate di anidride carbonica che vengono risparmiate. Questo mi convince del fatto che la tramvia fa bene a Firenze e il completamento delle Linee 2 e 3 darà una svolta a tutta la città e in particolare a quel quartiere che oggi deve subire i disagi maggiori. Per questo dico sempre: stringiamo i denti, perché Firenze sarà più bella, più efficiente e più pulita. Il nostro compito è fare in modo che i lavori proseguano secondo gli impegni presi: i fiorentini ci possono dar una grande mano nel sopportare i disagi perché davvero ne varrà la pena».Pensiamo a un’altra periferia, una «periferia esistenziale» come dice Papa Francesco: quella del carcere di Sollicciano. Anche i carcerati aspettano la visita del Papa a Firenze, alcuni di loro saranno alla Messa allo Stadio. Dal nostro settimanale abbiamo lanciato un appello, «Luce sul carcere», per riparare i tetti: piove nelle celle e si potrebbero trovare i soldi necessari per i lavori attraverso l’istallazione di pannelli solari. Il Comune ci appoggia su questa idea?«Mi sembra una bellissima idea, possiamo subito metterci al lavoro per capire come possiamo supportarla utilizzando anche le nostre società partecipate che operano nel settore dell’energia. Aiuteremo Sollicciano portando avanti anche altri progetti già impostati, come il rifacimento del campo da calcio o il supporto a una serie di servizi e attività che stiamo discutendo con la direzione. Non possiamo far finta che Sollicciano non esista, o che i detenuti non siano figli, fratelli, cittadini che hanno sbagliato e che stanno pagando per i loro errori ma che non meritano di pagare più di quello che la legge prevede, perché vivere in condizioni disumane non è scritto in nessuna democrazia: e lo dico in una terra, la Toscana, dove primi nel mondo abbiamo eliminato la pena di morte».L’ultima domanda è inevitabile, visto anche il momento che sta vivendo la Fiorentina: e lo stadio nuovo quando si farà? Lo troviamo un posto dove trasferire la Mercafir?«Questo dello Stadio è un tormentone. Mi sono posto l’obiettivo di comunicare a Mercafir entro la fine di ottobre l’indicazione dell’area dove spostare le strutture del mercato. Questo è l’impegno, dopo di che Fiorentina potrà proseguire nell’elaborazione del progetto definitivo e entro la primavera dell’anno prossimo avremo ogni cosa a suo posto. Sono ottimista, e il primo posto in classifica mi fa esserlo ancora di più!»