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Naia, l’ultimo «rompete le righe»
«Fare il soldato», trascorrere in caserma molti mesi (diciotto per chi ha la mia età, meno per chi è nato dopo) rappresentava una parentesi non piccola che nell’immaginario comune segnava il passaggio tra due età dell’esistenza. Per quelli, poi, che hanno fatto la guerra il discorso è stato ben altrimenti terribile. Della «naia» (vecchia parola veneto-friulana diventata sinonimo d’un servizio inutilmente uggioso) sentii dire una volta che era «l’ozio senza riposo che rende difficile il facile attraverso l’inutile».
Rallegriamoci, allora, che sia finita una perdita di tempo. Tutti, poi, ricordiamo le polemiche dure che accompagnarono l’approvazione della legge (sacrosanta) che riconobbe la possibilità dell’obiezione di coscienza con la possibilità di sostituire quello militare con un servizio civile: fu una vittoria di civiltà, che senza imporre nulla a nessuno, riconosceva a tutti una libertà non piccola. Ora possiamo dire che in questa materia le cose son cambiate davvero da cima a fondo: in caserma ci va solamente chi ci vuol andare; e lo fa, non per rendere un servizio obbligatorio (e, se non proprio gratuito, certamente non pagato come gli altri lavori), ma per esercitare una professione a tempo indeterminato.
E poi quella delle armi non è più un’attività riservata al «sesso forte», ma aperta, ormai da anni (e giustamente) anche alle donne. Come tutte le novità, anche questa (tutta intera, però, senza perderne di vista nessun aspetto) può esser giudicata. E il giudizio può non esser facilissimo. Due nodi sembrano meritevoli di qualche attenzione. Il primo è quello della possibilità che le Forze armate così totalmente «professionalizzate» si trasformino, senza cattiva intenzione di nessuno ma per un processo in certo modo naturale, in un «corpo separato» con una sua «cultura».
Il secondo, un po’ più grave, è che in un momento come questo, nel quale l’occupazione ha problemi tutt’altro che piccoli, molti ragazzi e molte ragazze scelgano in frett’e furia la vita militare solamente per rimandare la questione drammatica dell’inserimento del mondo del lavoro. Per rinviarla e basta, però; perché è ovvio che non tutti i soldati potranno poi proseguire nella carriera militare salendo ai gradi superiori (a meno che alla fine non si voglia metter insieme come un tempo si diceva l’esercito del Papa).
Si starà a vedere. Intanto «godiamoci» la novità.