Cultura & Società
Musulmani e Ramadan. Izzeddin Elzir: «Grazie Papa Francesco, la via di Dio è via di pace non di violenza»
«È un bellissimo augurio che papa Francesco fa nello spirito del dialogo, della convivenza, nella visione di un futuro migliore per tutta l’umanità. È quello che anche noi auguriamo a noi stessi e a tutti i nostri amici». È il «grazie» della comunità musulmana italiana alle parole di augurio espresse dal Papa durante l’udienza del mercoledì. A farsene portavoce è l’imam di Firenze Izzeddin Elzir, presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia (Ucoii). «Ai miei fratelli islamici – ha detto Francesco – il mio augurio cordiale per il mese di Ramadan che inizierà domani. Che questo tempo privilegiato di preghiera e di digiuno aiuti a camminare sulla vita di Dio che è la via della pace». Iniziato tra il 15 e il 16 maggio, il Ramadan si concluderà il 14 giugno. È il mese sacro per i musulmani di digiuno (dall’alba al tramonto) e di preghiera.
Imam Izzeddin, che cosa è il Ramadan?
«Il Ramadan è un momento di preghiera e digiuno. Tanti pensano che il digiuno è non mangiare e bere dall’alba fino al tramonto, ma il digiuno in cui in questo mese particolarmente ci impegniamo è più ampio, ed è quello di digiunare dal parlare male, dal fare male al prossimo, da tutte quelle abitudini non buone che ci condizionano. È quindi una scuola di comportamento, di autodisciplina, di pazienza. È una scuola che ci aiuta a scoprire nel profondo la nostra umanità».
Chi digiuna? E perché lo fa?
«C’è un popolo che digiuna così. Nel digiuno, la persona scopre la sua umanità, la spiritualità, a volte anche la propria religione. Il digiuno aiuta anche a riscoprire che esiste una dimensione diversa, spirituale, che attraversa le nostre giornate. Mai come quest’anno il Ramadan cade in un momento internazionale difficile e oscuro. Il Papa dice che camminare sulla via di Dio è camminare sulla via della pace. La via di Dio è via di pace e non può in alcun modo essere una via di violenza né una via che conduce ad uccidere l’altro. Stiamo vivendo un momento storico attraversato da tanti conflitti, atti di terrorismo, venti di guerra. Abbiamo tutti visto le immagini che ci giungono dalla Palestina dove più di 60 persone, tra cui anche bambini e ragazzi, sono state uccise e più di 2.000 ferite perché chiedono libertà. Dall’altra parte purtroppo abbiamo visto anche chiese che sono state distrutte e cristiani che sono stati uccisi da una famiglia che, purtroppo, ha agito nel nome di una religione. Non è questa la strada. La strada da percorrere, l’unica che conduce ad un futuro possibile, è quella di cercare di rispettare l’altro, la dignità di ogni persona e la sua libertà».
Anche l’Italia, in questo periodo, sta vivendo un momento di grandissima difficoltà, con un governo che fa fatica a costituirsi e che sui temi della migrazione e dell’Islam lascia intravedere una stretta. Siete preoccupati?
«Quello che vediamo è che certamente c’è un clima anormale ma spero in ciò che hanno detto, e cioè che si tratta di un ragionamento già superato. Dobbiamo avere fiducia e averla sempre. E prendere atto che tocca a noi, proprio in questi momenti, lavorare di più sul dialogo. Quello che oggi i musulmani, in questo inizio di Ramadan, vogliono lanciare all’Italia è un messaggio di pace, di dialogo, di tranquillità. Un messaggio di cittadinanza che a tutti chiede di essere responsabili. A noi di essere costruttori di ponti. Ad altri di non giocare con le parole, soprattutto con quelle che toccano la pancia dei cittadini. Le questioni sono serie e vanno risolte. Una di queste è certamente l’immigrazione che va risolta ma soprattutto governata. Non si può fare propaganda su questi temi. Non aiuta nessuno. Non aiuta chi fa politica perché impedisce la ricerca di soluzioni praticabili. Non aiuta gli italiani che oggi sono alle prese con problemi seri, primo tra tutti il lavoro. L’Italia in questo momento non ha bisogno di muri. Non ha bisogno di persone che sollevano questioni che non sono i veri problemi ma li fanno diventare tali, scatenando poi una guerra tra i poveri. L’Italia ha bisogno che tutti, ciascuno secondo la propria competenza, lavorino per fare una scuola migliore, offrire una sanità di qualità per tutti, garantire, soprattutto ai giovani, di arrivare con tranquillità alla fine del mese».
Se si vogliono chiudere le moschee, è perché il mondo islamico anche in Italia mette ancora paura. Come rispondete?
«Il mio invito, soprattutto a chi prova paura, è entrare nelle nostre moschee. Troverà un luogo aperto, di convivenza pacifica, uno strumento di pace, una palestra di dialogo, non di scontro».