Opinioni & Commenti

Mussolini torna a scuola, ma era meglio se restava a casa

di Romanello Cantini

Ci volevano gli esami di maturità del 2010 perché Mussolini potesse rientrare nella nostra scuola dopo esserne stato cacciato sessantasette anni fa quando decorava con il ritratto gemello di Vittorio Emanuele III le pareti delle nostre aule. E Mussolini è ritornato a scuola con il suo vestito peggiore, con il suo discorso più cinico e più protervo, quello del 3 gennaio 1925, quando, dopo la crisi dell’assassinio Matteotti, si assumeva la responsabilità morale di ciò che era accaduto e prometteva, in questo fedele alla parola data, botte agli avversari e dittatura agli italiani. Il pretesto (perché solo di pretesto si tratta) per presentare ai nostri studenti un testo simile è stato la traccia del tema «I giovani e la politica». Per inciso in un testo che ha ben altra valenza e drammaticità Mussolini si lasciava scappare una esaltazione del fascismo come «passione superba della migliore gioventù italiana». La retorica mussoliana non serve assolutamente a niente ai giovani di oggi, ma al massimo poteva consentire una rievocazione storica dei danni di quel «giovanilismo» che comincia con le varie Giovane Italia, Giovane Svizzera, Giovane Polonia, Giovane Europa di Mazzini e che pretende che le cause sono sempre giuste e sante se le vogliono i giovani compresa la Grande Guerra («Maledetti gli studenti che la guerra han voluto», diceva la famosa canzone) e infine il fascismo erede della guerra.

Se il discorso di Mussolini non dice niente ai giovani di oggi al di là della sua arroganza fra l’altro non circostanziata e quindi non comprensibile agli studenti nella sua gravità di autocompiacimento di un assassinio, non molto dicono anche gli altri autori inseriti. Anche un discorso di Togliatti del 1947 che chiede ai giovani di convertirsi al socialismo e al comunismo serve a poco oggi che il comunismo è morto e perfino il socialismo non si sente tanto bene. Addirittura uno dei migliori discorsi di Moro che, all’indomani del ’68, invita a lasciare spazio alla voglia di partecipazione e di fare politica dei giovani appare un po’ sfasato oggi quando a fronte di un impegno dei giovani di allora che nella sua irruenza rischiano di traboccare addirittura nella violenza, oggi il disimpegno è tale da far spesso non solo evitare, ma ignorare la politica. Ma tant’è.

Al ministero ci deve essere una ricetta per cucinare i temi della maturità con le loro relative tracce che suona grosso modo così: prendi un argomento e scegli, magari con l’aiuto del computer, i testi in cui la parola ricorre; fra i testi scegli quelli dei pezzi più grossi che fanno più effetto qualsiasi cosa dicano e non dicano; metti insieme in omaggio al criterio del pluralismo un autore di destra, uno di centro e uno di sinistra; servi il tutto senza il condimento di un commento per non togliere genuinità ai prodotti messi in tavola. Magari testi di novanta, sessanta, quaranta anni fa sembreranno agli studenti mozzarelle blu. Ma se questi prodotti oltre la scadenza non serviranno agli studenti del 2010 né a inquadrare i loro problemi di oggi né a suggerirgli un solo rigo del tema, serviranno comunque a farti far bella figura con il ministro per l’anno prossimo.