(ASCA) - L’assemblea straordinaria del Monte dei Paschi di Siena ha approvato l’aumento di capitale da 2,471 miliardi di euro, di cui 471 con l’emissione di azioni ordinarie al servizio del rimborso del prestito Fresh e 2 miliardi con l’emissione di altre azioni ordinarie. L’operazione, passata con l’approvazione del 99,9% del capitale presente in assemblea, potrebbe essere avviata verso fine mese, ha spiegato il presidente del Monte, Giuseppe Mussari, una volta espletato l’iter autorizzativo. L’operazione consentirà al Monte di “rafforzare la rete commerciale, restituire i Tremonti-bond (1,9 miliardi di euro,che costano 160 milioni annui di interessi) e di migliorare la qualità del capitale della banca”, ha spiegato Mussari. Soprattutto salirà la componente di patrimonio primario (Common equity). Il Dg del Monte, Antonio Vigni, ha ricordato come Basilea 3 preveda “a regime (2019, ndr) un Common equity al 7%” dell’attivo ponderato per il rischio, “noi siamo già all’8,10%, nel 2013 all’8,6% e al 9% nel 2015”. Quando poi il Monte avrà ricevuto l’ok di Bankitalia sull’imputazione a patrimonio dell’operazione di vendita degli immobili effettuata a fine 2010, il patrimonio di base salirà di altri 35-40 punti. Chi sborserà i soldi che il Monte chiede per essere in linea con Basilea 3? Il compito più gravoso è in capo alla Fondazione Mps, che si è gia mossa per reperire le risorse necessarie all’operazione. La scorsa settimana ha venduto 450 milioni di azioni privilegiate, in carico al prezzo unitario di 1,28, dismesse a 0,8325 euro, una minusvalenza di circa 200 milioni a deduzione del patrimonio sull’esercizio 2011 della Fondazione, ma non al conto economico. Un sacrificio che ha consentito di recuperare circa 360-370 milioni di euro da spendere nella ricapitalizzazione. L’operazione sulle privilegiate, la Fondazione ne possiede ancora 650 milioni, ha sorpreso il mercato che si aspettava che l’ente facesse cassa vendendo parte di diritti di opzione in sede di aumento di capitale. Palazzo Sansedoni invece ha bruciato i tempi, una decisione che “ha fatto venir meno la possibilità di azioni speculative che avrebbero potuto penalizzare in maniera determinante l’andamento del titolo”, così Gabriello Mancini, presidente della Fondazione, intervenendo all’assemblea degli azionisti della banca. Nei fatti l’ente ha voluto affrancarsi dalla volatilità tipica dei prezzi dei diritti di opzione. Dopo questa scelta, Fondazione detiene il 50,1% del capitale sociale del Monte dei Paschi, quota che rimarrà invariata anche post-aumento. Una sorta di linea del Piave, per difendere il radicamento della banca sul territorio senese, “il mantenimento della maggioranza del capitale è un punto irrinunciabile”, ha sottolineato Mancini. L’ente senese ha poi altro fieno in cascina derivante dai 271 milioni del Fresh, il resto arriverà con molta probabilità ricorrendo al debito, tra 350-400 milioni. Non sembra invece all’ordine del giorno la dismissione dello 0,34% di Intesa San Paolo, partecipazione non strategica, ipotesi che “abbiamo letto sui giornali e sulla quale non abbiamo alcun commento da fare” ha detto il presidente della Fondazione. Mancini, ribadendo la fiducia sul management della banca, non ha firmato cambiali in bianco e insieme alla rigorosa implementazione del piano industriale (previsto un monte cumulato di dividendi per 2 miliardi fino al 2015) ha chiesto “il recupero di una redditivita” significativa”. Poi uno sguardo alle tematiche locali su cui la Fondazione, uno dei volani dello sviluppo della provincia di Siena, ha molta voce in capitolo. Annunciando il voto favorevole all’aumento di capitale, il presidente dell’ente senese non si è nascosto dietro un facile ottimismo ma ha distillato pillole di sano realismo. L’operazione “drenera” risorse significative, le scelte di questi giorni hanno un costo e conseguenze notevolissime per la Fondazione, per le Istituzioni e per tutti i cittadini”. C’é da stringere la cinghia, le copiose erogazioni, in un decennio circa 1 miliardo sulla città di Siena, vanno per ora gelosamente relegate nell’album dei ricordi. Tra gli altri azionisti di peso e strategici del Monte, ci sono Francesco Gaetano Caltagirone con 4,81% del capitale ordinario, Axa 4,56%, e a detta degli osservatori dovrebbero sottoscrivere l’aumento per la quota di loro competenza. Stessa musica per Unicoop Firenze 3,32%, oggi rappresentata in assemblea dal presidente del consiglio di sorveglianza Turiddo Campaini che non non ha rilasciato dichiarazioni. Probabile che rinnovino l’impegno anche gli ex-soci Banca del Salento con il 2,92%. Non parteciperà all’aumento di Jp Morgan titolare del 5,54%, in quanto la quota è solo al servizio del bond convertibile emesso nel 2008, quindi senza diritti di opzione e di voto. Infine la Carlo Tassara con l’1,7%, per molti osservatori difficile che partecipi essendo alla prese con un difficile processo di ristrutturazione del debito. Insomma, al netto degli azionisti di peso e del rimborso del prestito Fresh, il mercato sarebbe chiamato a contribuire per 700-800 milioni, non è una grande cifra.