Un missionario saveriano, padre Giuseppe Mauri, 51anni, è morto ieri mattina in un incidente stradale in Mozambico, quando l’auto sulla quale stava viaggiando in direzione della capitale Maputo si è scontrata con un autobus. Ne ha dato notizia padre Joao Bortoloci, responsabile dei saveriani nel Paese africano. Il religioso, nato a Ronco Briantino (Milano), lavorava nella missione di Chibututuine, non lontano da Maputo, affidata alla Fraternità missionaria di Piombino, fondata dal saveriano padre Carlo Uccelli. Entrato nel seminario dell’Istituto nel 1963, era stato ordinato sacerdote nel 1980. Dal 1982 al 1989 era stato impegnato nella Repubblica democratica del Congo e successivamente nelle comunità saveriane della Gran Bretagna, dove aveva svolto anche il servizio di superiore. La sua ultima testimonianza è una lettera pubblicata sul numero di marzo 2004 del mensile Missionari Saveriani’. Negli ultimi mesi padre Mauri si era dedicato ai malati terminali di Aids: “A volte scrive – provo dolore quando penso che nel mondo occidentale, da vari anni, si può fare e si fa tanto per i malati di Aids, mentre qui non c’è ancora nessuna speranza. Le medicine costano troppo e il governo non le passa: per alleviare i dolori, vengono somministrate aspirine o paracetamolo. Solo le donne in gravidanza assumono medicine adeguate per evitare la trasmissione della malattia ai nascituri. La maggior parte dei malati di Aids sono giovani e molti, morendo, lasciano i figli orfani”. Il missionario racconta l’incontro con una donna di 65 anni: “Aveva in braccio un bebè di due settimane, suo pronipote. La mamma era morta di Aids due giorni dopo il parto; la nonna era scomparsa diversi anni fa. La piccola creatura era nelle braccia della bisnonna, che non sapeva più cosa fare o a chi rivolgersi”. Parlando dei ragazzi della sua missione, padre Mauri ne parla così: “È commovente ed emozionante incontrare questi giovani che si aggrappano al Signore con tutte le loro forze: sono adolescenti normali, con tutti i problemi della loro età; in più sono poveri e soli. Non hanno nessuno che li aiuti. Eppure riescono a trovare la forza per lavorare per il Signore, con entusiasmo, come solo loro sanno fare”. Misna