Vita Chiesa
Moschea a Sesto, card. Betori: «Il dialogo non annulla le identità, le favorisce»
Il 22 dicembre scorso è stato sottoscritto un Protocollo d’intesa tra il Comune di Sesto Fiorentino, l’Arcidiocesi di Firenze, l’Università degli Studi di Firenze e l’Associazione per la Moschea di Firenze per la realizzazione di una moschea a Sesto Fiorentino. A sottoscrivere il Protocollo sono stati il Sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi, l’Arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, il Rettore dell’Università degli Studi di Firenze Luigi Dei e il Presidente dell’Associazione per la Moschea di Firenze, l’imam Izzedin Elzir.
Invitata dal Comune, l’Arcidiocesi, proprietaria di un’area nel territorio comunale, si è resa disponibile a venderla alla Comunità musulmana ottenendo contestualmente, a titolo oneroso, un altro terreno di proprietà dell’Università di Firenze dove poter edificare delle strutture a carattere religioso a servizio della Comunità cattolica.
Eminenza, può spiegare come nasce la decisione di cedere il terreno di proprietà della diocesi alla comunità musulmana per la realizzazione di una moschea?
«La diocesi di Firenze ha risposto volentieri ad una esigenza, una richiesta manifestata dalla società civile tramite il sindaco di Sesto Fiorentino: la disponibilità di uno spazio perché la comunità musulmana potesse esercitare la libertà di culto in un luogo degno e dignitoso. La libertà religiosa è diritto inviolabile della persona umana, San Giovanni Paolo II sosteneva che è il primo dei diritti dell’uomo e fondamento di ogni accettabile schema di diritti. E la libertà di culto, il suo possibile esercizio è elemento integrante della libertà religiosa. La Chiesa fiorentina con la firma di questo protocollo ha dato concretezza all’affermazione del principio di libertà religiosa promosso soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II e ribadito continuamente dal magistero pontificio. Anche recentemente, nel suo discorso alla Curia romana per gli auguri di Natale, Papa Francesco ha sottolineato con forza l’importanza del dialogo fra religioni da realizzare, ha detto, “perché l’unica alternativa alla civiltà dell’incontro è l’inciviltà dello scontro”. Un dialogo, ha aggiunto il Papa, che deve essere caratterizzato da identità, alterità e sincerità. Questa scelta è stata motivata dunque dalla fede, ma come cittadino è giustificata anche dalla nostra Costituzione, in cui si trovano i fondamenti del diritto alla libertà di culto. Su queste basi di carattere religioso, civile e sociale si giustifica quindi l’offerta del terreno di proprietà della diocesi alla comunità musulmana. Questo progetto dimostra come il dialogo e il confronto costruttivo fra realtà diverse possa portare a soluzioni condivise nel reciproco rispetto e a favore di tutta la comunità civile».
A cosa era destinata quell’area, perché la decisione di venderla? Come è nata l’idea, da chi è partita l’offerta?
«Credo che il Sindaco di Sesto Fiorentino mi abbia chiesto la disponibilità a valutare l’ipotesi di cessione di questa area dato che il Regolamento Urbanistico Comunale prevedeva già la destinazione del terreno per servizi religiosi, ma la diocesi non vi aveva ancora realizzato nulla. In effetti questo terreno, non era parte del patrimonio tradizionale della diocesi, essendo stato acquistato alcuni anni fa in vista della possibile realizzazione di un nuovo complesso parrocchiale, in ragione degli sviluppi urbanistici che si prospettavano allora per la zona. Successivamente, dopo un confronto con i sacerdoti del vicariato, è stato valutato che lo scarso incremento di residenti e le esigenze della comunità cattolica presente in quel territorio non fossero tali da giustificare o richiedere la realizzazione di un nuovo complesso parrocchiale. A tale proposito aggiungo che, grazie al contestuale accordo siglato con l’Università di Firenze, che prevede l’acquisto di un altro appezzamento, la diocesi rimane nella disponibilità di spazi da destinare eventualmente ad altri ambienti per il culto e la pastorale».
Cosa e quando verrà costruito sul terreno dell’Università?
«Come dicevo, l’arcidiocesi di Firenze ha ritenuto necessario e opportuno individuare un’area alternativa nella zona, in modo da conservare la possibilità, qualora in futuro se ne manifestasse la necessità, di edificare delle strutture a carattere religioso a servizio della comunità cattolica residente in questo territorio. Tale area è stata individuata, grazie alla disponibilità dell’Università, in prossimità della piccola cappella della Madonna del Piano, posta all’interno del polo scientifico di Sesto Fiorentino, quindi a una certa distanza dal futuro insediamento della Comunità islamica. Allo stato attuale non ci sono previsioni e/o progetti di nuove realizzazioni in quest’area».
Può illustrare i dettagli dell’acquisto del terreno da parte della comunità islamica
«L’area, che ha una superficie catastale complessiva di circa 8.000 mq, viene ceduta dall’arcidiocesi di Firenze alla comunità islamica a prezzo di costo 700.000 euro, lo stesso a cui fu acquistata. Qui potranno essere realizzati fino a 2500 mq di fabbricati per attività religiose. Sull’acquisto e la provenienza dei fondi, la comunità islamica ci ha informati che questi saranno raccolti tra i membri della comunità stessa e grazie al sostegno di donazioni private. L’operazione di cessione sarà soggetta, come ogni altra transazione di carattere economico-finanziario, alla normativa vigente nel nostro Paese in materia di antiriciclaggio e pertanto i flussi finanziari dovranno essere tracciabili. L’area che invece l’Università cederà all’arcidiocesi, per circa 225.000 euro, ha una superficie di circa 2500 mq, sui quali potranno essere realizzati fino a 1250 mq di fabbricati per attività religiose».
Cosa risponde a chi sostiene che dovrebbe valere il principio della reciprocità per le chiese e i cristiani nei paesi musulmani?
«La libertà religiosa e di culto sta per la Chiesa cattolica alla radice di ogni altra libertà e di ogni altro diritto; così come appartiene alle sue profonde convinzioni un sincero rispetto per le altre fedi e tradizioni religiose. L’arcidiocesi di Firenze ritiene che questi principi non possano essere affermati in modo credibile, se non essendo coerenti e adoperandosi, laddove possibile, perché tutti possano goderne effettivamente. Penso che siano proprio gesti come questi a porre nel tempo le condizioni migliori e più efficaci perché ogni uomo, in ogni parte del mondo possa un giorno godere di una piena ed effettiva libertà religiosa. La reciprocità potrà nascere solo dalla chiarezza dei rapporti, ma non potrà mai essere imposta. Imporla significherebbe sminuire il valore del principio».
Con gesti come questo, non rischiamo di favorire l’insediamento e l’espansione di una religione che porta con sé una cultura che per molti aspetti contrasta con la nostra, ad esempio circa la considerazione della donna o l’obbligo della conversione per l’uomo che intenda sposare una musulmana? Non vede il pericolo di una islamizzazione dell’Occidente? Non teme che ci saranno più minareti che campanili?
«La trasformazione delle società occidentali in società multietniche, multiculturali e multireligiose è un dato di fatto e un futuro che ci attende ineluttabilmente. Possiamo reagire chiudendoci in noi stessi e creando sistemi di opposizione, ma in questo caso avremmo soltanto l’esito di convivenze piene di conflitti e di violenza. La strada da percorrere è invece quella della conoscenza reciproca, della convivenza pacifica e del dialogo. Ripeto ancora le parole del Papa: “l’unica alternativa alla civiltà dell’incontro è l’inciviltà dello scontro”. Proprio l’incontro e il dialogo potrà aiutare a condurre lo stesso Islam a riflettere su necessarie revisioni, magari favorite dal doversi confrontare sulla base di principi civili che nella nostra Italia molto debbono alle radici cristiane».
Di fronte al numero crescente di persone di religione islamica che arrivano nel nostro Paese, noi come cristiani siamo o no chiamati ad annunciare anche a loro il Vangelo? O dobbiamo autolimitarci per rispettarli? Dove è il limite fra il rispetto e la rinuncia all’annuncio del Vangelo?
«Il dialogo non annulla le identità, come molti pensano, ma se è autentico le favorisce. Proprio dovendomi confrontare con una identità diversa dalla mia sarò maggiormente spinto a conoscere e a ribadire la mia identità. E nella identità cristiana è incluso il dovere dell’annuncio del Vangelo a tutti, purché sia fatto con carità, senza nulla imporre e mettendo a base la testimonianza. Restano per me illuminanti le parole del cap. XVI della “Regola non bollata” di San Francesco: ““I frati poi che vanno tra gli infedeli possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti e dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che, quando vedranno che piace a Dio, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose, e nel Figlio redentore e salvatore, e siano battezzati… E tutti i frati, dovunque sono, si ricordino che hanno donato se stessi e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo. E per suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili”. Insomma, testimonianza di vita sempre, un annuncio cioè con i fatti, e quando se ne mostra l’occasione l’annuncio esplicito con la parola e l’invito alla conversione».
Pensa che le motivazioni religiose e civili di questo protocollo siano condivise dalla maggior parte dei fedeli e dei cittadini? E se partissero raccolta firme o referendum consultivi sulla realizzazione della moschea come avvenuto altrove?
«Il diritto alla libertà religiosa è un principio sancito dalla nostra Costituzione e, come tale, è un diritto indisponibile, che non può variare nel tempo in base al sentire della maggioranza. Non voglio neanche pensare che qualcuno un giorno ponga condizioni per la costruzione di una chiesa! Il nostro è un gesto che non vuole minimamente sminuire l’importanza della nostra cultura e delle nostre tradizioni, al contrario: ne dimostra la forza, la bellezza, la vitalità. Come vescovo sono convinto che una piena ed effettiva integrazione sia possibile solo attraverso un’affermazione chiara e serena della propria identità culturale e religiosa, per la quale è legittimo e doveroso esigere rispetto e proprio in forza della quale siamo chiamati ad accogliere e rispettare quanti vengono da altre tradizioni. Accogliere e integrare, senza dar luogo a confusioni e sincretismi, è segno di una forte identità, a cui certamente non rinunciamo. Credo che tutta la comunità civile abbia da guadagnare da un clima di rispettosa, serena e pacifica integrazione con quanti, provenendo da altri paesi e da altre culture, si trovano a vivere sul nostro territorio».
L’imam Izzedin Elzir che ha firmato il Protocollo ha detto questa è la moschea di Sesto, cosa ne pensa di un’altra moschea a Firenze?
«Non compete alla Chiesa cattolica intromettersi nei rapporti tra la comunità islamica e l’amministrazione comunale di Firenze, come pure nelle relazioni tra amministrazioni comunali. A noi compete affermare ciò in cui crediamo e ciò che pensiamo possa contribuire al bene comune e, laddove possibile, offrire una testimonianza concreta, come abbiamo fatto in questo caso. Il pensiero che ho più volte espresso è che si deve rispondere ai bisogni religiosi della gente e non erigere degli emblemi. I musulmani che stanno su questo territorio hanno bisogno di uno o più luoghi di culto? Questo ce lo possono dire solo le comunità musulmane.»