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Moratoria della pena di morte: richiesta sacrosanta, ma non basta
Per il resto le statistiche dicono che si delinque tanto nei paesi dove esiste la pena di morte quanto in quelli dove questa ripugnante pena è stata messa all’indice. Le immagini di Saddam con il cappio al collo trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo sono state come una frustata sul volto di buona parte dell’opinione pubblica internazionale non affetta da sadismo. È un uomo quello che è comparso davanti alla forca. Dittatore e dittatore feroce? Certamente ma chi dà diritto ad altri uomini, ad una giustizia, per di più con qualche pelo sullo stomaco, di uccidere chicchessia?
Il fatto è che nella pena di morte c’è sempre una buona dose di sadismo sublimato dalla convinzione di rispettare la legalità. A tal punto che nello stato dell’Arkansas un giovane schizofrenico ha dovuto essere curato per una ventina d’anni per potersi sedere nel pieno possesso delle sue facoltà mentali sull’ultima sedia della sua vita. Negli Stati Uniti, più che altrove, il rispetto delle regole è infatti sacrosanto (anche se, non disponendo di mezzi necessari a pagare buoni avvocati, le regole si restringono spesso addosso all’imputato come la pelle di Zigrino). Così, a guarigione avvenuta, il boia può dire di aver fatto fuori chi era cosciente di sé. Certamente più sbrigativi in Cina e in ogni paese dove la cultura del diritto stenta ad arrivare, ma il legale è ad organetto ovunque e comunque se non è saldamente ancorato al diritto naturale.
Lo stesso vale per il diritto internazionale. La vicenda di Saddam ne pone ulteriormente in luce la zoppicante presenza. La più grande potenza mondiale non ha sottoscritto il trattato che istituisce il Tribunale penale internazionale e pretende che i suoi cittadini non possano stare sul banco degli imputati lontano da casa. Così il richiamo alle regole è viziato dal diritto del più forte. L’occidente si vanta a ragione di essere costituito da regimi liberaldemocratici. Ma i titoli nobiliari, per essere veri, devono anche essere continuamente onorati e non c’è alcuno al mondo che possa dire: la cosa non mi riguarda.