Cultura & Società
Monticone: La Pira, Giordani e il sogno di Martin Luther King
In un certo senso siamo come ai tempi di Martin Luther King: «Bisogna nutrire un sogno ed essere disposti anche a pagare di persona per realizzarlo». Lo storico ci anticipa il «manifesto» dettato ai cattolici toscani impegnati in politica e nel sociale, proprio nel nome di La Pira e Giordani, entrambi protagonisti all’Assemblea Costituente e punto di riferimento fino oltre la metà degli Anni Settanta. «Il sindaco di Firenze ed il grande giornalista-scrittore non furono dei solitari e misero i loro talenti in comune con quanti, nella varietà e nella complementarietà del laicato cattolico, si sforzavano di realizzare con gli uomini di buona volontà il regno di Cristo nel tempo e nella situazione storica, nei quali erano stati collocati dalla Provvidenza».
Professor Monticone, Igino Giordani e Giorgio La Pira sono stati due precursori della stagione conciliare cui viene riconosciuto anche un profilo di santità. Da storico, come sintetizza il loro specifico «carisma»?
«Questi due testimoni di spiritualità nella politica furono personalità originali, che si impegnarono da cristiani nel servizio politico mossi ciascuno da una specifica visione della relazione tra la “città di Dio” – alla quale innanzi tutto si sentivano chiamati – e la “città dell’uomo”, luogo storico e itinerario necessario per la costruzione della prima. Anticiparono gli ideali proposti dal Concilio Vaticano II ai laici cristiani, cioè quelli dell’animazione delle realtà temporali, operando dal loro interno nel pieno rispetto della persona umana e delle finalità proprie di ciascuna istituzione. Si impegnarono in tal senso per il loro Paese, l’Italia uscita dalla prova della seconda guerra mondiale proprio nella fase creativa di una società libera, democratica e giusta nella concordia nazionale e tra i popoli. Non furono dei solitari: ciascuno a proprio modo aveva un peculiare radicamento nella comunità ecclesiale e nella tradizione spirituale, teologica e mistica che aveva fecondato nella storia della Chiesa l’esercizio della carità. Ed erano inseriti nell’alveo di quel movimento degli intellettuali cattolici, specialmente presenti nell’Azione Cattolica, nella Fuci e nei Laureati Cattolici, che con la guida e in sintonia con sacerdoti quali Montini, Costa e Guano offrì numerosi altri protagonisti della presenza cattolica nella fondazione della Repubblica».
La Pira e Giordani, dopo l’Assemblea Costituente, hanno operato in campi diversi. Ma qual era il loro comun denominatore?
«Possiamo dire che il loro comune denominatore, nelle specifiche circostanze dell’impegno per una società pienamente umana e cristianamente fondata, era l’ideale della carità, cioè dell’esercizio dell’amore concreto per tutti gli uomini, ben consapevoli che il giudizio finale al termine della vita di ogni cristiano sarà sul modo con il quale si è seguito il primo e più importante comandamento. È significativo che entrambi abbiano ammirato e seguito l’esempio di Contardo Ferrini, considerato l’Ozanam italiano; essi che al pari di quei due protagonisti umanitari e religiosi furono uomini di cultura e formatori a livello accademico e popolare di giovani e meno giovani».
Giordani viene ricordato come cofondatore (insieme a Chiara Lubich, che lo chiamava «Foco») del Movimento dei Focolari e come giornalista, scrittore ed educatore. Dimentico qualcosa?
«Giordani era sicuramente come lei lo definisce. Tuttavia è bene anche sottolineare che egli fu un politico, nella breve stagione del Ppi di Luigi Sturzo, nell’opposizione al fascismo, nella preparazione della Costituzione del 1948 e in Parlamento nella prima legislatura. Fu sposo e padre di famiglia. Fu in trincea nella Grande Guerra, medaglia d’argento al valor militare, per un’azione eroica ma incruenta, e gravemente ferito. Collaborò con l’Ac alle attività dell’Icas ( Istituto cattolico di attività sociali) in contatto con sacerdoti e laici poi protagonisti della stagione conciliare. Fu una persona eccezionale nella sua normalità di membro della Chiesa e cittadino italiano».
L’impegno di La Pira ha avuto invece un respiro più internazionale. Ha dialogato con i Grandi del mondo, nel suo tempo, e si è imposto come profeta di pace. Perché ancora oggi , soprattutto tra i giovani, è considerato un simbolo del confronto e dell’integrazione tra popoli?
«Credo che La Pira, profeta e operatore di pace, sia considerato specialmente dai giovani simbolo della convivenza pacifica e dell’integrazione tra i popoli, perché agiva in forza di grandi ideali, superando e stravolgendo metodi troppo condizionati da timori o da interessi, e perché senza pregiudizi e nella verità sapeva scorgere in tutti, anche i più distanti dalla sua fede e dal suo modo di pensare, elementi di possibile intesa per il bene comune. Chi, come i giovani, sente il bisogno di ragioni forti per lo stare insieme e desiderio di andare oltre antiche contese o nuove barriere non può non subire il fascino di quel professore disarmato, secondo gli schemi del mondo, ma armato di coraggio e fiducia cristiani, che proponeva ai potenti del suo tempo percorsi comuni di incontro e di pace, non trattative al riparo delle armi più moderne».
Se non lo ha conosciuto personalmente, quali testimonianze ha raccolto su Igino Giordani?
«Non ho conosciuto personalmente Igino Giordani, ho però avuto modo di rendermi conto nei miei studi, soprattutto attraverso l’Istituto storico dell’Ac e le ricerche da esso promosse, della sua rilevanza nella vicenda del cattolicesimo politico e sociale del nostro Paese, anche se nell’opinione pubblica e talora nella storiografia egli non è considerato un protagonista. Di lui mi hanno particolarmente colpito la sua esperienza nella Grande Guerra, la sua pena per i morti nostri e nemici, il sentimento di fraternità umana in mezzo al fragore delle armi, espresso in prosa e in poesia non diversamente da altri scrittori e poeti, ad esempio da Ungaretti. E anche il suo rifugio in Vaticano quale bibliotecario in parallelo e in amicizia con De Gasperi».
Di La Pira si sa già molto. Può però raccontare qualche aneddoto significativo che l’ha colpito come studioso del movimento cattolico?
«La Pira è una personalità singolare nella sua radicale semplicità, che difficilmente si può inquadrare nel movimento cattolico, se questo si intende come corpo organizzato, ma è da considerare certamente un decisivo esponente del complesso dei laici cristiani che hanno incarnato il progetto conciliare. Intendo dire che la storia del movimento cattolico, italiano e non solo, si comprende appieno solo con l’apporto suo e di altri personaggi apparentemente fuori degli schemi. Ho conosciuto alcuni ambienti in cui egli si è formato e nei quali ha maturato i talenti che mise al servizio di Dio e dei poveri. Nella seconda metà degli anni Sessanta ho insegnato all’Università di Messina, ho avuto modo di conoscere l’allora rettore Salvatore Pugliatti suo amico e frequentare la sua casa e soprattutto ho ancora visto in quella città le casupole costruite per i terremotati di cinquant’anni prima. Capii che quei luoghi, quella gente sofferente e coraggiosa, quelle povere aule, nelle quali per un anno feci le mie prime lezione, erano stati per lui il crogiolo nel quale ha decantato ed affinato la sua vocazione religiosa ed umana».
In Italia stiamo vivendo una profonda crisi della politica. Forse perché mancano uomini come La Pira e Giordani?
«La grave crisi politica del nostro Paese è anzitutto una crisi morale, che ha origini lontane e profonde e che si è sviluppata non solo nei comportamenti di molti di coloro che hanno avuto responsabilità istituzionali, rappresentative, economiche e culturali, ma in prassi diffusa nelle relazioni sociali e nella vita quotidiana di singoli e di gruppi. È una crisi di cittadinanza, direi quasi di identità civile, dimentichi come spesso siamo delle ragioni del nostro essere cittadini del mondo perché italiani e pallida copia di coloro che stilarono il patto, etico prima che politico, della nostra Costituzione e di quanti lo fecero fruttificare pur tra le diversità e le battaglie politiche. Non mancano neanche oggi donne e uomini come La Pira e Giordani, adulti e giovani, che nella loro attività si ispirano a veri e forti ideali, nonostante le difficoltà e le incomprensioni, e che possono essere una vera sorgente di rinascita del nostro Paese. La sfida è quella di andarli a cercare là dove essi operano, aprire le porte, consentire che la società si accorga di loro ed avere fiducia che anch’essi, e non solo chi è sempre alla guida, può rinnovare la politica».
Quale contributo può dare il laicato cattolico per superare le gravi emergenze, che penalizzano soprattutto i giovani e le famiglie più povere?
«Il contributo che i cattolici attivi nella comunità ecclesiale possono offrire per superare le emergenze sociali di questi lunghi anni mi sembra possa essere di due tipi. Innanzi tutto è necessaria una seria formazione di laici cristiani, non riservata all’età giovanile, ma permanente, anzi sempre rinnovantesi: solo cristiani di qualità, persone di qualità sono in grado di rendersi conto dei problemi reali che continuamente mutano o si aggravano e di cercare il bene comune a partire dagli ambiti vitali e popolari. In secondo luogo occorre alimentare grandi ideali, fondati sulla fraternità e sulla condivisione, non sulla ricerca della ricchezza, del progresso materiale, del benessere solo personale. In certo senso siamo come ai tempi di Martin Luther King: bisogna nutrire un sogno ed essere disposti anche a pagare di persona per realizzarlo. Ma da soli non si riesce, ecco perché grande importanza hanno le forme associative del laicato cattolico».
Professor Monticone, è stato per molti anni in Parlamento e da uomo di cultura si è battuto per riformare le istituzioni e lo Stato. Perché non si sono mai fatte e tuttora non vedono la luce le riforme?
«È vero sono stato in Parlamento per mezza legislatura alla Camera e per due al Senato, per un totale di dodici anni dal 1994 al 2006. Non ho inteso riformare lo Stato e le istituzioni, quanto piuttosto cercare di farle funzionare il più possibilmente a vantaggio di tutti, cominciando dalla cultura, dall’Università, dalla scuola, persuaso che poco sono utili i grandi piani di riforma, soprattutto quando pretendono di iniziare ex novo. Naturalmente sono anche necessarie precise e forti riforme, soprattutto oggi, ma non devono essere compiute in base a teorie, bensì a misura dei cittadini meno abbienti e meno tutelati. Le poche urgenti riforme dovrebbero valorizzare ciò che di buono e di utile è stato fatto, di apportare veri miglioramenti ed essere attuate da persone credibili per competenza e moralità. Non bisogna distruggere tutto né illudersi di essere i necessari riformatori».
La Pira ed Igino Giordani cosa farebbero oggi per sconfiggere l’antipolitica e recuperare la fiducia degli italiani?
«Igino Giordani e Giorgio La Pira furono imprevedibili per il loro tempo, lo sarebbero ancora di più oggi. Io penso che cristiani e politici come loro possano esserci in Italia e che, nonostante tutto, riserveranno delle sorprese e daranno speranza. Ma, proprio secondo il loro stile, potremmo come laici cristiani e come Chiesa pregare per questo nostro Paese e perché altri seguano in modi originali il loro esempio».