Toscana

Montecristo, due pesi e due misure?

DI MARCO LAPI

Forse non è più la stagione adatta per parlare dell’Arcipelago, anche se questo caldo inizio d’autunno fa ancora desiderare di tuffarci nel bel mare delle nostre isole. Ma quella di cui vogliamo parlare oggi, riprendendo una lettera inviataci da Raffaele Sandolo, ci sarebbe comunque preclusa, perché Montecristo, riserva naturale integrale, è visitabile solo da pochi eletti inseriti in lunghe liste d’attesa.

Raffaele Sandolo è davvero un’autorità per quanto riguarda l’isola resa famosa dal romanzo di Dumas padre. Per rendersene conto, basta cercare notizie su internet. Figlio di un pescatore ponzese trasferitosi a Marina di Campo negli anni precedenti il secondo conflitto mondiale, ha scritto pagine significative sulla vita di quei tempi e sull’epoca in cui Montecristo era riserva di caccia frequentata da Vittorio Emanuele III e dalla regina Elena e custodita da Francesco e Bastiana Tesei. Allora era normale, per i pescatori elbani, spingersi a pescare nelle acque comprese tra l’isola ora preclusa e l’Africhella, o Scoglio d’Africa. Oggi invece la situazione è ben diversa. «Le visite all’isola – scrive Sandolo – sono molto limitate e piuttosto mirate per aspetti naturalistici e storico-religiosi, ma sembra che talvolta vengano fatte delle eccezioni senza serie motivazioni». Viceversa, «i pescatori, soprattutto quelli elbani e specificatamente di Marina di Campo, hanno difficoltà a godere di un riparo protetto e sicuro nelle diverse situazioni operative». Tutto ciò in nome dello status di «riserva naturale integrale» assegnato a Montecristo da un decreto ministeriale del 1971, che però non impedisce alcune «anomalie»: «Grandi temporali – si legge infatti nella lettera – provocano delle frane che portano fango nei fondali e cambiano l’ecosistema in modo anche drammatico. Taluni pescatori pirati (disprezzati da altri pescatori onesti) vanno a pescare sottocosta costa calando reti e palamiti.Purtroppo controlli insufficienti dello Stato non riescono sovente a individuarli e fermarli». E ancora: «Ogni tanto si ha notizia, dai giornali, di presenze Vip, accettate senza giuste motivazioni, che “scorrazzano” per mare e per terra mentre sono allontanate barche da diporto che si avvicinano all’isola per ammirare le bellezze», mentre «i pescatori parlano spesso di barche da pesca a cui viene rifiutato il riparo in cale protette di fronte a cattivo tempo come pure non vengono permessi alle barche da pesca gli appoggi presso le coste dell’isola. A queste, non potendo ritornare all’Elba in attesa del ritiro delle reti, non è consentito il ridosso a Cala Maestra o a Cala Scirocco».

«Eppure – spiega ancora Raffaele Sandolo – esistono delle norme legislative che dicono: “Per i pescherecci che non possono tornare alla base di partenza in attesa del ritiro delle reti è consentito, a seconda dei venti dominanti, il ridosso a Cala Maestra o a Cala Scirocco, mentre solo nei casi di forza maggiore è consentito a tutti i mezzi nautici, l’approdo o il ridosso a Cala Maestra (o Cala Santa Maria) ed il ridosso a Cala Scirocco”». Per cui, prosegue il figlio del pescatore ponzese – che con il padre e i suoi compagni di pesca aveva più volte soggiornato a Montecristo nell’immediato dopoguerra – «si devono far finire tutte le anomalie e far rispettare le attuali norme che regolano l’ecosistema dell’isola, evitando di ostacolare, per i casi di effettivo bisogno o previsti dal legislatore, l’attività di pesca nei mari attorno a Montecristo e all’Africhella. E se mai si vogliano accettare determinate anomalie, è bene che si sia di fronte ad effettive necessità di sicurezza e di miglioramento operativo dei lavoratori del mare, senza alcun danneggiamento della natura a terra come pure in mare».

«Mi auguro – conclude la lettera di Raffaele Sandolo – che vengano presi i provvedimenti più appropriati affinché la gestione dell’isola avvenga nella più completa regolarità, legalità e correttezza evitando eventualmente quelle vessazioni contro il buon senso nelle situazioni di emergenza». Non possiamo che concordare, nella convinzione che non solo l’ambiente di Montecristo, ma anche i pescatori elbani facciano parte della «Toscana da salvare».