Vita Chiesa

Monsignor Nardi, l’Oami e la rete delle «case-famiglia»

di Pier Luigi GuiducciUniversità Cattolica del S. Cuore

Monsignor Enrico Nardi è nato alla vita eterna! E in Paradiso ha già costituito una nuova comunità dell’Oami. Questa è la «cronaca bianca» che vogliamo raccontarvi.

Il «Nardino» (come lo chiamava simpaticamente il giovanissimo novantenne don Erasmo Magnaneschi) era nato a San Clemente a Soriana, vicino Reggello (provincia di Firenze) il 28 luglio del 1916. Il padre era un boscaiolo. La madre ai lavori di casa aggiungeva qualche occupazione esterna (aiutava i contadini) perché in famiglia non si soffrisse troppo la fame. Enrico era il terzo di sei figli. Una convinta vocazione religiosa lo condurrà al seminario di Fiesole. Vi uscirà tre volte. La prima: perché la famiglia non riusciva a pagare la retta. La seconda: per motivi di salute. La terza (al traguardo ormai della tonsura): per aver favorito ingenuamente una corrispondenza epistolare tra un compagno di seminario e una interlocutrice esterna.

Verrà ordinato prete dall’allora vescovo di Fiesole Giovanni Giorgis il 29 giugno del 1941. Successivamente arriverà la nomina a vice-parroco a Figline Valdarno. Poi, sarà parroco a San Martino a Lubaco. E ancora parroco a Incisa Valdarno.

Tre realtà lo segneranno in modo indelebile. La prima sarà legata a una vita di carità concretizzata in una serie di iniziative a sostegno dei sofferenti, dei disabili e degli ultimi. Da qui l’appoggio a tutti i gruppi che si ponevano a tutela dei malati, ad esempio l’Unitalsi.

Una seconda situazione risale al 30 luglio del 1944. In questo periodo si erano intensificate le attività militari sulla Linea Gotica. I carabinieri della stazione di Fiesole appoggeranno la resistenza. In una imboscata alcuni di loro saranno catturati, torturati e fucilati. Risale al 30 luglio un fatto doloroso. Davanti alla chiesa di San Martino a Lubaco, che conduce al Bosco Nuovo di Masseto, passeranno 8 militari delle SS tedesche scortando il carabiniere Pandolfo. Questi sarà poi fucilato nella vicina boscaglia. Assisteranno al passaggio del gruppo il pievano don Enrico Nardi e l’agricoltore Attilio Ciani. Un terzo fatto di cronaca è legato a un pellegrinaggio a Lourdes. Su un treno dell’Unitalsi una giovane donna ha in mente di suicidarsi perché segnata da molte prove. Si avvicina alla sportello del vagone con l’intenzione di gettarsi nel vuoto. Sarà il cappellano dell’Unitalsi don Nardi a fermarla.

Dall’esigenza di opporre la pace a tutte le forme di violenza nascerà nel pensiero di don Nardi, nel 1961, l’Opera Assistenza Malati Impediti (Oami). Basta con le macro-istituzioni. Basta con il custodialismo. Basta con la fabbrica di cronicità. Basta con la negazione dei volti e dei vissuti. Occorre non perdere tempo (è recente il fatto del tentato suicidio avvenuto sul treno Unitalsi). Occorrono case! Case-famiglia. Don Nardi comincia a tessere una rete di solidarietà. Servono soldi, personale, autorizzazioni, strutture adatte. È necessario avere il permesso della propria diocesi per potersi trasferire in un appartamento di Firenze, con la madre e con uno dei fratelli.

Nel 1964, a Pian di Scó ( provincia di Arezzo) viene inaugurata Casa Serena. Nel 1965 nasce formalmente l’Oami (che nel 1968 diverrà ente morale, oggi anche onlus). Don Nardi diventa il seminatore. E come ogni contadino dovrà affrontare terreni fertili, e campi aridi. Non tutti capiscono subito la validità dell’opera. Si insinuano interrogativi non sempre cortesi. Dove li trova i soldi don Nardi? Come farà ad andare avanti, dopo i primi benefattori? Perché non continua a fare il parroco nella sua diocesi, carente di preti? E il personale adatto, dove lo individuerà?

Sono salite da affrontare. Ma arriveranno anche risposte e autorevoli interventi a favore. Don Nardi troverà anime generose che si metteranno accanto a lui (Annamaria Maggi e tante altre persone), troverà altri benefattori, aprirà nuove case-famiglia (primo in Italia), e soprattutto risponderà con la propria vita all’osservazione più di tipo ecclesiale: quando si dilata la vita di carità nelle Chiese locali, si amplia l’ossigeno della fraternità in tutte le diocesi, e quindi si influisce anche sulla vita delle parrocchie e sul lavoro dei parroci. D’altra parte – ed è giusto dirlo – egli non verrà mai meno all’impegno parrocchiale in una chiesa a lui affidata. Il 23 marzo del 1976 il Papa Paolo VI riceverà in udienza l’Oami e rivolgerà parole di sostegno al fondatore e ai suoi figli spirituali. In tempi successivi arriverà anche l’appoggio di Giovanni Paolo II. Il cardinale Fiorenzo Angelini, «ministro della sanità» della Santa Sede incoraggerà don Nardi, e – anni dopo – in una intervista ricorderà la figura del fondatore, quella della sua mamma, e l’opera ancora agli inizi. Nel 1998 la Cei approva lo statuto dell’Oami che diventa associazione privata di fedeli a carattere nazionale.Ai riconoscimenti, ai premi, alle fondazioni in tutta Italia di nuove opere (e non solo case-famiglia), si affiancheranno le ore del buio, delle ombre, e della fede nuda. Da una parte le lettere di tante famiglie che premono sul fondatore per assicurare ai loro figli e figlie disabili una protezione, dall’altra gli oneri quotidiani con la loro fredda logica economica. Mentre don Nardi accoglierà nella sua casa anche un fratello segnato da una sofferenza mentale, emergerà la possibilità di sostenere in Brasile una nuova fondazione per soggetti con handicap e malati. Il collegamento-chiave sarà con il prete della diocesi di Fiesole don Sergio Jelmetti. Questi, con il permesso del vescovo, aveva raggiunto in missione altri due preti della stessa diocesi.

L’ultimo periodo del fondatore sarà segnato da una sofferenza fisica che lo condizionerà in modo progressivo. Con il corpo divenuto sempre più asciutto, con un tremore mal controllato, e con una latente difficoltà nella verbalizzazione, don Enrico Nardi resterà padre fino all’ultimo. Prima, utilizzando ancora la parola (ricordo ancora l’ultima nostra conversazione al telefono). Poi, con lo sguardo. Osservando soprattutto «l’Annamaria» (Maggi). E dicendole con quello sguardo tante cose.

Ora, in Paradiso, don Nardi è già al lavoro. Ha ritrovato tutti i primi benefattori, alcuni suoi compagni di seminario, ha potuto conoscere anche i miei genitori. E – certamente – sta impartendo direttive per definire meglio la sezione dell’Oami. Come? Ma è ovvio, in puro dialetto toscano!

LE CASE OAMI IN TOSCANA

Pian di Scò (Arezzo): case famiglia, centro sportivo, centro estivo, dentro di lavoro, centro studi, centro per anziani)San Giovanni Valdarno (Arezzo): casa famigliaFirenze: sede centrale, case famiglia, laboratorio-negozio, scuolaLivorno: case famiglia, centro socio-educativo, ambulatorio odontoiatricoFiumetto (Lucca): casa famigliaCalcinaia (Pisa): casa famigliaMontecatini (Pistoia): casa famigliaQuarrata (Pistoia): case famiglie e centro «Maria Assunta»Prato: case famiglia, laboratorio Itaca e centro «Bandera»