Vita Chiesa
MONS. SIMONI AGLI IMMIGRATI: LA CHIESA E’ CON VOI
«C’è che vi considera soprattutto un problema e un peso e chi, al contrario, una risorsa perfino indispensabile per la nostra società… io vedo in voi delle persone umane come me, che in più portano impressa sul volto la dignità del povero e che, in ogni modo, sono un segno eloquente e doloroso degli squilibri, della miseria e dell’ingiustizia che gravano sulla maggior parte dell’umanità». Sono parole del vescovo di Prato, mons. Gastone Simoni, che alla fine di luglio, in partenza per una visita alla missione diocesana in Ecuador «uno dei paesi dell’immenso Terzo mondo popolato di poveri e di oppressi» ha indirizzato una sorta di «lettera aperta» agli immigrati.
In un momento in cui forti sono le polemiche sulla nuova legge sull’immigrazione mons. Gastoni ha voluto lanciare un segnale preciso: «La Chiesa pratese vi conosce, vi sta vicino», ha scritto. «Le leggi possono cambiare. Non verrà meno invece, siatene certi, la nostra solidarietà cristiana». «Naturalmente prosegue mons. Simoni riconosciamo allo Stato e ai poteri locali il diritto-dovere di legiferare e di amministrare per fini di bene comune e di regolare, perciò, anche un fenomeno così grande e complesso come l’immigrazione; ma, da cittadini responsabili e liberi, non verremo meno al diritto-dovere sia di aiutare i più bisognosi, sia di collaborare a loro favore con le Istituzioni, sia di valutare e contribuire a migliorare o a cambiare anche le leggi e le disposizioni amministrative sugli immigrati, alla luce della giustizia, della solidarietà e del rispetto assoluto della dignità di ogni persona. Mai, in ogni modo, potremo considerarvi e trattarvi soltanto e principalmente come una forza-lavoro che fa comodo alle nostre aziende e famiglie, o gente da bollare come probabili furfanti».
«Al tempo stesso prosegue il vescovo di Prato non verremo meno al compito di aiutarvi a vivere nella legalità, a integrarvi il più possibile tra noi e a rispettare la vita, la cultura e gli ordinamenti della nostra società insieme alla fede cristiana qui radicata da secoli e secoli». Per questo bisogna «essere estremamente chiari» su alcune cose: nessuna comprensione o tolleranza «per coloro che vanno a rubare», ma anche per quanti «vogliono costruire la propria fortuna sfruttando il bisogno e il lavoro altrui e soprattutto il lavoro minorile. Non si possono far soldi sottoponendo il prossimo a condizioni lavorative, abitative e igieniche incivili. È grave che certi italiani si approfittino di voi, ma è ancora più grave che degli immigrati tiranneggino altri immigrati. E questo accade. Né si può tollerare chi dà vita o partecipa all’immonda ed iniqua organizzazione schiavistica che induce tante ragazze a prostituirsi, anche se purtroppo essa è favorita da gente di casa nostra disposta a pagare il corpo di una donna sfruttata».