Non possiamo accettare la mafia, quella tradizionale, quella violenta, quella dei boss e dei criminali, ma come possiamo restare impassibili o peggio lasciarci coinvolgere dall’altrettanto terribile cultura mafiosa?. E’ il commento di mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, che ribadisce il no netto e fermo alla mafia ed esprime seria preoccupazione per un modo di fare sempre più diffuso che ricalca i passi e ripete gli atteggiamenti dei malavitosi e dei capimafia. Ci si riferisce, spiega il presule, al continuare a chiedere il favore al politico di turno o a chiunque rivesta un ruolo di potere, alla voglia di predominare continua che emerge quotidianamente, al supermercato, in strada, negli uffici e certe volte anche nelle chiese e nelle sacrestie. Un modo di fare mafia e di essere mafia che interroga il nostro essere cristiani perché il Vangelo o lo si vive o non lo si vive e non ci sono vie di mezzo, e non bastano le formalità e i riti. Per mons. Montenegro, è umano aver paura di fronte alla crisi che ci attanaglia, ai bisogni, alle difficoltà che viviamo in questa era ma non ci è stato forse detto da Gesù di essere come agnelli in mezzo ai lupi?. Infatti, aggiunge il vescovo, essere cristiani comporta rischi oggi, come li comportava al tempo dei martiri e non accettarli significa non accettare pienamente Cristo. Per la Chiesa di Sicilia, lottare contro la mafia non è, dunque, solo un lottare contro i boss e le cosche, o condannare la mafia dei cosiddetti colletti bianchi, ma imparare a riconoscere la moderna e silenziosa mafia di tutti i giorni e soprattutto di combatterla. Un cambiamento, sottolinea mons. Montenegro, che si può raggiungere iniziando a rifiutare piccoli atteggiamenti, a non avanzare richieste di favori e cedere ai compromessi. Le parole dell’arcivescovo di Agrigento seguono una discussione nata in seguito ad alcune dichiarazioni nel dettaglio invocazioni a Dio e richieste di benedizioni – della madre del boss Gerlandino Messina, arrestato nell’Agrigentino dopo 11 anni di latitanza. Rimango stupito e turbato di fronte al continuo collegamento che la mafia cerca di imporre tra se stessa e la religione commenta mons. Montenegro -, è ora di rompere questo legame, o meglio di evidenziare che non c’è mai stato, assolutamente, né potrà mai esserci. Da parte nostra, conclude il vescovo, è bene passare dalla lotta fatta di parole a quella delle azioni concrete, pronti al sacrificio, anche ultimo, che Cristo ci chiede e che anche Benedetto XVI in visita a Palermo, ci ha ricordato far parte della scelta di essere figli e seguaci del Signore Gesù.Sir