Vita Chiesa
Mons. Giovannetti vescovo da quarant’anni. Bassetti: «Grazie»
La celebrazione si è svolta nella cattedrale fiesolana di San Romolo sabato 7 aprile. Un cielo azzurro e il primo calore della primavera ha salutato la processione che si è snodata dal Seminario vescovile fino alla cattedrale. Presenti il cardinale Bassetti, il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana, molti vescovi delle diocesi toscane e originari della diocesi fiesolana, gli abati vallombrosani. E poi tanti sacerdoti, religiosi e laici che, come sottolineato nel saluto iniziale rivolto dal vescovo di Fiesole Mario Meini a mons. Giovannetti, sono «memoria viva del tratto di strada condiviso con lei, sotto la sua guida premurosa e attenta».
«Molti concelebranti – ha aggiunto Meini – hanno ricevuto il sacro ministero per l’imposizione delle sue mani, tutti hanno collaborato con lei nella quotidiana fatica per il Vangelo. Molti fedeli qui presenti hanno ricevuto da lei il sigillo dello Spirito Santo. Tutti hanno un debito di gratitudine per la sua predicazione e la sua cura pastorale».
Il vescovo Giovannetti fu ordinato vescovo ad Arezzo l’8 aprile del 1978. «Ripenso con commozione al giorno della mia ordinazione episcopale avvenuta 40 anni fa. Apro il mio cuore alla lode e al ringraziamento al Signore con la confessione dei miei limiti e dei miei peccati» ha detto iniziando l’omelia. «Celebrando questo anniversario – ha poi sottolineato – penso alla comunione e alla fraternità tra le nostre Chiese della Toscana, penso alla comunione nella diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro che mi ha dato i natali, la grazia del sacerdozio e dell’ordinazione episcopale, penso a questa amata diocesi di Fiesole nella quale per quasi trent’anni ho svolto il mio ministero».
Commentando il passo del Vangelo dedicato ai discepoli di Emmaus mons. Giovannetti ha evidenziato che i due, lungo il cammino, «parlavano, discutevano ma la loro caratteristica era la tristezza». «Erano tristi perché spezzavano il mistero pasquale, non lo prendevano nella loro interezza. Il nostro peccato più grosso è la tristezza e la tristezza viene se spezziamo il mistero pasquale nel quale c’è Cristo crocifisso, sepolto e risorto. Non possiamo essere persone che si fermano al Venerdì santo, o al Sabato santo. Ma non possiamo vivere il mistero della risurrezione senza il passaggio dal Venerdì e dal Sabato santo. Cristo glorioso si presenta con le piaghe della passione e della sua morte». Per questo non «possiamo stare nella tristezza ma dobbiamo aprire il nostro cuore alla gioia e alla letizia» e «dobbiamo nutrirci costantemente della Parola di Dio» per «andare al cuore delle persone».
«Resta con noi Signore perché si fa sera e il giorno volge al tramonto», dicono i discepoli a Gesù. «La notte è un mistero grosso – sottolinea Giovannetti –. La notte di Natale, di Pasqua. La notte del nostro cuore, della storia dell’umanità. Noi non possiamo chiudere gli occhi dinanzi a tanti drammi del nostro tempo. E sappiamo che la notte, anche quella più profonda, può essere squarciata dalla luce di Cristo risorto. Assumiamoci il dramma della notte di tutta l’umanità, di quella che ci è geograficamente vicina e di quella che ci è lontana». Come i discepoli di Emmaus riconobbero Gesù nello spezzare il pane «ciascuno di noi è il corpo di Cristo offerto per la salvezza dell’umanità: vescovi, sacerdoti, diaconi, fedeli, religiosi, religiose» e «dobbiamo vederlo nel corpo dei malati, dei sofferenti, di coloro che soffro nel corpo e nello spirito: devono dilatarsi gli spazi del nostro amore e della nostra carità a tutte le sofferenze dell’umanità». Infine un pensiero alla domenica «festa primordiale dei cristiani» che deve essere difesa. «Se cade il senso della domenica, cade il senso della fede e della eredità cristiana. Con pazienza e costanza – ha concluso il vescovo Giovannetti – dobbiamo inculcare il senso della domenica, del giorno del Signore, attraverso la nostra creatività, attraverso il confessionale».
Al termine della celebrazione il saluto del card. Betori che ha espresso «viva gratitudine» a mons. Luciano Giovannetti «per la sua presenza nella Conferenza episcopale toscana e per l’impegno con il quale si è speso in tutti questi anni per le Chiese della regione». «Gli siamo particolarmente grati – ha aggiunto – per i 23 anni nei quali ha ricoperto l’ufficio di segretario della Conferenza episcopale toscana. Anni cruciali per la vita ecclesiale e sociale della regione». Un ringraziamento anche «per il suo impegno a favore della Terra Santa con la costituzione della Fondazione Giovanni Paolo II con l’obiettivo di promuovere il dialogo, la cooperazione e lo sviluppo con i paesi del Medio Oriente con una specifica attenzione alla Terra Santa». «Un impegno – ha concluso Betori – che mons. Giovannetti continua a portare avanti e che aiuta tutte le Chiese toscane a tenere vivo l’amore per la terra di Gesù e per la presenza dei suoi discepoli nei luoghi che sono testimoni della sua esistenza terrena».
Da parte del card. Gualtiero Bassetti, oltre che il ringraziamento a nome della Cei, anche un suo ricordo personale. «Ci siamo conosciuti – ha detto il presidente della Cei – quando lui era rettore del Seminario di Arezzo e io del seminario minore di Firenze. Non erano tempi facili. C’erano cori di profeti di sventure che vedevano la fine dei nostri seminari. Noi abbiamo sempre avuto una visione realista ma fondamentalmente ottimistica nei confronti dei seminari. Non ci siamo mai associati a questi cori. Abbiamo sempre creduto che ci volesse la qualità ma anche la quantità perché è necessario avere un numero sufficiente di ministri della Chiesa per il servizio alla Chiesa. Questa era la nostra visione dei seminari – ha concluso Bassetti – che ha fondato in quei tempi anche la nostra amicizia».