Sulla vicenda di Eluana Englaro, il discorso più eloquente è stato e rimane, da parte della Chiesa, il servizio silenzioso delle suore di Lecco, che fino a ieri hanno accudito Eluana. Lo ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, rispondendo alle domande dei giornalisti, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Comunicato finale del Consiglio episcopale permanente. In primo luogo, mons. Crociata ha ribadito a nome della Chiesa italiana l’adesione incondizionata a quanto con tanta puntualità il Papa continua a proclamare e a insegnare, anche in questa materia così delicata. Detto questo ha proseguito non possiamo fare a meno di cogliere una contraddizione enorme, inconcepibile: da un lato, si toglie cibo e acqua, dall’altro lato, si ricorre a sedativi e medicinali per far sopportare l’effetto immediato, oltre che quello definitivo di provocare la morte, di essere privata del sostegno vitale. Togliere cibo e acqua e dover ricorrere a terapie è una cosa a rigor di logica inconcepibile, ha denunciato Crociata, che ha voluto comunque ribadire l’assoluta vicinanza, la comprensione alla famiglia e alla ragazza stessa, attraverso un atteggiamento di compassione rispettosa. Quando ci avviciniamo al mistero del dolore e della morte ha affermato il segretario generale della Cei bisogna tacere, e per chi crede pregare. Rivolgendosi ai giornalisti, mons. Crociata ha voluto rivelare una coincidenza che mi impressiona, e che è relativa al Vangelo di oggi, in cui l’evangelista Marco narra la resurrezione della figlia di Giairo; Una ragazza di 12 anni ha ricordato il segretario generale della Cei, durante la conferenza stampa di presentazione del Comunicato finale del Consiglio episcopale permanente creduta morta, tanto che per lei si preparano funerali. Gesù è invitato ad intervenire, e dice: Non è morta, ma dorme’. E poi aggiunge: Talitàkum, io dico a te, bambina, alzati’. Colpisce che in questo giorno la Chiesa, liturgicamente, dice, insieme con Gesù. Datele da mangiare’, ha fatto notare mons. Crociata riferendosi al caso Englaro. La civiltà di una società si vede dalla sua capacità di avere cura delle persone più deboli, maggiormente in difficoltà, che non hanno le forze, l’energia, le risorse per andare avanti da soli, all’inizio, alla fine e durante la vita. È quanto ha affermato mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, rispondendo alle domande dei giornalisti sul caso Englaro. Mons. Crociata si è soffermato sull’atteggiamento di pietà: Alcuni ha obiettato vorrebbero far passare l’atto di togliere il sondino come un atto di pietà: ma non può essere un atto di pietà un gesto che provoca le sofferenze, che comporta la privazione di cibo e di acqua. La vera pietà ha aggiunto è quella testimoniata dalle suore che hanno accudito Eluana. La vera pietà, dunque, è accompagnare la sofferenza. La capacità di integrare la sofferenza e la morte nella nostra vita, nella nostra cultura: questo è il vero problema, e quindi la capacità di accompagnare la sofferenza. Chi sta male ha affermato Crociata chiede soltanto aiuto, sostegno, chiede di essere accompagnato. In gioco, quindi, è la capacità della nostra società di rendere possibile accompagnare chi è nella sofferenza, in difficoltà, ad arrivare al termine naturale della propria esistenza, senza accanimento né abbandono terapeutico, in un’alleanza non solo tra medico e paziente, ma di tuta la società.Sir