Opinioni & Commenti
Moderazione e rispetto tornino ad essere il denominatore della politica
di Giovanni Pallanti
Nelle democrazie occidentali i giornali sono invisi al potere perché troppo curiosi delle vicende dei leaders politici o troppo critici contro i governi: il presidente Obama negli Usa ha escluso dalle sue conferenze stampa la televisione Fox News, in Spagna il primo ministro Zapatero accusa El Pais di criticarlo incessantemente, in Francia il presidente Sarkozy fece licenziare il direttore di un giornale reo d’avere messo in prima pagina le foto della sua ex moglie Cècilia con l’allora amante in viaggio d’amore a New York. Chiaramente i politici di alto rango sono insofferenti alle critiche. In tutto il mondo.
In Italia c’è un campione dell’insofferenza alle critiche dei giornali: il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che, in virtù del 36% dei voti ottenuti nelle ultime elezioni politiche pensa di poter fare quasi tutto quello che vuole. Eppure il 36% è solo la più grande minoranza politica esistente in Italia. Le altre forze politiche sono minoranze ancor più piccole. Questo vuol dire che Berlusconi governa con il sostegno di un terzo dei voti espressi dagli italiani. Il presidente del Consiglio dovrebbe ricordarselo così come dovrebbe sapere che in una vera democrazia il potere non è solo quello esecutivo, ma anche quello legislativo e quello giudiziario. Purtroppo quel mezzo golpe che fu tangentopoli (il 95% degli accusati di corruzione è stato assolto dai Tribunali della Repubblica) ha lasciato quintali di veleno mortale nelle vene istituzionali dello Stato italiano. Ci sono magistrati che esercitano l’azione penale al solo scopo di contrastare le forze politiche e i governi che, in quel momento, sono ritenuti nemici di questa o quella parte della magistratura italiana nel tentativo di sovvertire per via giudiziaria i risultati elettorali. Una situazione insostenibile. Per questo ci vuole una vera riforma della giustizia che faccia sì che la magistratura giudicante sia veramente «terza», tra l’accusa e la difesa. Poi ci vuole il ripristino di una vera democrazia: il Parlamento non può essere più nominato dalle segreterie dei partiti, ma i deputati e i senatori devono essere scelti dai cittadini elettori.
Il Lodo Alfano, che garantiva l’impunità pro tempore al Presidente della Repubblica, del Consiglio dei Ministri, e dei Presidenti dei due rami del Parlamento, è stato bocciato dalla Corte Costituzionale perché sancito con legge ordinaria e non costituzionale e per rispetto dell’articolo 3 della Costituzione che dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.
Questa sentenza, invece che alimentare assurde polemiche tra i vertici della nostra Repubblica, dovrebbe insegnare a tutti che la moderazione nei comportamenti degli uomini politici e il rispetto per le istituzioni democratiche dovrebbero tornare ad essere il minimo comun denominatore di tutti quelli che sono al servizio della polis. Chi sfugge a questa incombenza vuole solamente usare il potere di cui dispone per fare i propri interessi. Nell’immediato futuro la stampa e le televisioni dovrebbero continuare a svolgere il loro potere di critica nei confronti dei governanti in Italia e in ogni altro paese democratico.
Fino alle prossime elezioni politiche la situazione rimarrà grosso modo quella di oggi. Tocca ai cittadini, alla stampa, alle associazioni e a quel che rimane dei partiti democratici, battersi senza timidezze perché, in Italia, la democrazia non venga consumata da alcuni potenti che lavorano per salvare solo la propria fortuna.