Opinioni & Commenti

Modelli e valori etici per una politica allo sbando

di Leonardo Bianchi

Nelle vicende politiche di queste settimane è tornato con forza al centro del dibattito il tema fondamentale dell’etica nella vita pubblica. L’augurio, in questo 2009 che si va aprendo, è che questo punto riassuma una sua centralità anche e soprattutto nella riflessione, nell’educazione e formazione e nella testimonianza di noi tutti.

Nella temperie storico-politica attuale, i problemi dell’etica pubblica riguardano certamente i contenuti delle scelte politiche, ma non meno lo stile e le regole che ne presidiano l’elaborazione ed il compimento, e che dovrebbe ritenersi impegnata a seguire la classe dirigente politica, in primo luogo quella locale, chiamata ad operare in quelle istituzioni che sono il primo e più diretto riferimento del cittadino. Si può sostenere che, accanto alle implicazioni etiche dei contenuti delle scelte politiche, si avverta in misura ormai pervasiva l’esigenza di misurarsi anche con la ricognizione, l’enunciazione e la testimonianza di quelle regole etiche che debbono caratterizzare l’azione politica.

Oltretutto, qui in Toscana e in particolare a Firenze, si avverte una responsabilità ulteriore in proposito, se il pensiero va a chi, Giorgio La Pira, fu scelto come testimone di Speranza per l’intera regione in occasione del Convegno ecclesiale nazionale di Verona: questo esige da noi, e con quale forza!, che poniamo mente e braccio ad alimentare e percorrere la costruzione di una politica che non sia allo sbando, ma risponda, invece, ad alcuni modelli e valori etici che, da un lato, si pongano come condizioni pregiudiziali dell’azione politica, e ne sostengano ed informino, senza pretendere ovviamente di esaurirla, la progettazione e realizzazione del bene comune di una comunità – che è faccenda più complessa –; mentre dall’altro lato, non si esauriscano nella sfera della mera liceità penale, prevenendo la possibilità che le norme giuridiche possano essere, prima ancora che violate, piegate ad interessi talvolta anche «molto» particolari. Questo approccio varrebbe anche ad affrontare quella sorta di relativismo etico e culturale dominante nella vita pubblica («ciò che importa non è quello che dici, ma il fatto che lo dici perché stai dall’altra parte», oppure «dalla mia parte»), anche se talvolta finisce per assumere i contorni di una facciata che copre altro, e che, in definitiva, toglie valore a moltissimi di quei contenuti e progetti, in una sorta di reciproco annientamento dialettico, che evoca lontanamente la scena de «Le nuvole» di Aristofane, dove si affrontano il Discorso giusto e quello ingiusto. Si avverte, dunque, come necessaria ed urgente innanzitutto la ricostruzione di un tessuto connettivo civile che costituisca il terreno in cui si misura la fisiologica e salutare dialettica politica: l’etica pubblica rappresenta un capitolo preliminare in questo senso per la riedificazione di una Città davvero a misura d’Uomo. Sentiamoci chiamati ciascuno e tutti quanti noi cittadini a fare la propria parte, esercitando il nostro ruolo di soggetti della partecipazione, e chiediamoci davvero cosa possiamo fare prima di tutto noi per le nostre Città.