Italia
Moby Prince: Ass. Familiari vittime, chi sa parli. Non si può avere paura della verità
“Non pensavamo che il nostro Calvario sarebbe stato così lungo ma continuiamo la nostra battaglia per avere verità e giustizia sulla strage della Moby Prince; e lo facciamo anche nel nome di Loris Rispoli che non può essere con noi e di Angelo Chessa mancato quasi un anno fa”. Lo ha detto Nicola Rosetti presidente della Associazione dei familiari delle vittime del Moby Prince “140” nella sala del consiglio comunale del Palazzo civico di Livorno durante le celebrazioni per il 32° anniversario della strage avvenuta il 10 Aprile 1991 davanti al porto di Livorno.
“Le istituzioni sono con noi – ha proseguito Rosetti – e lo dimostra il lavoro di due commissioni parlamentari di inchiesta che hanno portato importanti novità. L’ultima commissione ha dovuto interrompere il proprio lavoro a causa della chiusura anticipata della legislatura lasciando aperte alcune piste di indagine che ci auguriamo possano essere riprese da una prossima commissione. In questi anni figure importanti coinvolte in questa vicenda non hanno parlato; faccio appello perché chi sa parli. Sia Vincenzo Onorato che la Snam/Eni facciano vedere le carte che possono chiarire quanto accaduto. Se non avremo giustizia vogliamo avere almeno la verità storica. Perché 140 persone sono state lasciate morire sulla Moby Prince? E perché i soccorsi hanno riguardato solo la petroliera Agip Abruzzo? Un Paese democratico non può avere paura di fare giustizia e verità. Mi appello ai politici e ai governanti perché prima di dare aiuti alla compagnia marittima Moby di Onorato gli chiedano di fare luce su quanto accaduto la sera del 10 Aprile 1991”.
“Non è più il tempo delle parole ma dei fatti. Oggi tutti noi familiari vogliamo che si guardi avanti, non per noi ma per tutti gli italiani perché nessuno si dovrebbe trovare mai a dover combattere in una situazione come la nostra nella quale il malaffare occulta la verità e allontana la giustizia”. Lo ha detto Luchino Chessa presidente della associazione “10 Aprile” durante la commemorazione nella sala del consiglio comunale di Livorno.
“Questo nostro modo di essere cittadinanza attiva – ha proseguito Chessa – in questi ultimi anni ha permesso di raggiungere squarci di verità. Molte delle cose che ci sono state dette erano false; ci sono voluti oltre 30 anni per disvelare carte e documenti che, se emersi nell’immediatezza del 10 aprile 1991, avrebbero cambiato la narrazione di questa storia negli anni ed avrebbero avuto effetti dirompenti sull’opinione pubblica e sui processi che si stavano istruendo. Arrivati a questo punto a noi familiari e cittadini interessa la verità che oggi, dopo 32 anni, sappiamo essere ancora chiusa in una serie di armadi della vergogna che è tempo vengano aperti. Ci sono voluti 27 anni per avere l’accordo assicurativo che, appena due mesi dopo la collisione, ha regolato i conti tra le parti coinvolte, Snam/Eni e Navarma; accordo definito dalla commissione di inchiesta della Camera ‘un accordo di non belligeranza’. Non è una vicenda privata per noi familiari. Dopo 32 anni, grazie all’impegno della società civile e delle istituzioni, siamo ad un passo dal chiarire aspetti fondamentali della vicenda rimasti fin qui opachi e nebulosi. Ci sono due inchieste aperte per strage presso le Procure di Firenze e di Livorno di cui non sappiamo nulla ma confidiamo possano riuscire a trovare la verità. Ci rivolgiamo ai nostri parlamentari affinché possano seriamente analizzare quanto già fatto e decidere quanto sia opportuno e doveroso per colmare lo spazio che manca per conoscere la verità”.