Fiesole

Missioni: la Veglia a Rignano. Don Albizzi: i nostri missionari in tutto il mondo

DI SIMONE PITOSSILe presenze missionarie della diocesi sono tante. Ma la sensibilità delle comunità andrebbe risvegliata. Parola di don Luca Albizzi, presidente della commissione diocesana per le missioni. Un’occasione potrebbe essere anche la Veglia missionaria – presieduta dal vescovo Luciano Giovannetti – che quest’anno si terrà a Rignano sull’Arno con una formula rinnovata. Infatti, sabato 18 ottobre – vigilia della Giornata missionaria mondiale che ha per tema «Guai a me se non predicassi il Vangelo» – la veglia sarà preceduta da un incontro, alle 18.30, con uno scambio di esperienze sulle realtà missionarie della diocesi fiesolana, la proiezione di un dvd della fondazione «Missio» e a seguire una cena-buffet. Alle 21.15 inizierà la Veglia.Don Albizzi, quante sono le realtà missionarie della diocesi e in quanti paesi sono diffuse?«Le realtà missionarie della nostra diocesi sono molte e diffuse in quasi tutti i continenti (Oceania esclusa!). Ci sono tre nostri sacerdoti fidei-donum nel nord-est del Brasile: don Sergio Ielmetti, don Franco Manetti e don Gabriele Marchesi. Ci sono poi sacerdoti dell’operazione Mato Grosso che prestano il loro servizio nella parrocchia dell’Albereta; diversi religiosi legati alle loro congregazioni. Inoltre alcune associazioni diocesane sostengono i paesi in via di sviluppo. Tra queste ce se sono quattro in particolare: “La Formica” di Rignano sull’Arno collegata a Mons. Francesco Focardi, vescovo ausiliario della diocesi di El Beni in Bolivia, attraverso un’opera di raccolta di materiali vari (arredamento, ecc.), ha di recente inaugurato una nuova sede e un nuovo magazzino e conta molti volontari; le “Missioni Agostiniane” di S. Giovanni Valdarno, legate alle suore Agostiniane, seguono progetti in Mozambico e India; il gruppo “Amici del Laos” che grazie alla missionaria laica Luciana Bastiani di Lucolena, ogni anno promuove progetti di solidarietà in quel paese dell’Estremo Oriente; il “Campo di Lavoro per il S. Natale” di Caiano/Londa diretto da Don Carlo Donati, che da più di trenta anni opera in Burkina Faso con tre livelli di progetti (adozioni a distanza, pozzi e orti, carozzine per i disabili)».A proposito di quest’ultimo gruppo: stanno per partire i volontari per il Burkina?«Sì. E tra l’altro c’è anche una bella novità: uno dei giovani volontari del “Campo di Lavoro per il S. Natale”, Giacomo Maggi di Londa, il 13 ottobre inizierà un’esperienza proprio in Burkina Faso, risiedendo lì stabilmente per qualche anno e diventando un tramite per » l’associazione di don Carlo Donati soprattutto per i progetti dei pozzi e degli orti. Partirà con il primo gruppo di volontari, circa 40 in tutto, da ottobre a gennaio».C’è poi anche grande interesse per la Terra Santa…«Sì. In diocesi esiste il filone Terra Santa che è legato alla nostra commissione ma che è strutturato in autonomia».In questo momento ci sono punti “caldi” dove la religione cattolica è a rischio. I recenti fatti tragici in India ne sono un esempio. Le esperienze missionarie diocesane presenti in questi luoghi come vivono questo momento?«Grazie a Dio, nelle realtà missionarie legate a noi, solo la Bolivia, dove in questo momento la situazione è tragica, desta grande preoccupazione!».In diocesi c’è sensibilità per le nostre missioni?«La sensibilità missionaria della nostra diocesi è più nella dimensione concreta (offerte, raccolte materiali, ecc.) che a livello pastorale: più si è rivolti al mondo, più il nostro stile diventa missionario anche nella vita ordinaria delle nostre comunità cristiane spesso un pò “dormienti” e poco profetiche. È più facile per noi dare che essere!»Che tipo di lavoro viene fatto per avvicinare le persone all’opera missionaria?«Durante questo anno pastorale 2008/09, dedicato all’apostolo Paolo, l’Ufficio missionario diocesano ha deciso di non promuovere un corso specifico: la settimana teologica e il corso di Loppiano (nel gennaio 2009) sono due esperienze da sostenere come momenti di formazione: ultimamente i nostri corsi erano poco frequentati e si rischiava così una grande dispersione».

QUI L’INTERVISTA A DON SERGIO JELMETTI DA 40 ANNI IN BRASILE