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MIGRAZIONI: RAPPORTO MIGRANTES 2007, 3 MILIONI E MEZZO GLI ITALIANI RESIDENTI ALL’ESTERO

Il fatto di essere diventati un grande Paese di immigrazione non ci deve far dimenticare che siamo stati e restiamo un grande Paese di emigrazione. È quanto emerge dal “Rapporto italiani nel mondo 2007” della Fondazione Cei Migrantes, presentato a Roma oggi, festa di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. Secondo il Rapporto, i cittadini italiani residenti all’estero ad aprile 2007 sono 3.568.532: quasi mezzo milione in più rispetto ai dati dell’anno scorso. Questo forte incremento – informa la redazione che ha curato il Rapporto – è dovuto quasi per intero a un perfezionamento dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), che ha inserito, in collaborazione con i Consolati, molte posizioni di connazionali prima sotto verifica. Degli oltre 3,5 milioni di italiani all’estero il 18% è costituito da minori e un altro 18% da ultrasessantacinquenni. L’emigrazione italiana è in prevalenza euro-americana: più della metà in Europa (2.043.998 cittadini italiani, 57,3%) e più di un terzo in America (1.330.148, 34,3%). Non si possono, però, trascurare le collettività insediate negli altri continenti, non solo l’Oceania (119.483), rimasta a lungo un importante sbocco dei nostri flussi, ma anche l’Asia (26.670) e l’Africa (48.223).

In Francia i cittadini italiani sono 350.000. “In questo Paese – si legge nel Rapporto – le presenze diventano molto più numerose se si tiene conto anche dei naturalizzati (nonché degli oriundi), riflessione che vale anche per diversi altri contesti, dall’America all’Australia”. Per quanto riguarda la provenienza dei nostri emigrati all’estero più della metà è di origine meridionale, ma anche le Regioni del Nord (29,8%) e del Centro (14,5%) non possono non considerarsi coinvolte nel fenomeno. Basta pensare che tra il 1876 e il 1915 partirono dal Veneto e dal Friuli 3.230.000 persone, il 23% degli emigranti italiani dell’epoca. Attualmente, la Regione con più presenze è la Sicilia con 600mila corregionali seguita dalla Campania con quasi 400mila. Calabria, Puglia e Lazio sono a quota 300mila; Lombardia e Veneto a 250mila. In alcuni Comuni la popolazione emigrata supera quella rimasta nel Comune d’origine. Ne sono esempio in Sicilia il Comune di Villarosa, nel Molise Filignano e in Abruzzo Roccamonica: quest’ultimo con 1.574 residenti all’estero e solo 1.012 residenti nel Comune di Roccamonica.

Occorre “superare l’atteggiamento di superficialità e di pressappochismo riscontrabile in Italia, per cui l’emigrazione sarebbe una realtà del passato con scarsa possibilità di incidere sulla vita italiana di oggi, quando invece, proprio nell’attuale contesto di globalizzazione, la disponibilità di una rete a dimensione mondiale come quella dell’emigrazione, dischiude all’Italia prospettive tutt’altro che trascurabili”. È quanto afferma mons. Piergiorgio Saviola, direttore generale della Fondazione Cei Migrantes, presentando il “Rapporto italiani nel mondo 2007”, curato dalla stessa Fondazione. “La mobilità umana – ha aggiunto don Domenico Locatelli, direttore dell’Ufficio Migrantes per la pastorale degli italiani nel mondo – è intrisa delle fatiche di tanti uomini e donne, che hanno avuto la forza di partire, lasciare e provare ad inserirsi in un contesto nuovo e spesso antistraniero, e ora sono interessati a mantenere i collegamenti con il loro Paese di origine. Per la nostra sensibilità cristiana, ci piace sottolineare il peso della famiglia come nucleo operativo che sa filtrare, sostenere, difendere e concretizzare quel processo complesso e faticoso che è l’integrazione”.

“Noi italiani nel mondo – ha detto Locatelli – stiamo lavorando da almeno 150 anni sull’integrazione e constatiamo che questo processo non è mai finito, perché si è sempre un po’ stranieri dappertutto, portiamo in ognuno di noi quella diversità che necessita di mediazione e di aggiustamento. Sappiamo che la mobilità umana è quella risorsa che impedisce di essere chiusi e arroganti”. Per Franco Pittau e Delfina Licata, redattori del Rapporto, la rete degli emigrati “può essere una grande opportunità ma va inquadrata e valorizzata come tale”. Per questo, occorrono “nuove sintesi e nuove energie”. Per Licata e Pittau, si può considerare l’emigrazione “una sorta di commento della nostra recente storia”. Tra gli aspetti più significativi i due redattori citano il sottosviluppo che caratterizzava “l’incipiente cammino dell’Italia unita, quando si emigrava anche dalle Regioni settentrionali e nel Meridione era difficile sfuggire all’alternativa emigranti o briganti e sopravvivere alla povertà”. La presentazione del volume è stata conclusa dall’intervento del sen. Franco Daniela, viceministro degli Esteri.

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