Italia
Migrazioni, mons. Perego: dare la cittadinanza a chi nasce in Italia
«Tutti sappiamo che l’immigrazione non è un problema semplice: è una questione che evoca forti passioni e dibattiti di sicurezza nazionale, economica, legali, sociali; ma coinvolge anche la dignità fondamentale e la vita della persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio. Ed a causa di questo è in primo luogo una questione morale che occupa e preoccupa la Chiesa». Così mons. Paolo Schiavon, presidente della Commissione Cei per le migrazioni (Cemi) e della Fondazione Migrantes, è intervenuto questa mattina alla presentazione della prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebra domenica 13 gennaio. Il presule ha ricordato il Messaggio di Benedetto XVI per questa Giornata, sottolineando che il Pontefice «non vuole tanto porre in luce l’impressionante numero di persone coinvolte nel fenomeno migratorio, ma vuole far emergere l’anima di questa gente, che spinta dalla ‘disperazione di un futuro impossibile da costruire’, si avventura in un pellegrinaggio esistenziale alla ricerca di un futuro migliore, ciascuna con il proprio bagaglio di fede e di speranza».
Per mons. Schiavon, le migrazioni sono «un possibile veicolo di dialogo e di annuncio del messaggio cristiano; sono occasione di nuova evangelizzazione e di missione, con spazio anche per il dialogo interreligioso, e per un sostegno della dimensione spirituale di tutti». «Da una particolare attenzione alla dimensione religiosa degli immigrati e alla convivenza interreligiosa – ha spiegato – può derivare un ritorno benefico anche nei Paesi di origine, in molti dei quali manca o è carente la pratica della libertà religiosa». Gli immigrati, ha concluso il presidente della Cemi, sono «una risorsa economica per il loro Paese di origine attraverso le rimesse, ma sono anche ottimi ambasciatori nelle loro comunità di valori come la libertà e la democrazia».
«La qualità della nostra democrazia italiana ed europea passa necessariamente attraverso la qualità delle risposte alle persone e famiglie in cammino e in fuga, non solo in termini di accoglienza e di percorsi di integrazione, ma anche in termini di cooperazione internazionale che permetta alle persone di vivere nel proprio Paese», ha detto questa mattina mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, presentando la Giornata. «Trasformare il cammino di disperazione di tante persone – ha aggiunto nel corso della conferenza stampa nella sede di Radio Vaticana – in un cammino di speranza diventa un impegno, una sfida educativa per le nostre comunità civili e religiose, se non si vuole che il cammino di disperazione si trasformi in un nuovo conflitto e scontro sociale». Il direttore di Migrantes ha poi ricordato che in Italia per ottenere la cittadinanza occorrono 10 anni, «il limite massimo previsto dalla Convenzione europea sulla cittadinanza»: «Prevedere il ritorno a cinque anni di residenza per ottenere la cittadinanza – ha spiegato – significa adeguarsi agli standard internazionali e favorire partecipazione e inclusione sociale».
Quindi mons. Perego ha ricordato che in Italia vige il principio dello «jus sanguinis» per ottenere la cittadinanza: questo comporta «di fatto l’esclusione e la differenziazione sociale di quasi 650 mila minori nati in Italia da genitori immigrati. Sembra dunque il tempo, come del resto hanno scelto di fare la maggior parte degli Stati europei, di ampliare anche in Italia lo jus soli, cioè l’acquisto della cittadinanza italiana per nascita sul territorio. Tale diritto spetta anche ai bambini nati sul territorio italiano da genitori immigrati irregolarmente presenti sul territorio italiano». «L’accesso alla cittadinanza di chi nasce in Italia come anche la riduzione dei tempi per il riconoscimento della cittadinanza italiana – ha detto ancora mons. Perego – portano con sé una immediata o più veloce accessibilità alla partecipazione al voto, allo svolgimento del servizio civile da parte dei giovani tra i 18 e i 28 anni, che sono due strumenti importanti per la crescita della responsabilità e per una completa inclusione nella vita italiana, favorendo la crescita della democrazia e della coesione sociale».
Durante la conferenza stampa mons. Perego a proposito dell’accordo Stato-Regioni in materia sanitaria sugli stranieri, siglato il 27 dicembre scorso, ha detto che «fornisce un quadro non più discrezionale», visto che «il superamento della discrezionalità è elemento determinante per le politiche dell’immigrazione».
All’incontro ha partecipato anche il ministro della Sanità, Renato Balduzzi, che ha ringraziato la Chiesa italiana «per l’attenzione nei confronti del fenomeno migratorio». Balduzzi ha espresso «soddisfazione» per il recente accordo intitolato «Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province autonome italiane», che mette ordine sulle norme in materia di assistenza sanitaria a cittadini stranieri e comunitari, compresi i minori senza titolo di soggiorno. «L’accordo ha richiesto un lavoro di quattro anni», ha ricordato Balduzzi, auspicando poi che «al diritto proclamato possa seguire una sua applicazione serena e tranquilla»: «Sarebbe indegno, per un Paese civile, non mettere a disposizione il proprio sistema sanitario».
Il ministro ha concluso apprezzando «l’interlocuzione tra pubblici poteri e società civile», tra cui la Caritas di Roma, che ha portato alla stesura dell’accordo. A proposito della cittadinanza ai figli degli immigrati mons. Giancarlo Perego, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha confermato che «rimane una proposta importante alle forze politiche in vista delle elezioni». «Purtroppo – ha precisato – sono state consegnate 23 proposte di modifica della legge, e non c’è ancora unitarietà sul piano politico. Questo rende difficile vedere a breve un cambiamento della legge. Speriamo che anche le forze politiche considerino gli immigrati come una risorsa, visto che il 72% italiani, come risulta da un recente sondaggio, è favorevole alla cittadinanza e il 74% al voto amministrativo. Ciò significa una crescita di attenzione non solo culturale ma anche sul piano politico e sociale». La conferenza stampa è stata moderata dal portavoce della Cei, mons. Domenico Pompili, il quale ha ricordato come «la Chiesa sia ben consapevole del diritto delle persone a emigrare e del diritto, ancora più struggente, a non emigrare, cioè a poter vivere nella propria patria».