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MIGRAZIONI, CONVEGNO MIGRANTES; MONS. VEGLIÒ: L’ACCOGLIENZA ELEMENTO CHIAVE

“Di fronte alla sempre più complessa realtà delle migrazioni, l’accoglienza diviene l’elemento chiave per una pastorale in grado di aiutare, nel contesto attuale economico, sociale e religioso, chi cerca una vita migliore lontano dalla propria patria”. È quanto scrivono mons. Antonio Maria Vegliò e mons. Agostino Marchetto, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti, in un messaggio ai circa 170 direttori e collaboratori degli Uffici diocesani Migrantes riuniti a Frascati (Rm) per il convegno nazionale (fino al 24). L’accoglienza – si legge nel messaggio – è “l’apostolato specifico che risponde al fenomeno migratorio e tale accoglienza di persone di diversa nazionalità, etnia e religione, contribuisce altresì a rendere visibile l’autentica natura della Chiesa”. Nell’accoglienza ecclesiale viene offerta poi “ai migranti cattolici l’opportunità privilegiata, sia pur spesso dolorosa, di giungere a un maggior senso di appartenenza alla Chiesa universale”. Per mons. Vegliò e mons. Marchetto, il dialogo è “un elemento indispensabile e un requisito non negoziabile, e assume molte forme iniziando dall’incontro di esperti appartenenti a religioni diverse, per continuare con il dialogo dell’azione, che coinvolge cristiani e non in una collaborazione volta a promuovere lo sviluppo integrale della società”. L’azione pastorale in favore degli immigrati – spiegano mons. Vegliò e mons. Marchetto – va “incarnata nella situazione esistenziale di ogni persona. Bisogna tener conto della lingua, cultura, religione, provenienza e storia del migrante e della sua famiglia, affinché la nostra testimonianza e carità siano percepite e accolte. Il calore della schietta accoglienza – si legge nel messaggio – amica di chi è diverso da noi e viene da lontano è la testimonianza più bella e può predisporre all’annuncio diretto del Vangelo”. Mons. Vegliò e mons. Marchetto augurano che tutte quelle persone che vivono in Italia, lontano dal loro Paese nativo “siano accettate come fratelli e sorelle, come esseri umani così che l’emigrazione, in questo nostro mondo globalizzato possa essere considerata una chiamata, sebbene misteriosa, al Regno di Dio, per costruire cieli nuovi e terra nuova, uno strumento della Divina Provvidenza per favorire l’unità e la pace dell’intera famiglia umana”.Sir