Italia

Migranti. Dossier Idos: non c’è invasione, numeri stabili dal 2013. In aumento chi emigra

Secondo l’ultima relazione della Commissione parlamentare Jo Cox sulla xenofobia e il razzismo l’Italia è il paese del mondo con il più alto tasso di disinformazione sull’immigrazione. Non sorprende perciò che, secondo un sondaggio del 2018 condotto dall’Istituto Cattaneo, gli italiani risultino essere i cittadini europei con la percezione più lontana dalla realtà riguardo al numero di stranieri che vivono nel paese, credendo che ve ne siano più del doppio di quelli effettivamente presenti.

In realtà nell’Ue a 28 Stati, dove – in base agli ultimi dati Eurostat al 1° gennaio 2017 – i cittadini stranieri sono 38,6 milioni (di cui 21,6 non comunitari) e incidono per il 7,5% sulla popolazione complessiva, l’Italia non è né il paese con il numero più alto di immigrati né quello che ospita più rifugiati e richiedenti asilo. Con circa 5 milioni di residenti stranieri (5.144.000 a fine 2017, secondo l’Istat), viene dopo la Germania, che ne conta 9,2 milioni, e il Regno Unito, con 6,1 milioni, mentre supera di poco la Francia (4,6 milioni) e la Spagna (4,4). A sottolinearlo è il dossier statistico Immigrazione 2018, realizzato da Idos insieme alla rivista Confronti e Unar.

In particolare, secondo il rapporto, l’incidenza sulla popolazione complessiva, pari all’8,5% (dato Istat), risulta più bassa di quella di Germania (11,2%), Regno Unito (9,2%) e diversi altri paesi più piccoli dell’Unione, dove i valori superano anche in maniera consistente il 10% (Cipro 16,4%, Austria 15,2%, Belgio 11,9% e Irlanda 11,8%). L’incidenza più alta si registra nel Lussemburgo, dove gli stranieri sono quasi la metà di tutti i residenti (47,6%).

Lo stesso Eurostat rileva che il numero degli immigrati entrati in un paese Ue nel corso del 2016 (ultimo anno disponibile), pari a circa 4,3 milioni, è stato inferiore dell’8% rispetto all’anno precedente, mentre sono state circa 3 milioni le persone che nel frattempo hanno lasciato un paese comunitario (diverse delle quali per trasferirsi comunque all’interno dell’Unione). Inoltre nel 2017, a fronte di un contesto mondiale caratterizzato da un aumento delle migrazioni, l’Ue ha conosciuto un drastico calo sia degli attraversamenti irregolari delle frontiere (diminuiti di 9 volte rispetto al boom del 2015), sia delle richieste d’asilo presentate (-43,5% rispetto al 2016). Dunque, nonostante la percezione di un paese «invaso» dagli stranieri, al netto dei movimenti interni, il loro numero è pressoché stabile intorno ai 5 milioni dal 2013; e la loro incidenza, nell’ordine dell’8% sempre dal 2013, aumenta di pochissimi decimali l’anno, soprattutto a causa della diminuzione della popolazione italiana, sempre più anziana (gli ultra65enni sono 1 ogni 4, mentre tra gli stranieri 1 ogni 25), meno feconda (1,27 figli per donna fertile, contro 1,97 tra le straniere) e tornata a emigrare verso l’estero (quasi 115.000 espatriati ufficiali nel corso del 2017: un dato sottodimensionato se si considera che molti, nel trasferirsi all’estero, trascurano di effettuare la cancellazione anagrafica, non essendo obbligatoria).

 Aggiungendo ai residenti stranieri la quota di immigrati che, alla data della rilevazione, non erano ancora iscritti nelle anagrafi, Idos stima in 5.333.000 il numero effettivo di cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia, 26.000 in meno rispetto alla stima del 2016. I soggiornanti non comunitari, in particolare, sono – secondo il Ministero dell’Interno e l’Istat 3 milioni e 700mila, un numero sostanzialmente invariato da 3 anni, anche per la consistente diminuzione di quelli sbarcati: 119.000 (-62.000 rispetto al 2016). Un calo divenuto ancor più drastico nel 2018: l’aumento degli arrivi ha subito uno stop proprio nel 2017, dopo quattro anni in cui ne sono giunti, nel complesso, circa 625.000 persone. La quasi chiusura della rotta del Mediterraneo centrale ha determinato anche la drastica riduzione dei minori stranieri non accompagnati (Msna) giunti in Italia a seguito di soccorso in mare: a fronte degli oltre 25.800 del 2016, nel 2017 il loro numero è sceso a circa 15.800, per ridursi a 2.900 nei primi 7 mesi del 2018. Ne è derivata una forte riduzione di quelli accolti: poco più di 13.000 a giugno 2018, il 26% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. Si tratta per lo più di ragazzi maschi (93%), tra i 16 e i 17 anni (84%), originari specialmente di Albania, Egitto, Guinea, Costa d’Avorio ed Eritrea. Tra le ragazzine, soprattutto nigeriane, molte sono vittime di tratta a scopo sessuale.

Alla stessa data, del resto, erano quasi 4.700 i Msna irreperibili, soprattutto eritrei, somali e afghani, mossi dall’intenzione di raggiungere la Germania, la Svezia o l’Inghilterra, dove hanno parenti o sperano di trovare migliori condizioni di inserimento (dati Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).

Ma la radicale riduzione degli arrivi è stata ottenuta pure a prezzo di un aumento del tasso di mortalità in mare: secondo l’Oim, tra gennaio e settembre 2018 ben 1.728 in tutto il Mediterraneo, di cui 3 su 4 (1.260) nella sola rotta tra Libia e Italia, anche a causa della diminuita capacità di ricerca e soccorso in mare provocata dalla delegittimazione ed esclusione delle navi di Ong impegnate in tali operazioni (ad esse era dovuto circa il 35% dei salvataggi). L’Oim calcola che, su complessivi 40.000 migranti deceduti in mare in tutto il mondo dal 2000 ad oggi, quelli morti nella rotta italo-libica siano ben 22.400. Un dato che rende ancora più prezioso il progetto pilota dei corridoi umanitari, avviato in Italia da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiede Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, in intesa con i Ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri, portando in Italia dal Libano, in modo sicuro e protetto, 1.249 richiedenti asilo (dato al luglio 2018), di varia nazionalità (siriani, palestinesi, iracheni, yemeniti). Nel giugno 2017 circa il 70% aveva ottenuto lo status di rifugiato e nessuna domanda si era risolta con un diniego. Anche la Cei, ancora in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio e i suddetti Ministeri, ha aperto un corridoio umanitario in Etiopia: a giugno 2018 erano 327 i profughi accolti, sui 500 previsti in 2 anni. Intanto questo modello italiano è stato ripreso prima dalla Francia e poi dal Belgio.

In tutto secondo l’Unhcr sono 354.000 i richiedenti asilo (compresi quelli ancora privi di titolo formale o la cui domanda è sotto esame) e titolari di protezione internazionale o umanitaria presenti in Italia, lo 0,6% dell’intera popolazione del paese. Se per un verso il numero assoluto colloca l’Italia al terzo posto nell’Ue, dopo la Germania (1,4 milioni di richiedenti e titolari di protezione, con questi ultimi che da soli ammontano a circa 1 milione) e la Francia (400mila), l’incidenza sulla totalità degli abitanti è perfettamente in linea con la media comunitaria, al pari di quella della Francia e dei Paesi Bassi, ed è preceduta da vari paesi, come la Svezia (2,9%), l’Austria e Malta (1,9%), la Germania e Cipro (1,7%), la Grecia (0,8%), mentre non superano lo 0,1% tutti i «nuovi» Stati membri dell’Europa orientale (ad eccezione della Bulgaria, con lo 0,3%).

Gli oltre 5 milioni di stranieri che risiedono in Italia provengono da quasi 200 diversi paesi del mondo. Per la metà (2,6 milioni) sono cittadini di un paese europeo (di cui 1,6 milioni, pari al 30%, comunitari), mentre un quinto (1 milione) viene dall’Africa e una quota solo di poco inferiore dall’Asia. Gli americani sono circa 370.000 (7,2%), per lo più cittadini latino-americani (6,9%). I romeni costituiscono la collettività di gran lunga più numerosa (1.190.000 persone, pari al 23,1% di tutti i residenti stranieri), seguiti da albanesi (440mila e 8,6%), marocchini (417mila e 8,1%), cinesi (291mila e 5,7%) e ucraini (237mila e 4,6%). Queste prime 5 collettività coprono la metà (50,1%) dell’intera presenza straniera in Italia, mentre le prime 10 (per arrivare alle quali occorre aggiungere, nell’ordine, Filippine, India, Bangladesh, Moldavia ed Egitto) arrivano a poco meno dei due terzi (63,7%).

 

La maggior parte dei residenti stranieri risiede al Centro-nord (83,1%), con il Nord Ovest che ne detiene la percentuale più elevata (33,6%). In particolare la regione che conta la presenza più numerosa è la Lombardia (1.154.000 residenti stranieri, il 22,9% del totale nazionale), seguita da Lazio (oltre 679.000 e 13,5%), Emilia Romagna (536.000 e 10,6%, cui si aggiunge il primato della incidenza più alta, a livello nazionale, sulla popolazione complessiva: 12,0%), Veneto (più di 487.000 e 9,7%) e Piemonte (circa 424.000 e 8,4%). Nella sola Città metropolitana di Roma si concentra il 10,8% di tutti gli stranieri residenti in Italia (557.000 individui), in quella di Milano un ulteriore 8,9% (459.000) e in quella di Torino un altro 4,3% (220.000).

Tra le caratteristiche rilevate dal dossier il fatto che in Italia il numero dei nati da genitori entrambi stranieri diminuisce costantemente di anno in anno dal 2013: si è infatti passati da poco meno di 82.000 nel 2012 a quasi 68.000 nel 2017, sebbene – per il fatto che anche la popolazione italiana conosce un progressivo declino della natalità – l’incidenza dei nuovi nati stranieri si mantenga stabile a circa un settimo di tutte le nascite annue del paese (14,8% nel 2017). Questo graduale adeguamento della popolazione immigrata ai comportamenti riproduttivi della popolazione autoctona ha tuttavia comportato che il tasso di fecondità delle donne straniere, pur restando più alto – come già visto – di quello delle italiane, da qualche anno è sceso al di sotto della «soglia di sostituzione» (2,1 figli per donna fertile), per cui il loro sostegno alla natalità generale del paese sarà sempre meno consistente, con ripercussioni sul sistema di ricambio generazionale a livello produttivo e previdenziale.

Un secondo aspetto rilevante è che, in questi recentissimi anni, appare in crescita il numero di persone che lasciano l’Italia per trasferirsi all’estero, non solo italiane ma anche straniere (queste ultime, stando al dato – sottodimensionato – delle cancellazioni anagrafiche per l’estero, sono state 41.000 nel 2017) o italiane di origine straniera, cioè diventate italiane per acquisizione della cittadinanza (32.000, contro le circa 27.000 del 2016). In generale, mentre i cittadini italiani di origine asiatica lasciano l’Italia per trasferirsi per lo più in un altro paese Ue, i nativi dell’America Latina tendono invece a tornare nel proprio paese d’origine. In ogni caso, questa circostanza, insieme alla precedente, sembra preoccupantemente mostrare come, italiani o stranieri che siano, l’Italia è sempre meno un paese per giovani.

Un’integrazione non più utilitaristica, ma basata sui diritti delle persone. «Sono dati che ci parlano della cruciale importanza delle politiche di integrazione, di cui oggi nessuno parla più e su cui sempre meno i governi intendono investire», ha spiegato Luca di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos, aggiungendo, inoltre: «i numeri non bastano più: abbiamo bisogno di esempi, di testimoni, di buone prassi che mostrano in maniera concreta e tangibile che l’integrazione è possibile». E ancora, «nell’integrazione si vince insieme, perché, a dispetto di tutti i tentativi di imbastire conflitti sociali tra categorie ugualmente svantaggiate, i destini di italiani e immigrati sono già intrecciati nella nostra società». Poi, Di Sciullo, lasciando il palco del Teatro Orione agli interventi degli altri relatori, il vice moderatore della tavola valdese, Luca Anziani, il missionario comboniano padre Alex Zanotelli, il responsabile immigrazione del sindacato Usb, Aboubakar Souhamoro e il direttore dell’Unar, Luigi Manconi, ha così concluso: «È venuta l’ora di cambiare il paradigma del dibattito tra chi vuole chiudere all’immigrazione e chi si batte per una società pluralista e interculturale, tra buonisti e cattivisti».

«È venuta l’ora di avere il coraggio di alzare il tiro e di elevare le ragioni nella discussione a un livello più adeguato ai nostri principi di civiltà», è il messaggio finale, condiviso, dell’incontro di presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2018 (a cui hanno partecipato le scolaresche di diversi licei della Capitale e che è stata dedicata al Comune di Riace, simbolo di un’accoglienza riuscita). Un messaggio fatto proprio dal direttore dell’Unar, Luigi Manconi, che in questo senso, ricordando l’omicidio avvenuto qualche giorno fa a Roma della piccola Desireè, ha invitato alla riflessione, non mancando di ammonire: «credo di interpretare il sentimento e il pensiero di tanti nel ritenere realizzabile una società della convivenza dove gli autori di un crimine tanto crudele non siano definiti assassini africani, senegalesi, ma assassini e basta». E in questa ottica, scrivono Claudio Paravati e Luca Di Sciullo nel testo introduttivo del rapporto: «il Dossier non si rassegna a parlare ancora all’intelligenza del pubblico; a quanti hanno il desiderio di documentarsi su un fenomeno che ci riguarderà a lungo tutti, interrogando le nostre coscienze».

In occasione della presentazione, Idos ha lanciato il suo nuovo sito web, predisposto anche per l’e-commerce, dal quale sarà possibile acquistare il nuovo Dossier 2018 (e prossimamente anche le altre pubblicazioni di Idos), in formato sia cartaceo sia elettronico (pdf), e in quest’ultima versione anche per singoli capitoli. Il sito, che verrà allestito nella sua completezza nelle prossime settimane, è stato realizzato grazie alla collaborazione con la Cooperativa Lai Momo di Bologna, da anni partner di Idos per le iniziative regionali in Emilia Romagna.

La situazione in Toscana. Sono 408.000 gli immigrati presenti in Toscana nel 2018, pari al 10% della popolazione, il 2% in più rispetto all’anno precedente. Una cifra abbastanza stabile negli ultimi quattro anni. Sono cinquemila i nuovi nati da coppie straniere nel 2017, che però non hanno ancora la cittadinanza italiana a causa della mancata approvazione dello ius soli. Mentre sono circa 10.000 le nuove acquisizioni di cittadinanza italiana da parte di cittadini stranieri. Sono questi alcuni dei dati principali contenuti nel dossier statistico immigrazione presentato a livello regionale a Firenze dal Centro studi e ricerche Idos. Firenze e Prato sono le due città con più presenze straniere. Ammontano a circa 13.000 i migranti presenti nelle strutture di accoglienza, pari al 5×1000 della popolazione. Quanto al lavoro, gli stranieri guadagnano 400 euro al mese in meno degli italiani (1.100 euro al mese per gli stranieri contro 1.500 euro degli italiani).