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Migranti: 100 organizzazioni europee chiedono di porre fine a «criminalizzazione della solidarietà»
Ci sono 49 casi aperti in 11 Stati membri dell'Unione europea che coinvolgono 158 persone criminalizzate per attività umanitarie, una cifra dieci volte superiore al 2015: volontari, attivisti, Ong, membri dell'equipaggio delle navi di soccorso, familiari dei migranti e anche giornalisti, sindaci e sacerdoti. Lo ricordano oltre 100 organizzazioni della società civile di ogni ispirazione e di tutti i Paesi dell'Ue che oggi hanno chiesto con un documento congiunto che la nuova Commissione ponga fine alla «criminalizzazione della solidarietà».
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Carola Rackete «è solo l’ultimo esempio di come le persone vengono incolpate per aver salvato la vita ai migranti e fornito l’assistenza umanitaria che gli Stati membri non sono disposti o non sono in grado di fornire, nonostante siano obbligati secondo le norme internazionali e il diritto dell’Ue», si legge nel testo che denuncia la strumentalizzazione politica delle azioni penali «per scoraggiare la solidarietà e creare un ambiente ostile per i migranti». E ancora: «L’Ue protegge i difensori dei diritti umani all’estero, ma non riesce a proteggere le persone che agiscono in solidarietà con i migranti all’interno dei propri confini».
Quindi una serie di richieste alle istituzioni Ue, tra cui «definire chiaramente il traffico di migranti»; monitorare ogni forma di azione giudiziaria, incriminazione, pressione verso la solidarietà; «istituire una missione proattiva di ricerca e salvataggio dell’Ue per colmare le lacune nella protezione umanitaria delle persone alto mare»; «linee guida sul rispetto dei diritti fondamentali dei difensori dei diritti umani e degli attori umanitari nella lotta contro il contrabbando». Agli Stati invece si chiede, tra l’altro di «fermare le interferenze con le missioni umanitarie in mare».