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MIGONE: «Non abbiate paura», un magistero in tre parole

di Alberto MigoneOra che l’emozione prevale ed ogni bilancio è prematuro emerge in ciascuno di noi quel filo particolare che ci legava al Papa e che diventa ricordo personale. E ognuno ha il suo: parziale, certo, ma carico di affetto e di riconoscenza. Giovanni Paolo II è stato il Papa della mia maturità, una maturità che per quanto impegnata può pur sempre essere «un’età implacabile», come la definisce Peguy. Può succedere infatti che la fedeltà agli ideali, abbracciati nell’entusiasmo della gioventù, divenga un custodire le posizioni, un difendere l’esistente, soprattutto quando i tempi sono difficili e sperare diventa una sfida. È allora che bussa alla porta la paura. Ed è tentazione del singolo, ma può essere anche tentazione di una società intera e della stessa Chiesa.

Il Papa percepisce questo diffuso stato d’animo e con quell’iniziale «non abbiate paura» invita tutti e ciascuno a camminare con rinnovata speranza. Ed era invito convincente perché aveva l’autenticità del vissuto e l’autorevolezza del sofferto: veniva infatti da un vescovo che in terra polacca aveva sperimentato il tempo della persecuzione, quando la paura può portare al tradimento. Ma soprattutto era forte nella motivazione. La speranza che il Papa indicava non si fondava sulle nostre sole forze né tanto meno su uomini o su strutture: sarebbe stato solo volontarismo che rende amari e a lungo andare spezza l’uomo. Per riprendere coraggio e sperare di nuovo bisognava «spalancare le porte a Cristo», aprirgli il cuore per lasciarsi rinnovare quasi in una personale Pentecoste. E quel richiamo a Cristo voleva anche richiamare all’essenziale, ad una fede senza fronzoli, che non si radica nel periferico, anche se devoto, ma si fida e si affida a Cristo, morto e risorto, che si accompagna con noi sempre e che la Chiesa instancabilmente ci annuncia.

È Lui la Verità che vince il mondo e le sue paure.Giovanni Paolo II è stato banditore instancabile di questa Verità e delle verità che da questa discendevano, soprattutto quelle sull’uomo, sul suo destino e sulla sua missione.

Sono, e restano, verità che impegnano, perché mettono in discussione l’agire; verità scomode, perché contrastano col pensare diffuso; ma sono pur sempre verità liberanti, perché trovano sintonia nel cuore dell’uomo.

Non sempre è stato ascoltato eppure, specie nei momenti drammatici che certo non sono mancati nel suo lungo pontificato, è stato voce dell’umanità, pietra che segna la via, uomo che richiama alla fiducia e al coraggio che viene dall’alto.

Quell’iniziale «non abbiate paura» è stato davvero filo conduttore del suo insegnamento e di ogni sua azione. Lo ha proposto a noi e lo ha vissuto fino all’estremo, quando sul modello di Cristo ha percorso fiducioso una progressiva espropiazione e si è mostrato al mondo consegnato totalmente alla volontà di Dio.