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Migone, direttore saggio e coraggioso

di Mauro BanchiniEra piena San Michele Visdomini a Firenze («la parrocchia di Toscana Oggi», l’ha definita Andrea Fagioli) con amiche e amici venuti dalla Toscana, e oltre, per ricordare Alberto Migone. A un anno dalla morte.

La sua redazione impegnata nei canti e le sue «famiglie» alternate nelle letture. Belli i canti, impegnative le lettura per la Visitazione. Impegnativa la richiesta di Paolo che ci invita a «gareggiare» nello stimarci a vicenda, nel non nutrire «desideri di grandezza». E che dire – quanto a impegno – di una fra le preghiere più belle in assoluto, il Magnificat, secondo cui l’Onnipotente è tale anche perché i «potenti» li rovescia dai troni e gli «umili» li innalza? Ma noi – chiedo a me stesso – quando ascoltiamo parole del genere, com’è che accettiamo di rimanere uguali a prima?

Messa presieduta dall’arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana. Giuseppe Betori ha ricordato come alla base del grande impegno civile ed ecclesiale di Migone ci fossero comunque «radici spirituali», «il rapporto con Dio», «la spiritualità di chi non piega Dio alle necessità dei fratelli». E ha accostato il direttore di Toscana Oggi ad alcuni grandi del cattolicesimo fiorentino: La Pira, Milani, Bensi. Come darle torto, mons. Betori?

Poi nel saloncino di un palazzo (Pucci) che sarebbe utile raccontare nel suo lungo servizio al laicato cattolico.

In distribuzione, per la Sef, Società editrice fiorentina, il volume curato da Toscana Oggi con una selezione di editoriali scritti fra il 1984 e il 2008 da Migone (introduzione di Andrea Fagioli e Romanello Cantini).

Una buona occasione per rileggere la vicenda di un professore prestato al giornalismo e per farlo in una fase di grande debolezza sia per i professori che per i giornalisti (tutto, all’apparenza, sembra sconfiggere la nobilità di queste due professioni, basate su sfide educative, in un contesto sempre più involgarito e infastidito da una parola – educazione – che pare quasi esser diventata parolaccia).

Suggestioni da Francesco Zanotti e Paolo Bustaffa. Bella l’immagine del vicepresidente nazionale dei settimanali cattolici quando ha ricordato il Migone sapiente «centellinatore di parole». E giusta la notazione del direttore del Sir secondo cui l’eredità di Alberto è non solo «preziosa» ma anche «consegnata a tutti i settimanali italiani».

Moderati da Antonio Lovascio («una lente che ha aiutato a leggere per trovare una chiave di verità», questa l’immagine migonesca regalataci dall’ex vicedirettore della Nazione) si sono succeduti Umberto Santarelli e Giovanni Pallanti.

Perdonate la franchezza di una notazione forse fuori luogo, ma a me è piaciuto immaginarmi Migone che, da lassù, si è messo a scherzare con il limite più classico nelle riunioni dei cattolici: il microfono. Già durante l’intervento di Lovascio («Migone fu una grande sorpresa come direttore … È stato bravissimo a formare una bella redazione… Ha mostrato saggezza, equilibrio, intelligenza… Ha offerto interpretazioni di grande attualità») l’arnese ha cominciato a rumoreggiare. Continuava così anche con Santarelli e alla fine è stato giocoforza chiuderlo (il microfono). Si sentiva meglio senza. E magari è segno utile da ricordare.

Intriganti i ricordi del giurista, nella stanza ospitava la Giac. Ha fatto rivivere, Santarelli, atmosfere antiche, vicende lontane nell’impegno di una Ac mossa da gente come Bachelet, Moro, Agresti. E Migone. E, poi, la svolta giornalistica dell’inizio degli anni Ottanta, la «saggezza» del primo editoriale arrivato… tre settimane dopo al primo numero di Toscana Oggi.

Per un’operazione complessa, i vescovi si rivolsero a questo professore dall’aria mite e lui fu all’altezza. «Seppe non barcamenarsi, riuscì a fare discorsi sempre forti tenendo conto della pluralità di relazioni e di storie. Fu attento – ha proseguito Santarelli – alla lezione lazzatiana sulla naturale politicità del cristiano nel mondo. Non gli mancò la capacità di adirarsi. Fu fermissimo e insieme sorridente».

Venendo a Pallanti, fu «il 25» (nel senso di tram) che fece conoscere Migone a questo brillante politico in una città «segreta» come Firenze. I due si trovavano alla fermata dell’Ataf e i proverbiali ritardi (del «25») furono, in qualche modo, utili a entrambi. Non ha mancato di notare, Pallanti, come Migone scrivesse «con grande chiarezza». Un non fiorentino si sarebbe fermato qui, ma Giovanni ha aggiunto qualche altra parola sulla difficoltà, in altri (vescovi compresi) di non avere lo stesso dono.

È «il coraggio» – secondo Pallanti – l’insegnamento maggiore che l’umile Migone lascia a tutti noi, in particolare giornalisti. Il coraggio di «mettere fuori la testa» e di assumersi le «responsabilità». Il coraggio di manifestare opinioni anche scomode sapendo che anche così si serve la Chiesa perché – avrebbe detto qualcun altro – i «quaquaraquà» non servono neppure in sacrestia. Per non parlare della efficacia di una formula giornalistica che, in terra toscana, è riuscita a compiere un «miracolo»: unire la dimensione locale con quella regionale. Scusate se è poco.

Il libro della «Sef»«Testimoni nel quotidiano» è il titolo del volume della Sef, Società editrice fiorentina, che raccoglie una parte degli editoriali di Alberto Migone scritti per Toscana Oggi negli oltre 25 anni della sua direzione. Il libro (prezzo di copertina 15 euro) può essere richiesto scrivendo alla Società editrice fiorentina in via Aretina, 298 – 50136 Firenze, telefonando allo 055 5532924, inviando una mail a info@sefeditrice.it, o visitando il sito www.sefeditrice.it Il libro è in vendita anche presso la redazione centrale di Toscana Oggi (in via dei Pucci 2 a Firenze) e nelle librerie cattoliche della Toscana.