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Messaggio per la Giornata per la vita 2006
La Vita precede il creato e l’uomo: l’uomo e con lui ogni realtà vivente è reso partecipe della vita per un gesto di amore libero e gratuito di Dio. Ogni uomo è riflesso del Verbo di Dio. La vita è perciò un bene indisponibile; l’uomo lo riceve, non lo inventa; lo accoglie come dono da custodire e da far crescere, attuando il disegno di Colui che lo ha chiamato alla vita; non può manipolarlo come fosse sua proprietà esclusiva.
La vita umana viene prima di tutte le istituzioni: lo Stato, le maggioranze, le strutture sociali e politiche; precede anche la scienza con le sue acquisizioni. La persona realizza se stessa quando riconosce la dignità della vita e le resta fedele, come valore primario rispetto a tutti i beni dell’esistenza, che conserva la sua preziosità anche di fronte ai momenti di dolore e di fatica.
Chi non vuole essere libero e felice e non fa tutto il possibile per realizzare questa sua massima aspirazione? Ognuno ha racchiusa nel segreto del suo cuore la propria strada verso la libertà e la felicità. Ma per tutti vale una condizione: il rispetto della vita. Nessuno potrà conquistare libertà e felicità oltraggiando la vita, sfidandola impunemente, disprezzandola, sopprimendola, scegliendo la via della morte.
Una società che tollera una simile deriva e non si interroga sulle cause e sui rimedi, o che la considera una malattia passeggera da prendere alla leggera, da cui si guarisce crescendo, non si rende conto della reale posta in gioco: chi da giovane non rispetta la vita, propria e altrui, difficilmente la rispetterà da adulto. È nostro dovere, perciò, aiutare quei giovani che si trovano in particolare disagio e difficoltà a ritrovare la speranza e l’amore alla vita, a guardare con fiducia e serenità a progetti di matrimonio e famiglia, a servire la cultura della vita e non quella della morte.
Un fattore importante che incide sulla vitalità e sul futuro della nostra società, ma tuttora trascurato, è sicuramente oggi quello demografico: sono molti i coniugi, infatti, che hanno meno figli di quanti ne vorrebbero. Ma, oltre alla mancanza di politiche organiche a sostegno della natalità, resta grave nel nostro Paese il problema della soppressione diretta di vite innocenti tramite l’aborto, dietro al quale spesso ci sono gravi drammi umani ma a cui, a volte, si ricorre con leggerezza.
Vanno valorizzati quegli aspetti della stessa legge 194, che si pongono sul versante della tutela della maternità e dell’aiuto alle donne che si trovano in difficoltà di fronte ad una gravidanza. Davanti alla piaga dell’aborto tutti siamo chiamati a fare ogni sforzo per aiutare le donne ad accogliere la vita.
Il rispetto della vita, infatti, comincia dalla tutela della vita di chi è più debole e indifeso. Nessuno può dirsi padrone e signore assoluto della vita propria, a maggior ragione di quella altrui. Rispettare la vita, in questo contesto, significa anche fare tutto il possibile per salvarla. Quando pensiamo a un nascituro, vogliamo, perciò, pensare a un essere umano che ha il diritto, come ogni altro essere umano, a vivere e a ricercare la libertà e la felicità.
Rispettare la vita significa, ancora, mettere al primo posto la persona. La persona governa la tecnica, e non viceversa; la persona, e non la ricerca o il profitto, è il fine. Chiedere l’abolizione di regole e limitazioni che tutelano la vita fin dal concepimento in nome della libertà e della felicità è un tragico inganno, che produce al contrario la schiavitù e l’infelicità di chi lascia che a costruire il futuro siano da un lato i propri desideri soggettivi, dall’altro una tecnica fine a se stessa e sganciata da ogni riferimento etico.
IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE