La corruzione, l’accumulo di denaro, la violenza, il vivere indebitamente alle spalle della collettività senza dare il proprio contributo sono dei veri cancri che minano dall’interno una società. Lo ha detto il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, durante la conferenza stampa di presentazione del Messaggio del Papaper la Quaresima (testo integrale del Messaggio). Sulla scorta di quanto già detto dal Papa, anche nel messaggio di oggi ha proseguito il cardinale non possiamo neppure tacere che alla base della nostra crisi finanziaria c’è l’avidità, la ricerca sfrenata del denaro senza scrupoli e senza considerare chi ha meno e chi deve sopportare le conseguenze delle scelte sbagliate di altri. Questo attaccamento al denaro è un peccato, ha ammonito il presidente del dicastero vaticano, secondo il quale la Chiesa è profetica quando denuncia questo peccato che fa del male alla persona e alla società. Anche questo, dunque, è un aspetto della missione profetica della Chiesa, che nel mondo comporta la denuncia sociale di situazioni di ingiustizia e di povertà. Anche il recente documento post-sinodale Africae munus, ha proseguito il cardinale, cita situazioni di profonda diseguaglianza che provocano gravi sofferenze con drammatiche conseguenze per intere popolazioni. La Chiesa non può tacere di fronte al fatto che troppi muoiono per la mancanza del minimo indispensabile mentre altri si arricchiscono sfruttando gli altri, ha affermato il porporato, ma sarebbe troppo poco se la dimensione profetica del nostro parlare e agire si limitasse a questi fenomeni esterni, senza andare alle radici morali di queste ingiustizie. E’ quello che fa il Papa nel suo messaggio, in cui ci indica una dimensione ancora più profonda: la Chiesa si fa profeta in questo mondo di oggi per denunciare in particolare la mancanza di Dio. Questa è la vera radice delle ingiustizie che ci circondano. Quando l’uomo non riconosce al di sopra di sé un Creatore e Signore ha spiegato si fa creatore e signore di se stesso e la vita sociale degenera in un individualismo conflittuale e in una lotta contro l’altro. Senza un Dio che ci ispira e ci corregge l’esistenza diventa una lotta per la sopravvivenza, a scapito del più debole. E’ quello che ha fatto questa nostra società secolarizzata, che è giunta a vivere e a organizzarsi senza tener presente Dio. Come cristiani, ha affermato il relatore, il nostro primo compito è dire che Dio c’è e che il nostro futuro dipende dal riconoscere questa sovranità di Dio, senza il quale il nostro futuro è in balia delle prevaricazioni e degli interessi del più forte. (Sir)