Vita Chiesa

Messaggio Giornata migrante: card. Vegliò, «Difendere identità ma non cacciare»

«Nessuno Stato al mondo ha il diritto di cacciare i migranti, né essere così naif da far venire tutti. Lo Stato deve difendere l’identità culturale e il benessere dei propri cittadini, ma questo non significa cacciare i migranti»: lo ha detto oggi il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, rispondendo alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione del messaggio del Papa per la 99ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (13 gennaio 2013). Un messaggio, ha spiegato il card. Vegliò nel suo intervento, che «mette in luce la realtà delle migrazioni economiche e di quelle forzate»: 214 milioni di migranti internazionali più 740 milioni di sfollati interni, ossia «circa un miliardo di esseri umani, un settimo della popolazione globale che sperimenta oggi la sorte migratoria». «Non è solo questione di accettazione della presenza straniera da parte della società di accoglienza – ha osservato – ma è soprattutto un processo (spesso lungo e delicato), che richiede anche mutua comprensione». Citando un rapporto del Pew research centre, il card. Vegliò ha elencato i Paesi che hanno accolto il maggior numero di migranti negli ultimi anni: Stati Uniti (43 milioni, di cui 32 milioni cristiani), Federazione Russa, Germania, Arabia Saudita, Canada, Francia, Regno Unito, Spagna, India, Ucraina.

Nell’Unione europea «diventa sempre più difficile poter chiedere asilo, specialmente da quando in alcuni Paesi sono state introdotte misure restrittive per ostacolare l’accesso al territorio: requisiti per i visti, sanzioni applicabili ai vettori, la lista di safe countries of origin», ha detto mons. Joseph Kalathiparambil, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, durante la conferenza stampa. «Queste limitazioni – ha precisato – hanno incentivato le attività dei contrabbandieri, dei trafficanti, e pericolose traversate in mare che hanno visto sparire tra le onde già troppe vite umane». Le persone fanno infatti «ricorso ai contrabbandieri di persone per raggiungere la loro meta»: «Il loro destino può tuttavia peggiorare quando a destinazione i contrabbandieri diventano trafficanti di persone e sfruttano le loro vittime in diversi modi, come ad esempio nel lavoro forzato e nello sfruttamento sessuale». Una forma di migrazione definita dal Papa, nel Messaggio, «un calvario per la sopravvivenza» e che riguarda, in questo periodo, popolazioni in fuga da «Siria, Mali, Repubblica democratica del Congo, dove l’80% delle vittime sono i civili».