Vita Chiesa

MESSAGGIO CEI GIORNATA PER LA VITA: NO ALL’ABORTO, SÌ AD AFFIDO E AIUTO A BAMBINI IN ISTITUTO

In un mondo in cui “non riscuote un rispetto sacro la vita nascente, né quella già nata ma debole”, la “via maestra” per “vincere la cultura dell’individualismo” sta nella capacità di “fare compagnia alle madri in difficoltà”, ma anche ai “molti bambini e ragazzi che trascorrono la loro infanzia in un istituto”, e il cui “futuro” è “incerto e insicuro”, visto che tali istituti “tra pochi mesi saranno definitivamente chiusi”. È quanto si legge nel Messaggio del Consiglio episcopale permanente per la 26a Giornata per la vita, che si celebrerà il 6 febbraio 2005 sul tema “Fidarsi della vita”. “La vita è un intreccio di relazioni e le relazioni richiedono che ci si possa fidare gli uni degli altri”, è l’esordio del messaggio, in cui si denuncia che oggi “chi attende di nascere, rischia di non vedere mai la luce; e chi attende in un istituto l’abbraccio di due genitori, rischia di vivere per tutta la vita con il desiderio di un evento che mai accadrà”. Al contrario, ammonisce la Chiesa italiana, “lo scopo dell’esistenza sta nella relazione” con Dio e con gli altri, “a cominciare da chi ha fame e sete di vita e di relazione: come il bambino non ancora nato o i molti bambini senza genitori”. ”Entrare in relazione” con il bambino “non ancora nato”, che è “persona”, si sottolinea nel messaggio, costituisce “la più straordinaria avventura di due genitori”: per questo l’aborto, sottolinea la Cei, “quando è compiuto con consapevole rifiuto della vita, superficialmente o in obbedienza alla cultura dell’individualismo assoluto, è la più terribile negazione dell’altro, la più gelida affermazione dell’individuo che ignora l’altro, perché riconosce soltanto se stesso”. Quando l’aborto “è una scelta tragica, vissuta nel tormento e con angoscia, sbocco di povertà materiale o morale, di solitudine disperata, di triste insicurezza” – si legge nel Messaggio della Cei per la prossima Giornata per la vita – a negare l’altro è, in ultima analisi, tutta una società, cieca nei riguardi dei bisogni delle persone e insensibile al rispetto del figlio e della madre”. La “via maestra” per “vincere la cultura dell’individualismo, ma anche per superare la fragilità che durante una gravidanza può nascere dalla paura di non farcela”, per la Chiesa italiana consiste invece “nel fare compagnia alle madri in difficoltà, aiutandole a capire che gli altri esistono, ti aiutano, non ti lasciano sola e portando assieme a te il tuo peso, lo rendono sopportabile, fino a farti scoprire che non di un peso si tratta, ma della gioia più grande”. Altra piaga che affligge l’infanzia è per la Cei quella dei “molti bambini e ragazzi che trascorrono la loro infanzia in un istituto, perché i loro genitori li hanno abbandonati o per i più svariati motivi non sono in grado di tenerli con sé”. “Il loro futuro è incerto e insicuro, perché tra pochi mesi questi istituti saranno definitivamente chiusi”, è il grido dall’arme dei vescovi, che invitano le famiglie italiane, ” sia quelle che godono già del dono di figli propri, sia quelle che vivono la grande sofferenza della sterilità biologica” a fare di tale circostanza “una grande opportunità per dilatare la loro fecondità attraverso l’adozione o l’affido temporaneo”. “Se una famiglia si dimostra disponibile, non va lasciata sola”, è la tesi di fondo dei vescovi: “Deve avvertire attorno a sé una rete di solidarietà concreta, fatta non solo di complimenti ed esortazioni, ma di tante forme di aiuto e di solidarietà. E chi si rende disponibile per l’adozione o l’affido, deve sentirsi parte di un’avventura collettiva, in cui gli altri ci sono, vivi e presenti”.Sir

«Fidarsi della vita». Messaggio per la Giornata della vita 2005