Benedetto XVI
Messaggio alla 45ª Settimana sociale
Il testo integrale del messaggio di Benedetto XVI alla 45ª Settimana sociale di Pistoia e Pisa (18-21 ottobre 2005).
Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, rifacendosi all’insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II, specifica che il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro (Cost. Gaudium et spes, 164). Già il teologo Francisco Suarez individuava un bonum commune omnium nationum, inteso come bene comune del genere umano. In passato, e ancor più oggi in tempo di globalizzazione, il bene comune va pertanto considerato e promosso anche nel contesto delle relazioni internazionali ed appare chiaro che, proprio per il fondamento sociale dell’esistenza umana, il bene di ciascuna persona risulta naturalmente interconnesso con il bene dell’intera umanità. L’amato Servo di Dio Giovanni Paolo II osservava, in proposito, nell’Enciclica Sollicitudo rei socialis che si tratta dell’interdipendenza, sentita come sistema determinante di relazioni nel mondo contemporaneo, nelle sue componenti economica, culturale, politica e religiosa, e assunta come categoria morale (n. 38). Ed aggiungeva: Quando l’interdipendenza viene così riconosciuta, la correlativa risposta, come atteggiamento morale e sociale, come virtù’, è la solidarietà. Questa, dunque, non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti (ibid.).
Nell’Enciclica Deus caritas est ho voluto ricordare che la formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica, cioè all’ambito della ragione autoresponsabile (n. 29). Ed ho poi notato che in questo, il compito della Chiesa è mediato, in quanto le spetta di contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali, senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative a lungo (ibid.). Quale occasione migliore di questa per ribadire che operare per un giusto ordine nella società è immediatamente compito proprio dei fedeli laici? Come cittadini dello Stato tocca ad essi partecipare in prima persona alla vita pubblica e, nel rispetto delle legittime autonomie, cooperare a configurare rettamente la vita sociale, insieme con tutti gli altri cittadini secondo le competenze di ognuno e sotto la propria autonoma responsabilità. Nel mio intervento al Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, l’anno scorso, ebbi a ribadire che agire in ambito politico per costruire un ordine giusto nella società italiana non è compito immediato della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici. A questo loro compito della più grande importanza, essi debbono dedicarsi con generosità e coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo. Per questo sono state sapientemente istituite le Settimane Sociali dei Cattolici Italiani e questa provvida iniziativa potrà anche in futuro offrire un contributo decisivo per la formazione e l’animazione dei cittadini cristianamente ispirati.
La cronaca quotidiana mostra che la società del nostro tempo ha di fronte molteplici emergenze etiche e sociali in grado di minare la sua stabilità e di compromettere seriamente il suo futuro. Particolarmente attuale è la questione antropologica, che abbraccia il rispetto della vita umana e l’attenzione da prestare alle esigenze della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Come è stato più volte ribadito, non si tratta di valori e principi solo cattolici, ma di valori umani comuni da difendere e tutelare, come la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. Che dire, poi, dei problemi relativi al lavoro in rapporto alla famiglia e ai giovani? Quando la precarietà del lavoro non permette ai giovani di costruire una loro famiglia, lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso. Riprendo qui l’invito che ebbi a rivolgere nel Convegno Ecclesiale di Verona ai cattolici italiani, perché sappiano cogliere con consapevolezza la grande opportunità che offrono queste sfide e reagiscano non con un rinunciatario ripiegamento su se stessi, ma, al contrario, con un rinnovato dinamismo, aprendosi con fiducia a nuovi rapporti e non trascurando nessuna delle energie capaci di contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia.
Non posso infine non accennare ad un ambito specifico, che anche in Italia stimola i cattolici ad interrogarsi: è l’ambito dei rapporti tra religione e politica. La novità sostanziale portata da Gesù è che Egli ha aperto il cammino verso un mondo più umano e più libero, nel pieno rispetto della distinzione e dell’autonomia che esiste tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cfr Mt 22, 21). La Chiesa, dunque, se da una parte riconosce di non essere un agente politico, dall’altra non può esimersi dall’interessarsi del bene dell’intera comunità civile, in cui vive ed opera, e ad essa offre il suo peculiare contributo formando nelle classi politiche e imprenditoriali un genuino spirito di verità e di onestà, volto alla ricerca del bene comune e non del profitto personale.
Sono queste le tematiche quanto mai attuali a cui la prossima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani dedicherà la sua attenzione. Per coloro che vi prendono parte assicuro un particolare ricordo nella preghiera e, mentre auspico un fecondo e fruttuoso lavoro per il bene della Chiesa e dell’intero Popolo d’Italia, invio di cuore a tutti una speciale Benedizione Apostolica./p> Dal Vaticano, 12 Ottobre 2007