Benedetto XVI
Messaggio ai vescovi italiani (14 novembre 2005)
Il testo del Messaggio di Benedetto XVI ai vescovi italiani riuniti ad Assisi per la 55ª Assemblea generale (14-17 novembre 2005).
Venerati e cari Fratelli
desidero farvi giungere con questo messaggio la testimonianza dei miei sentimenti di profonda comunione e di spirituale partecipazione ai lavori della vostra Assemblea Generale. Saluto il vostro Presidente, Cardinale Camillo Ruini, i tre Vicepresidenti, il Segretario Generale e ciascuno di voi con grande affetto, ben sapendo con quanta dedizione seguiate le comunità a voi affidate per guidarle e sostenerle nel cammino verso la santità. E’ ancora vivo in me il ricordo dell’incontro che ho avuto con tutti voi lo scorso 30 maggio in occasione della precedente Assemblea Generale. Vi dicevo allora, a poche settimane dalla mia elezione a Successore di Pietro, quanto mi sentissi intimamente confortato dalla vostra vicinanza e solidarietà. Oggi, a distanza di qualche mese, anche grazie agli incontri che ho avuto con molti di voi in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale di Bari, della XX Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia e di varie udienze, sono sempre più sostenuto dalla certezza che insieme potremo adempiere la missione che Gesù Cristo ci ha affidato, insieme potremo testimoniare Cristo e renderlo presente oggi, non meno di ieri, nelle case e negli animi degli italiani. Nel corso dei lavori della vostra Assemblea affronterete diversi argomenti tra cui, principalmente, la formazione dei futuri presbiteri e la presenza della Chiesa nel mondo della salute. Sono entrambi temi di grande rilevanza, a cui giustamente dedicate attenzione in vista di orientamenti e scelte che potranno essere di vero aiuto per il popolo di Dio e per l’intera Nazione italiana.
La Chiesa oggi ha bisogno di sacerdoti che siano pienamente consapevoli del dono di grazia che ricevono con l’Ordinazione presbiterale e con la missione loro affidata in un tempo di rapidi e profondi cambiamenti. Affinché le nostre comunità crescano armoniosamente nella verità e nella carità, attorno all’Eucaristia e alla Parola di Dio, è indispensabile la presenza di sacerdoti che agiscano in nome di Cristo e vivano in intima unione con Lui che li ha chiamati e inviati. La Chiesa ha bisogno di presbiteri che sappiano sempre conformare il loro agire al modello del buon Pastore, lasciandosi guidare con docilità dallo Spirito Santo in piena comunione con i loro Vescovi. Mentre sento con voi il dovere di ringraziare tutti i sacerdoti che in Italia con grande abnegazione, spesso nel nascondimento e lavorando senza sosta, contribuiscono a rendere vive e ricche di grazie le nostre parrocchie e comunità, condivido con voi la preoccupazione per la diminuzione del clero e per il progressivo innalzamento dell’età media dei sacerdoti. È quindi necessario e urgente incrementare la pastorale vocazionale definire sempre meglio la proposta formativa, in modo da garantire una preparazione umana, intellettuale e spirituale che sia all’altezza delle nuove sfide che il ministero sacerdotale è chiamato da affrontare. Come ho detto ai seminaristi nell’incontro del 19 agosto a Colonia, il seminario deve essere il contesto in cui matura la ricerca di un rapporto personale con Cristo e quindi non tanto un luogo, ma, appunto, un significativo tempo della vita di un discepolo di Gesù per una formazione che ha diverse dimensioni, che convergono nell’unità della persona. Altrettanto importante è che questa azione formativa avvenga in un contesto comunitario, per essere un riflesso di quella comunione di vita che Gesù aveva con i suoi discepoli, e per far sì che i diversi elementi del progetto educativo si unifichino attorno alle esigenze della carità pastorale. Essendo quello dei sacerdoti un compito centrale e insostituibile, ogni cura deve essere posta per la loro formazione a partire dalla qualità dei formatori. Tutti i fedeli, pregando il Padrone della messe, possono contribuire al fiorire delle vocazioni e alla formazione dei presbiteri, perché ciò che forgia un sacerdote è in primo luogo la sua preghiera e la preghiera che tutta la comunità innalza al Signore per lui e per il suo ministero.
Altro tema a cui dedicherete parte dei lavori della vostra Assemblea è la pastorale della salute. La malattia pone certamente gravi e complessi problemi all’organizzazione sociale e rappresenta uno dei principali capitoli del servizio che va garantito ai cittadini, ma costituisce anzitutto una dimensione fondamentale dell’esperienza umana che interpella la missione della Chiesa e la coscienza dei credenti. Non per caso infatti il Signore ha voluto accompagnare l’annuncio della salvezza con molte guarigioni di persone sofferenti, mentre la comunità cristiana, in tutte le epoche, ha fatto dei malati un contrassegno della carità di Cristo. Per molti versi dal modo con cui si affronta la malattia e la sofferenza si manifesta anche la dignità e il senso dell’esistenza umana. Rimane scolpita nel nostro cuore la testimonianza che ci ha dato il mio amato predecessore Giovanni Paolo II: della cattedra della sofferenza ha fatto uno vertice del suo Magistero. Illuminata e incoraggiata da una così grande testimonianza, la Chiesa è chiamata ad esprimere solidarietà e premura verso chi affronta la prova della malattia, in primo luogo aiutando a vedere la malattia e la morte stessa non come una negazione dell’umano, ma come un percorso che, sulla scia della sofferenza, della morte e della risurrezione di Gesù, ci conduce alla vita vera ed eterna. Meritano di essere sostenute e promosse le istituzioni cattoliche che tanto fanno nell’ambito sanitario e dell’assistenza, affinché siano sempre più esemplari nel coniugare innovazione e la competenza scientifica con l’attenzione primaria alla persona e alla sua dignità. Di particolare rilevanza è poi la missione dei cappellani, che nelle corsie degli ospedali incontrano e sostengono spiritualmente le persone malate, facendo sentire loro la presenza affettuosa e confortatrice del nostro unico Salvatore Gesù Cristo. Di fronte poi alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all’eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale.
Cari Fratelli Vescovi italiani, nel corso dei lavori della vostra Assemblea, farete speciale memoria del quarantesimo anniversario dalla conclusione del Concilio Vaticano II. Mi unisco di tutto cuore a voi in questa commemorazione, in attesa della celebrazione, che farò io stesso il prossimo 8 dicembre, del dono straordinario che la Chiesa e l’umanità hanno ricevuto attraverso il Concilio. Desidero dirvi inoltre che apprezzo grandemente il puntuale discernimento e l’impegno unitario con cui aiutate le vostre comunità e l’intera nazione italiana ad agire sempre per il vero bene delle persone e della società. Vi incoraggio a proseguire su questa strada con serenità e coraggio, per offrire a tutti la luce del Vangelo e le parole di Colui che è via, verità e vita (cfr Gv 14, 6) per noi e per il mondo.