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Messaggio ai Cappellani militari
Nei giorni 25 e 26 marzo si tiene in Vaticano un Corso internazionale di formazione dei cappellani militari cattolici al diritto umanitario, organizzato congiuntamente dalla Congregazione per i Vescovi, tramite il suo Ufficio centrale di coordinamento pastorale degli Ordinariati Militari, e dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Partecipano 41 cappellani militari, in rappresentanza di 34 Ordinariati sui 37 esistenti nel mondo. Si tratta della prima iniziativa del genere, maturata per assolvere l’impegno preso dalla Santa Sede, in occasione della XXVII Conferenza internazionale della Croce Rossa (Ginevra, 1999), di promuovere un’appropriata formazione dei cappellani militari affinché siano in grado di concorrere all’effettivo rispetto delle regole umanitarie disposte dagli strumenti giuridici internazionali in vigore.
Ecco il testo del Messaggio che Giovanni Paolo II ha inviato ai Cappellani militari in occasione di questo Corso di formazione:
Carissimi Cappellani militari!
1. Sono lieto di inviarvi il mio saluto in occasione del Corso di formazione al diritto umanitario, organizzato congiuntamente dalla Congregazione per i Vescovi e dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Desidero esprimere il mio compiacimento per la cura con cui i due Dicasteri hanno da lungo tempo preparato tale incontro, in conformità all’impegno assunto dalla Santa Sede durante la XXVII Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (1999).
Desidero, inoltre, ringraziare in particolar modo gli esperti, così qualificati, i quali hanno voluto offrire generosamente l’ausilio della loro apprezzata competenza per il buon esito del Corso.
Quasi tutti gli Ordinariati Militari hanno inviato i loro rappresentanti al Corso: è una prova del valore dell’iniziativa, che vuole essere un chiaro segno dell’importanza che la Santa Sede attribuisce al diritto umanitario, quale presidio della dignità della persona umana, anche nel tragico contesto della guerra.
2. E’ proprio quando le armi si scatenano che diventa imperativa l’esigenza di regole miranti a rendere meno disumane le operazioni belliche.
Attraverso i secoli, è andata gradualmente crescendo la consapevolezza di una simile esigenza, fino alla progressiva formazione di un vero e proprio corpus giuridico, definito come “diritto internazionale umanitario”. Tale corpus ha potuto svilupparsi anche grazie alla maturazione dei principi connaturali al messaggio cristiano.
Come ho avuto occasione di dire in passato ai membri dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario, il Cristianesimo “offre a questo sviluppo una base nella sua affermazione del valore autonomo dell’uomo e della sua preminente dignità di persona con una sua propria individualità, completa nella sua costituzione essenziale, e dotata di coscienza razionale e libera volontà. Anche nei secoli passati, la visione cristiana dell’uomo ha ispirato la tendenza a mitigare la tradizionale ferocia della guerra, in modo da assicurare un trattamento più umano per coloro che erano coinvolti nelle ostilità. Ha reso un contributo decisivo all’affermazione, sia da un punto di vista morale che in pratica, delle norme di umanità e giustizia che sono ora, in forma debitamente modernizzata e precisata, il nucleo delle nostre odierne convenzioni internazionali” (18 maggio 1982).
3. I cappellani militari, mossi dall’amore di Cristo, sono chiamati, per speciale vocazione, a testimoniare che perfino in mezzo ai combattimenti più aspri è sempre possibile, e quindi doveroso, rispettare la dignità dell’avversario militare, la dignità delle vittime civili, la dignità indelebile di ogni essere umano coinvolto negli scontri armati. In tal modo, inoltre, si favorisce quella riconciliazione necessaria al ripristino della pace dopo il conflitto.
Inter arma caritas è stata la significativa parola d’ordine del Comitato Internazionale della Croce Rossa fin dai suoi albori, eloquente simbolo delle motivazioni cristiane che ispirarono il fondatore di tale benemerito organismo, il ginevrino Henry Dunant, motivazioni che non andrebbero mai dimenticate.
Voi, Cappellani militari cattolici, oltre allo svolgimento del vostro specifico ministero religioso, non dovete trascurare di offrire il vostro contributo per un’appropriata educazione del personale militare ai valori che animano il diritto umanitario e ne fanno non solo un codice giuridico, ma anzitutto un codice etico.
4. Il vostro Corso viene a cadere in un’ora difficile della storia, quando il mondo si trova ancora una volta ad ascoltare il fragore delle armi. Il pensiero delle vittime, delle distruzioni e delle sofferenze provocate dai conflitti armati arreca sempre profonda preoccupazione e grande dolore.
Dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che la guerra come strumento di risoluzione delle contese fra gli Stati è stata ripudiata, prima ancora che dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla coscienza di gran parte dell’umanità, fatta salva la liceità della difesa contro un aggressore. Il vasto movimento contemporaneo a favore della pace – la quale, secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, non si riduce a una “semplice assenza della guerra” (Gaudium et spes, 78) – traduce questa convinzione di uomini di ogni continente e di ogni cultura.
In tale quadro, lo sforzo delle diverse religioni per sostenere la ricerca della pace è motivo di conforto e di speranza. Nella nostra prospettiva di fede, la pace, pur frutto di accordi politici e intese fra individui e popoli, è dono di Dio, che va invocato insistentemente con la preghiera e la penitenza. Senza la conversione del cuore non c’è pace! Alla pace non si arriva se non attraverso l’amore!
A tutti viene ora chiesto l’impegno di lavorare e pregare affinché le guerre scompaiano dall’orizzonte dell’umanità.
Con questi auspici, formulo voti che il Corso di formazione sia proficuo per voi, cari Cappellani, ai quali invio di cuore la Benedizione Apostolica, estendendola volentieri agli organizzatori, ai docenti ed ai collaboratori.
Dal Vaticano, 24 Marzo 2003