La tradizione cristiana è il codice culturale imprescindibile del nostro modo di essere al mondo, qui in Italia e in Occidente. Lo ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenendo al Meeting degli Insegnanti di religione (Idr). Si può rifiutare di essere cristiani, ha spiegato il relatore: è un atto di libertà di coscienza e di religione, un diritto fondamentale il primo di ogni essere umano; ma rifiutare di assimilare lo strumento fondamentale per vivere il proprio tempo, il proprio ambiente, inseriti nella propria storia, è un varco aperto verso l’alienazione e l’autodistruzione, e questo non è un diritto, ma una decisione insensata, i cui effetti non è difficile immaginare e vedere. Solo imparare a conoscere il proprio patrimonio culturale cristiano ha ammonito il segretario generale della Cei – abilita a decidere, in maniera umanamente responsabile, di prenderne eventualmente anche le distanze. Secondo Crociata, in particolare, è disumanizzante l’idea che per essere veri educatori bisogna essere neutrali, non avere convinzioni, non avere nulla da dire e da trasmettere. Avere idee, convinzioni, visioni ideali non è una minaccia per la libertà e l’autonomia, perché rispettare l’altro, specialmente colui che deve essere educato, non è nascondergli una scelta libera e una decisione per la verità, ma offrirgliela come una strada possibile.Il dramma a cui assistiamo, e forse partecipiamo, è che oggi in Italia e in Europa è possibile dirsi cristiani o farsi etichettare come tali senza volerlo o avere intenzione di esserlo per davvero: appartenere senza credere, secondo una appartenenza indistintamente sociologica, fatta di esteriorità sempre meno comprese e inesorabilmente abitate da altre presenze e orientamenti valoriali. A denunciarlo è stato mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenuto oggi al Meeting degli Idr. Smarrito il legame già esile tra convinzioni di coscienza e pratiche sociali e culturali ereditate l’ammonimento di Crociata non resta che il trascinamento più o meno subito o debolmente assecondato da correnti che omologano ogni soggettività stritolandola dentro meccanismi di alienazione consumistica o ideologica. Il caso peggiore ha proseguito il relatore – non è avere una idea sbagliata, ma non averne e non volere averne nessuna; o, ancora più in basso, far finta di averne, ma solo per convenienza, per calcolo, per empietà.Il segretario generale della Cei ha poi citato le due obiezioni più frequenti al primato del patrimonio cattolico nel nostro Paese: una prima dice come nella nostra tradizione non ci sia solo il cristianesimo; una seconda che fa leva sulla presenza ormai non solo irriducibile ma crescente di una pluralità di orientamenti, per un verso generatisi dentro la nostra stessa cultura e per altro verso provenienti dall’immigrazione di persone e gruppi sociali delle più diverse culture e religioni. Secondo Crociata, al contrario, proprio ambedue le circostanze impongono di conoscere la cultura cristiana, poiché questa non è solo una componente, ma una radice storica costitutiva, e quindi la condizione antropologica e lo strumento culturale privilegiato per riconoscere l’altro, il diverso, e per valorizzarlo, sia in rapporto alla storia da cui veniamo sia in presenza dei fenomeni contemporanei di immigrazione e di mescolamento di razze, culture, religioni.Sir