Vita Chiesa
Meeting di Rimini, card. Bassetti: «Triste quel Paese che non sa dare speranza ai propri figli»
Parlando del tema «Non fatevi rubare i sogni, sono il futuro», sullo sfondo dell’Esortazione post-sinodale Christus vivit, il porporato ha ricordato come «da ormai molti decenni, nel discorso pubblico, è usuale parlare dei giovani attraverso un linguaggio denso di retorica e buoni sentimenti, ma con poca attenzione alla vita concreta dei ragazzi e soprattutto con un discutibile senso di responsabilità verso di loro. Quando parlo di vita concreta mi riferisco ovviamente ad una vita piena in cui la dimensione spirituale ha un peso importante». Per il presidente della Cei «il desiderio di successo personale, di farsi dio di se stessi e di possedere somme ingenti di denaro rappresentano i grandi miti della nostra società. Oggi, molti giovani, condizionati da una società edonista che troppo spesso banalizza le amicizie e i rapporti umani, conducono una vita individualistica che non permette di apprezzare, fino in fondo, il senso del ‘vivere insieme’». È questo, secondo il card. Bassetti, «uno snodo decisivo: occorre restituire il significato profondo del concetto di relazione. Perché è solo attraverso la relazione con gli altri che un giovane può diventare parte di un corpo vivo: di una famiglia, di una comunità cittadina, di una scuola, di un’associazione e di una comunità ecclesiale». Così come lo è stata Paola Bonzi, la fondatrice del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli di Milano, da poco scomparsa, che, ha ricordato il card. Bassetti, «ha incarnato la dimensione della fede, la capacità di sognare e la capacità concreta di aiutare le giovani donne e i piccoli. È stata capace di ridare il sorriso alle mamme e di dare la vita a migliaia di bambini. A Paola che ha dedicato la sua vita interamente ai giovanissimi vorrei dire, a nome mio e della Chiesa italiana, grazie per tutto quello che hai fatto».
Rivalutare «la relazione con il corpo, le relazioni interpersonali e la relazione con il trascendente per restituire significato profondo al concetto di relazione», l’invito è del card. Gualtiero Bassetti. Nel suo intervento il cardinale ha parlato di tre dimensioni del concetto di relazione, «con il corpo, interpersonale, con il trascendente e con la Chiesa». Quella con il corpo «è la prima forma di relazione che abbiamo con noi stessi e poi con gli altri. La dimensione della corporeità è oggi una delle dimensioni più importanti e al tempo stesso più banalizzate dei giovani nel mondo contemporaneo. Il corpo oggi assume anche la carica drammatica delle guerre o delle morti di massa, come le morti dei migranti, trasmesse in video dai mass media». Un punto questo «su cui riflettere a fondo» ha sottolineato il presidente della Cei per il quale «è fondamentale ri-attribuire alla relazione con il corpo un significato autentico, combattendo ogni banalizzazione e ogni deriva ideologica». Altra questione «controversa» affrontata dal porporato è quella delle relazioni interpersonali tra i giovani».
Due gli aspetti sottolineati dal card. Bassetti: «la dimensione spersonalizzante di moltissimi giovani che vivono sia nelle grandi metropoli che nelle periferie abbandonate delle nostre città; la dimensione di amicizia superficiale e di solitudine delle giovani generazioni che quotidianamente vivono gran parte delle loro relazioni sul web attraverso i telefoni o i computer». «I numeri della pornografia su internet, per esempio, sono impressionanti e preoccupanti» ha denunciato Bassetti per il quale «non si può guardare con superficialità a queste problematiche. Occorre fornire una risposta alta e concreta, al senso di spaesamento che respirano i nostri giovani nelle città, e al senso di confusione e di permissivismo che vivono su internet». Infine, la relazione con il trascendente e con la Chiesa.
«Il rapporto tra i giovani e la Chiesa – ha detto il porporato – risente ovviamente del clima sociale ma è senza dubbio un rapporto complesso e non certo univoco: a tratti intenso, a volte intimo, spesso incostante e di breve durata». Il più delle volte, ha ravvisato, «ci troviamo di fronte dei giovani che hanno un ‘rapporto a tempo’ con la Chiesa: con l’arrivo dell’età adolescenziale questo rapporto in molti casi si incrina fino a rompersi. Spesso seguendo un percorso biografico comune, segnato da un rapporto con il corpo e con gli altri banalizzato, oppure perché scandalizzati dai peccati della Chiesa». «Tutto questo, ha concluso – ci deve far riflettere profondamente e porre più di un interrogativo come pastori, come famiglie e come laici. Mai come oggi, dunque, siamo chiamati ad essere Chiesa in uscita verso i giovani». Compito degli adulti è «saper annunciare ai nostri giovani che ogni vocazione è una chiamata d’amore, da vivere in pienezza e senza scorciatoie e compromessi. Senza cedere alle lusinghe effimere della società e senza inginocchiarsi ai falsi idoli del mondo. La vita vera è infatti una vita di incontro e non di divisione; una vita di carità e non di potere; una vita di amore e non di sentimenti».
«Ho la netta sensazione che il nostro Paese non riesca minimamente a valorizzare i talenti, le capacità e le attitudini dei nostri giovani – ha proseguito il presidente della Cei –. I giovani che io conosco – e che ho conosciuto in molti anni di sacerdozio – sono infatti giovani ricchi. Anzi, ricchissimi. Non di denaro ma di talenti. Nella maggioranza dei casi, però, questi talenti non vengono riconosciuti. Rimangono sepolti nel deserto o, forse dovrei dire, nella palude della nostra società». Il cardinale ha affermato che «in moltissimi casi ci troviamo di fronte a delle persone che vivono un profondo ‘non senso’ esistenziale perché non riescono ad intravedere il futuro. È triste quel Paese che non sa dare speranza ai propri figli! È triste quel Paese che non sa progettare il futuro, che non riesce a sanare le ferite della propria storia. In questi anni, ho incontrato e conosciuto moltissimi ragazzi che hanno voglia di mettersi in gioco, che hanno desiderio di mostrare le proprie capacità e di applicare quello che hanno studiato, ma hanno perso la speranza di trovare un ruolo e un posto in questa società avida e arida. Hanno perso cioè speranza di trovare un lavoro degno che non sia fatto solo di precarietà e umiliazioni quotidiane».
«L’incremento costante dell’emigrazione dei giovani italiani all’estero è un fenomeno di cui si parla poco sui media» ha denunciato il cardinale che ha ravvisato «lo sviluppo progressivo di una società vecchia e immobile. Vecchia non solo per l’età quanto per lo spirito. Uno spirito di corporazione e conservazione che fa sopravvivere consorterie e oligarchie, amicizie e spirito di clan». «Ai giovani e alle loro famiglie – ha concluso – oggi dico: ragazzi alziamoci, facciamolo insieme, senza paura, con coraggio e gioia pura. Perché, come ripete spesso Papa Francesco: ‘non lasciatevi rubare i sogni’; essi non sono pure evasioni, ma fondamento di un futuro tutto da creare con coraggio e con la forza dello Spirito».