Vita Chiesa
Mediterraneo, vescovi alla SS. Annunziata per parlare di Dalla Costa, don Facibeni, don Milani, don Barsotti.
“Giorgio La Pira non avrebbe potuto fare nulla se non fosse stato inserito in un tessuto sociale particolare come quello fiorentino”. Lo ha affermato lo storico Marco Giovannoni, parlando del venerabile cardinale Elia Dalla Costa. Dalla Costa, ha ricordato, “fu il primo a denunciare la contrarietà del vangelo alle dottrine razziste nazifasciste. Dalla Costa fu uomo vero e fedele a se stesso e a ciò che predicava, non lasciando spazio a ciò che di mondano la sua carica potesse prevedere. Nulla poteva intaccare la sua austerità. Fu un sacerdote giusto nel tempo dell’ira, l’autenticità è la fonte del coraggio di Dalla Costa, il coraggio di chi è piantato nelle cose vere. Così le porte sbarrate a Hitler a Firenze, nonostante una Firenze in tripudio. La sua fedeltà lo rese il Defensor Civitatis. La sua carità si fece rete clandestina per la salvezza di tante vite di persone ebree. Quando muore disse: riaffermo il mio amore per la diocesi di Firenze. Il segreto della categoria pastorale: l’amore per un popolo che di impara ad amare perché in esso si rispecchia l’amore di Dio”. “Senza di lui – ha concluso – il cattolicesimo sociale fiorentino non avrebbe potuto germogliare lui si è fidato del suo popolo, dei suo sacerdoti, della santità di La Pira. Ha così permesso un vangelo che entra nei processi, che sostiene realmente chi è in difficoltà e che si oppone alle ingiustizie”.
A don Vincenzo Russo, presidente della Madonnina del Grappa, il compito di ricordare il fondatore dell’Opera don Giulio Facibeni: “Non importa se ancora non sia giunto il riconoscimento ufficiale della sanità, se il processo per la canonizzazione è fermo in attesa del miracolo. La santità di don Facibeni è viva e concreta nella persona di tanti credenti: in essi, nelle loro vite e nel loro storie, il miracolo si è già compiuto. Fino alla sua morte si occupò di oltre 8 mila ragazzi, la sua fu una fede pratica. Don Giulio è stato anche uomo dell’incontro. “Ogni ragazzo, anche il più traviato, ha la sua intima tragedia che se saputo toccare segna la sua intima salvezza”. Tutti i suoi ragazzi erano individui e speciali, fu un padre che si fece fratello nel cammino e nella condivisione.
Don Agostino Ziino su Divo Barsotti: l’incontro con la pira fu fondamentale. Barsotti scrive sul suo diario: sono stato da la pira, ho visto Gesù e la santità. La sua anima vive di Dio. Fu la Pira stesso a chiedergli di lasciare Palaia e venire a Firenze. Testimone della fede più incisivo del nostro tempo che univa l’ardore del missionario e la tensione contemplativa, essenziali per giungere alla santità. La dimensione contemplativa del primato assoluto di Dio lo ha reso capace di saper leggere la storia, a volte con affermazioni difficili. La proposta di un monachesimo del cuore lo ha ricevuto dal cristianesimo orientale e dai santi russi. Per lui la chiesa diceva turbare a respirare a due polmoni