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Mediterraneo, Possieri ai vescovi: “Tra le sfide delle comunità religiose c’è la costruzione della pace”
Il professor Andrea Possieri, Università degli Studi di Perugia, ha introdotto la discussione dei vescovi del Mediterraneo riuniti stamani a Firenze. Le sfide delle comunità religiose sono "la convivenza sociale", la "libertà religiosa" e la "costruzione della pace".
Per il professor Possieri: “La prima sfida è quella della «convivenza sociale» o se vogliamo declinarla con le parole di papa Francesco potremo definirla come il «diritto alla fraternità e all’amicizia sociale». Come è possibile, oggi, realizzare la «città pluralista» di Maritain e di La Pira in un mondo in cui è in atto un processo centrifugo che sta incrinando i rapporti interpersonali? E ancora: se volessimo usare le parole degli storici e dei teologi che hanno riflettuto su questo tema dovremmo chiederci: «Dio è uscito dalle città?». La risposta non può che essere negativa ed è già stata elaborata nel 2011 dall’allora cardinal Bergoglio: «Dio vive nella città e la Chiesa vive nella città»15. La città, in altre parole, non rappresenta «la morte di Dio», tuttavia riflette la perdita di senso dell’uomo moderno e fa emergere le difficoltà della Chiesa nel raggiungere le periferie e le nuove polarità urbane. Per questo motivo, è fondamentale acquisire la consapevolezza di due fenomeni che, insieme, fanno sentire i loro effetti nella vita delle comunità religiose: la globalizzazione e la secolarizzazione”.
Inoltre una “seconda sfida per le comunità religiose nel mondo contemporaneo è quella della «libertà religiosa» un principio e un diritto fondamentale sancito nella Dichiarazione Dignitatis humanae, uno dei documenti più importanti del Concilio Ecumenico Vaticano II, e in molti altri testi successivi. L’esercizio del diritto alla libertà religiosa, un tema cruciale per i cattolici del Medio Oriente e del Nord Africa, non può non essere legato anche all’esercizio della cittadinanza attiva nel Paese in cui si vive, perché questo diritto è fortemente connesso «alla dignità di ogni persona umana e di ogni cittadino, a prescindere dalle origini, dalle convinzioni religiose e dalle scelte politiche»16. Purtroppo, però, secondo l’ultimo Rapporto sulla Libertà Religiosa nel Mondo, pubblicato da Aiuto alla Chiesa che soffre, questo diritto fondamentale viene leso in 1/3 dei Paesi della Terra, in cui vivono circa 5 miliardi e 200 milioni di persone, cioè 2/3 della popolazione del pianeta. Lo stesso rapporto indica, inoltre, che più di 646 milioni di cristiani vivono in Paesi in cui la libertà religiosa non viene rispettata”.
Poi la sfida della pace: “Nella direzione della fraternità universale, la terza sfida delle comunità religiose che è rappresentata dalla costruzione della pace nel mondo. La pace «si costruisce giorno per giorno», scrive Paolo VI21, non è data per acquisita una volta per tutte e non è mai un traguardo definitivo. Occorre lo sforzo quotidiano e incessante degli uomini e delle donne di buona volontà per raggiungere questo obiettivo decisivo: senza pace, infatti, è molto difficile organizzare la convivenza sociale nelle città ed esercitare il diritto alla libertà religiosa. Nella visione espressa da La Pira all’inizio di questa relazione, la costruzione della pace – che per il credente coincide sempre con l’adattare «le mura della città terrestre a quelle della Gerusalemme celeste» – trova nella Terra Santa il suo luogo principale d’azione. Oggi, però, accanto alla Terra Santa si segnalano molte zone di crisi nel Mediterraneo. Dopo la stagione delle cosiddette «primavere arabe» e la guerra civile in Siria, tutto il quadrante del Mediterraneo viene considerato una zona geopoliticamente instabile. E anche l’attuale crisi in Ucraina ha forti ripercussioni sul bacino Mediterraneo. Non solo per l’affollamento di navi e sottomarini militari che si dirigono verso il Mar Nero, ma perché questo bacino è solcato da un intreccio di gasdotti, oleodotti e cavi a fibra ottica che assegnano a questo mare una notevole rilevanza geo-economica: in particolar modo, soprattutto per quel che riguarda le risorse energetiche, petrolio e gas, che da sempre rappresentano un fattore di forte divisività e conflittualità tra le nazioni”.