di Romanello CantiniIl Sinodo per il Medio Oriente che si apre in questi giorni a Roma è il primo dedicato ad una realtà preziosa. Al Medio Oriente appartiene la prima comunità cristiana che ci ha dato il Vangelo raccontandoci del «suo» Gesù, andando in giro a cercare notizie del Risorto e conservando ciò che gli apostoli hanno narrato, cioè la cosiddetta Tradizione. Queste Chiese che risalgono tutte agli apostoli e che nonostante tutte le difficoltà si sono trasmesse seppure come minoranza per duemila anni rischiano oggi l’estinzione. L’integralismo islamico non concepisce la scelta religiosa come adesione personale, ma come caratteristica nazionale e non distingue fra Stato e Chiesa. Chi non aderisce alla religione dominante è appena tollerato, visto con sospetto o addirittura considerato come un traditore. Le guerre che hanno tormentato il Medio Oriente, in Palestina, nel Libano, in Iraq, hanno avuto per vittime soprattutto i cristiani con la loro messa al bando se non con la loro eliminazione.Considerati proiezione non solo religiosa, ma anche politica di un mondo occidentale odiato e talvolta anche combattutto i cristiani inutilmente possono ricordare la loro lealtà alla patria, la loro opposizione alle guerre e perfino il fatto che ormai i governanti dei paesi occidentali sono spesso sempre più laici se non anticristiani. I cristiani subiscono inoltre una pressione enorme dai mass media tutti ispirati alla cultura ufficiale e da una società in cui un matrimonio misto significa, ad esempio, non solo separare un cristiano dalla sua fede, ma anche di fatto dalla sua famiglia.Tuttavia il Sinodo non è dedicato ai rapporti con un mondo esterno difficile se non ostile. Riguarda in primo luogo le Chiese frantumatesi nei primi secoli per i noti motivi cristologici oggi in gran parte superati e quelle Chiese tornate poi a ricollegarsi con la Chiesa di Roma. Ci sono ancora tante Chiese cattoliche d’Oriente con gli armeni, i caldei, i melchiti, i siriaci, i copto-maroniti, i latini, non di rado in concorrenza fra loro e non sempre disposte a fondere e unificare i loro sforzi. Anche per questo bisogno di unità il Papa ha scelto per motto del Sinodo il brano degli Atti in cui si parla dei credenti che avevano «un cuore solo e un’anima sola».Per resistere in una situazione così dura è necessario prima di tutto confermare e rafforzare i cristiani che rimangono nella loro fede. Il documento preparatorio del Sinodo cita a questo fine il Vangelo di Matteo che ha dato da sempre forza anche ai martiri: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno…». Ma non ci si nascondono nemmeno le debolezze dei cristiani. Ci sono i cristiani profondamente credenti e coerenti. Poi ci sono i cristiani che si considerano deboli e isolati e che si mimetizzano nella massa e si nascondono dentro una loro fede solo intimista. Ci sono inoltre cristiani ormai conquistati dallo stile di vita dominante e in cui la tradizionale appartenenza sopravvive solo nelle pratiche esteriori. Non ci sono più cristiani che s’impegnano nella società e nella vita politica come è accaduto in passato con i grandi leader arabo-cristiani del movimento palestinese e del azionalimo egiziano e iracheno per non parlare del Libano.Ma non c’è solo da rivendicare una dignità di fede integrale, vissuta e manifestata in un mondo che spesso concede solo libertà di culto e tende ad abituare anche i cristiani rimasti al solo culto. Il Sinodo ricorda ora ai cristiani del Medio Oriente che proprio laddove i conflitti sono più aspri bisogna imparare e insegnare l’«amore per il nemico» e che proprio laddove ci si divide ad ogni angolo per religione, per clan familiari e per fazioni politiche bisogna vedere «il volto di Dio in ogni essere umano». Si chiede di cooperare e di accogliere tutti i cristiani non cattolici e i musulmani nelle scuole, negli ospedali, negli orfanotrofi, nelle case per anziani e disabili e di cercare il dialogo fra le diverse fedi sull’unico Dio, sulla pace, e sulla solidarietà come già accade nel «Consiglio interreligioso delle istituzioni religiose» che purtoppo rappresenta finora nel Medio Oriente l’unico tentativo di incontro fra ebrei, cristiani e musulmani.Non si tratta solo di dire banalmente di volersi bene. Il Medio Oriente non è solo il luogo dove la fede cristiana è nata ed ha imparato a camminare per andare in giro per il resto del mondo. È anche il luogo misteriosamente privilegiato e zeppo di interrogativi per la teologia della storia dove in un triangolo stretto fra tre città e tanto deserto sono nate le tre grandi religioni monoteistiche. Gerusalemme, considerata in passato proprietà di una sola religione, è oggi il luogo dove le tre religioni che credono in un solo Dio si toccano e dove per questo non possono far altro che scontrarsi o abbracciarsi. In questo senso Gerusalemme è oggi città della pace secondo il suo nome. Perché è da un’epoca ormai quasi immemorabile il luogo del mondo che da più tempo si aspetta la pace e il posto dove la pace si può e si deve fare anche per il resto del mondo. La Pira diceva che se c’è la pace fra ebrei, cristiani e musulmani ci sarà anche la pace sul pianeta perche tutti insieme i seguaci delle tre religioni sono la maggioranza della Terra.