Cultura & Società
Media e immigrati, calano sbarchi e notizie ma toni sempre ansiogeni
«La parola che ha aperto la strada al rifiuto senza precedenti delle autorità italiane di accogliere i naufraghi nei porti italiani», è la parola «pacchia». «Uno slogan, pura propaganda. In una sola frase c’è il corredo completo della mistificazione e della distorsione della realtà che la politica produce costantemente quando parla di migranti. Questa distorsione è la cifra del 2018». Lo rileva il sesto rapporto su media e immigrazione «Notizie in chiusura» realizzato dall’associazione Carta di Roma insieme all’Osservatorio di Pavia. Il rapporto, presentato oggi a Roma, prende in esame la carta stampata, i 7 telegiornali nazionali prime-time ma anche le pagine Facebook dei quotidiani.
No agli «spaventatori», sì alla verità sostanziale dei fatti. «Invasione è la parola che serve a rafforzare la decisione di fermare l’immigrazione chiudendo i porti, ma questa parola con la realtà ha poco a che fare. E sono i numeri a dirlo: dall’inizio dell’anno gli arrivi sono diminuiti dell’80% rispetto all’anno scorso (23.011 nei primi undici mesi)»: ricorda Valerio Cataldi, presidente dell’Associazione Carta di Roma, citando titoli surreali come: «Gli sbarchi non danno tregua ma quest’anno sono l’80% in meno». Cataldi chiama questa categoria «spaventatori» anziché giornalisti, perché «fanno un mestiere che viola costantemente le regole base dell’informazione, le regole deontologiche e, soprattutto, la ricerca della verità sostanziale dei fatti». Il Washington Post, ad esempio, per arginare il presidente Trump che non vuole giornalisti che fanno domande ma giornalisti che rilanciano i suoi tweet e i suoi messaggi aggressivi, ha proposto di «evitare di ripetere le bugie della politica. Evitare di metterle nei titoli, nei lead o nei tweet. Perché è proprio questa amplificazione che dà loro potere». Carta di Roma rilancia quindi l’appello ai direttori di giornali e telegiornali perché «le parole possono trasformare la realtà e la responsabilità è anche, e forse soprattutto, di chi scrive e riproduce quelle parole».
La stampa: meno notizie ma più rassicuranti. Sui quotidiani emerge, nel 2018, una riduzione delle notizie dedicate all’immigrazione sulle prime pagine dei giornali (-17% rispetto al 2017 e del 38% rispetto al 2015) e dei toni allarmistici della stampa: circa un quarto delle notizie (24%) ha toni allarmistici nel 2018, una riduzione di 22 punti rispetto all’anno precedente, che aveva registrato il 46% di titoli dai toni allarmistici. I titoli rassicuranti sono invece passati dal 5% del 2017 al 12% del 2018. I due quotidiani che hanno dedicato più notizie al tema immigrazione nel 2018 sono Avvenire (251) e Il Giornale (190), due testate che confermano, con tagli divergenti, un interesse spiccato per il tema.
Avvenire è il quotidiano che accoglie il maggior numero di notizie rassicuranti (21%). Il Giornale è la testata con più toni allarmistici (52% di notizie) e con il numero minore di notizie rassicuranti (5%). Calano drasticamente invece gli editoriali sul tema immigrazione: nel 2017 erano il 3% delle notizie, nel 2018 sono solamente lo 0,2%. Un filo conduttore nei sei anni analizzati è quello dell’emergenza permanente, con un lessico di «crisi infinita», endemica, che muta nel tempo e dilaga dalla cronaca al dibattito politico, interno all’Italia e tra istituzioni europee.
«Nel 2018, la parola simbolo è Salvini, protagonista di 865 titoli, la cornice muta in crisi valoriale, per l’inasprirsi del confronto politico europeo e lo sfaldamento del tessuto condiviso di valori comunitari». Fra le principali mutazioni lessicali, negli anni ci si sposta dal termine immigrato a migrante, che connota l’azione del migrare di soggetti in perenne movimento, per lo status di attesa (di permessi umanitari) e di transito (verso altre mete). L’appellativo denigrante «clandestino» permane nel lessico dei titoli, 1.257 volte nel periodo esaminato. Dal 2013 al 2016, l’uso del termine è calato, dal 2017 si registra invece un’inversione di tendenza con un incremento che prosegue nel 2018.
L’uso di altri termini inappropriati, come nomadi, zingari, vucumprà e negri, si è invece ampiamente ridotta nel corso degli anni.
Ampio spazio nei Tg di prima serata. Migrazioni e immigrati hanno avuto ampio spazio nelle edizioni del prime-time dei telegiornali delle sette reti generaliste italiane (Tg1, Tg2, Tg3, Tg4, Tg5, Studio Aperto e TgLa7). Nel 2018 la visibilità del fenomeno rimane molto elevata, 4.068 notizie in 10 mesi, 300 in più rispetto allo stesso periodo del 2017; guardando all’agenda complessiva dei notiziari, è presente nel 10% dei servizi (fino al 2016 il valore si attestava intorno al 5%).
Il 43% delle notizie ha un riferimento esplicito a una dichiarazione o a un’azione politica. Nel 2018, a differenza degli anni precedenti, la dimensione securitaria prevale su quella della criminalità. In 6 servizi su 10 si parla di controlli alle frontiere, verifiche della regolarità dei permessi di soggiorno e dei documenti, proposte per l’applicazione di misure più restrittive in merito alla concessione del diritto di asilo per motivi umanitari, operazioni «spiagge sicure» e «strade sicure». Immigrati, rifugiati e richiedenti asilo hanno voce, nei notiziari del 2018, nel 16% dei servizi relativi all’immigrazione. Un dato in controtendenza rispetto alle rilevazioni degli anni precedenti (7% nel 2017). Il guaio è che sono protagonisti soprattutto in due contesti: le aggressioni e gli attacchi di matrice razzista, il caporalato e lo sfruttamento lavorativo.
Il flusso di (in)coscienza su Facebook. Secondo il rapporto qui «le sfide per i giornali sono molteplici, sia dal punto di vista organizzativo, con le difficoltà e i costi per le redazioni di una moderazione puntuale dei commenti postati» sia «di tipo etico, con la tensione tra la tutela della libertà di espressione da un lato e il contrasto alle manifestazioni d’odio dall’altro».