Cultura & Società
Mattarella: “Ogni atto contro l’informazione è eversivo”
Nel discorso alla stampa parlamentare in occasione della tradizionale cerimonia del Ventaglio, il Capo dello Stato ha usato parole forti e impegnative sulla libertà d’informazione
“Ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica”. Nel discorso alla stampa parlamentare in occasione della tradizionale cerimonia del Ventaglio, Sergio Mattarella ha usato parole forti e impegnative sulla libertà d’informazione. Parole che nel contesto attuale e in riferimento alle cronache degli ultimi tempi acquistano un peso specifico di particolare rilevanza nel tratteggiare la “funzione di carattere costituzionale” e il “ruolo democratico decisivo” che i giornalisti sono chiamati a svolgere.
“Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti – ha ricordato il Capo dello Stato – ma l’informazione è esattamente questo. Come anche a Torino, nei giorni scorsi. Documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati. Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Canale di partecipazione e appello alle istituzioni”.
Principi che fanno parte della storia delle nostre democrazie ma che vanno applicati anche alla situazione determinata dall’evoluzione tecnologica, nel momento in cui “ai giornali, alla stampa, alla radio e alle tv, si sono affiancate oggi le piattaforme digitali, divenute principali responsabili della veicolazione di contenuti informativi”. A fronte di questi sviluppi, ha sottolineato Mattarella, “appare singolare che a un ruolo così significativo corrisponda una convinzione di minori obblighi che ne derivano, con una tendenza, del tutto inaccettabile, dei protagonisti a sottrarvisi”. Di qui la “responsabilità della Repubblica e dell’Unione europea” nell’assicurare che “i valori del pluralismo si affermino anche nei nuovi ambiti e si creino le condizioni per accompagnare la transizione in atto”.
Sollecitato dall’intervento introduttivo del presidente della stampa parlamentare, Adalberto Signore, il Capo dello Stato si è soffermato sui grandi temi dell’attualità internazionale, a cominciare dall’Ucraina e dal Medio Oriente. “Spinge a grande tristezza vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie, che andrebbero, ben più opportunamente, destinate a fini di valore sociale”, ha rilevato Mattarella. Ma la responsabilità di questo processo distorto – sono ancora parole del presidente della Repubblica – incombe su “chi aggredisce la libertà altrui” e non su “chi difende la propria libertà”. Qui il Capo dello Stato ha richiamato le fasi che portarono allo scoppio della seconda guerra mondiale per argomentare che “l’Italia, i suoi alleati, i suoi partner dell’Unione, sostenendo l’Ucraina difendono la pace, affinché si eviti un succedersi di aggressioni sui vicini più deboli” che “anche in questo secolo” condurrebbero “a un’esplosione di guerra globale”. In parallelo, ha sottolineato Mattarella, “avvertiamo indispensabile adoperarsi – in Ucraina come tra Israele e Palestinesi – per la fine della guerra, per chiudere queste piantagioni di odio, che le guerre rappresentano anche per il futuro”.
Una “sub-cultura che si ispira all’odio” è anche alla radice di drammatici episodi che il presidente della Repubblica ha rievocato a partire dall’attentato a Trump, così come di un “crescente antisemitismo”, di un “aumento dell’intolleranza religiosa e razziale”, che “hanno superato il livello di guardia”. Un odio che viene spesso alimentato sul web da quelli che Mattarella ha definito “apprendisti stregoni” e che va non soltanto condannato in maniera “ferma” e “intransigente” ma “concretamente contrastato con rigore e severità”. In un tempo di grandi tensioni e insicurezze, ha aggiunto il presidente, molti “si sentono disorientati, forse indifesi” e “rischiano di cadere nella rete ingannevole di chi fa credere che la soluzione sia semplice: tornare a un’epoca dorata che non c’è più (se pur mai c’è stata). E che non ci sarà più. Perché la storia cammina, i cambiamenti non si possono fermare, il tempo non torna indietro”.
A proposito delle prossime elezioni americane, Mattarella ha ringraziato Biden per il ruolo svolto e ha raccomandato che il posizionamento dell’Italia avvenga “in base a quel che risponde al rispetto del nostro interesse nazionale e dei principi della nostra Costituzione”.
Quanto al dibattito interno sulle riforme, il Capo dello Stato ha ribadito di doversi muovere sul piano generale, come avvenuto nel discorso alla Settimana Sociale di Trieste. Sul sistema elettorale – ha spiegato – il suo riferimento in quella sede muoveva dalla preoccupazione per l’astensionismo e spingeva a chiedersi se una delle sue ragioni non fosse “la disaffezione provocata dalla percezione dalla eccessiva limitazione delle scelte effettivamente affidate agli elettori”. L’occasione dell’incontro con la stampa parlamentare è stata invece colta da Mattarella per un doveroso affondo sulla mancata elezione del quindicesimo giudice costituzionale. “Si tratta di un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento, proprio quella istituzione che la Costituzione considera al centro della vita della nostra democrazia”, ha detto il presidente con parole di voluta gravità, invitando “con garbo ma con determinazione” a provvedere alla designazione del giudice che manca addirittura dal novembre dello scorso anno.
L’ultimo passaggio del suo discorso il Capo dello Stato lo ha riservato alla questione delle carceri, sulla scorta di una lettera ricevuta da alcuni detenuti in cui si descrivono “condizioni indecorose per un Paese civile qual è e deve essere l’Italia”.
“Il carcere – ha affermato Mattarella – non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, non va trasformato, in questo modo, in palestra criminale. Vi sono, in atto, alcune, proficue e importanti, attività di recupero attraverso il lavoro. Dimostrano che, in molti casi, è possibile un diverso modello carcerario. È un dovere perseguirlo. Subito, ovunque”.