Vita Chiesa
Maternità surrogata: Comece, rischio bambini fabbricati e venduti come prodotti
Il documento, intitolato «Avis sur la gestation pour autrui. La question de sa regulation au niveau européen ou international» e illustrato da Patrick Verspieren (Centre Sèvres), premette che la maternità surrogata (Gpa) è in piena espansione in California, India, Thailandia, Ucraina, Russia. Gli Stati membri Ue riprovano invece ogni forma «commerciale» di gestazione per conto terzi, ma non esiste una regolamentazione comune. Secondo uno studio comparativo dell’Europarlamento, il Regno Unito ammette un compenso «ragionevole» di 4-5mila euro alla madre surrogata. Degli altri Paesi (lo studio è del maggio 2013 e precede di due mesi l’ingresso della Croazia), sette vietano completamente la Gpa, sei la proibiscono parzialmente, dodici non dispongono di alcuna normativa.
«Diversi giudici – si legge nel parere – riescono tuttavia a trovare accorgimenti giuridici (International Surrogacuy Arrangements) che garantiscano al bambino nato con la Gpa commerciale l’affiliazione ai cosiddetti ‘aspiranti genitori’». Eppure, secondo la Comece, «per la strumentalizzazione del corpo della ‘mère porteuse‘, l‘intrusione nella sua vita personale, la negazione delle relazioni intrauterine tra la donna incinta e il bambino che essa ha in sé, lo sfruttamento delle donne vulnerabili e più povere» a favore di coppie o di singles ricchi, la maternità surrogata «costituisce una pratica che attenta gravemente alla dignità umana», di cui sono vittime le madri surrogate ma anche i neonati, considerati come «prodotti».
Una «reificazione del bambino», sostengono gli autori del parere, che «contraddice l’affermazione della dignità umana, chiave di volta della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e viola ‘il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro’» (art.3). Non esiste un «diritto al figlio», e va considerata seriamente la questione dello status giuridico dei bambini nati nell’ambito degli International Surrogacuy Arrangements. Spesso, al rientro nel Paese di residenza, soprattutto se al suo interno vige il divieto di Gpa, gli «aspiranti genitori» non vengono riconosciuti come genitori legali del bambino.
Diversi rapporti commissionati dal Parlamento europeo chiedono di stabilire «norme comuni di diritto internazionale», si legge nel documento della Comece sulla maternità surrogata presentato oggi a Bruxelles, di instaurare all’interno dell’Ue un «riconoscimento reciproco delle sentenze» in materia di affiliazione legale e, in prospettiva, l’elaborazione di una convenzione internazionale.
Da tenere in conto anche la riflessione della Conferenza de L’Aia di diritto internazionale privato (aprile 2014). Il dibattito «non può limitarsi al fatto compiuto del mercato della ‘maternità surrogata’ e del correlato sviluppo del ‘turismo procreativo’». Gli Stati Ue ritengono «inaccettabile» la commercializzazione del corpo della donna e del bambino e, «di conseguenza», la Gpa. Su questo punto, per la Comece, «un accordo sembra dunque possibile».
La ricerca di regole comuni e di prassi giudiziarie analoghe «potrebbe iniziare – secondo il corposo parere espresso dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea sulla maternità surrogata – con una rigorosa applicazione» di questo principio, e quindi «con la valutazione della fattibilità del rifiuto della trascrizione degli atti di nascita o del riconoscimento delle decisioni giudiziarie dei Paesi di nascita in caso di versamento di compensi diversi dal semplice rimborso delle spese effettivamente sostenute dalla madre surrogata». La questione cruciale, concludono gli estensori del testo, è «se vogliamo istituire una società in cui i bambini siano fabbricati e venduti come prodotti», con le conseguenze umane, giuridiche e sociali che ne derivano.