Massa Marittima Piombino

Massa Marittima-Piombino: Quaresima, tempo di pellegrinaggio, il messaggio del vescovo Ciattini

Pubblichiamo il messaggio che il vescovo rivolge in occasione dell’inizio della Quaresima

Carissimi fratelli e sorelle,

in questo anno giubilare ci è dato di riscoprire il pellegrinaggio, che il santo Padre ha voluto coniugare con la parola speranza. Scrive, infatti, papa Francesco nella bolla di indizione spes non confundit: «Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. (…) Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza. La parola di Dio ci aiuti a trovarne le ragioni» (n. 1).

La Quaresima diviene in questo Anno Santo, il tempo privilegiato per noi cristiani di un pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della speranza. È la sua presenza, infatti, che accompagna il cammino di ciascuno di noi attraverso i deserti della nostra miseria, delle nostre fragilità, delle nostre paure e angosce, un cammino di liberazione nella speranza. E non potrebbe essere diversamente.

Sappiamo bene come il tentatore ci suggerisce di disperarci o di riporre una speranza illusoria nell’opera delle nostre mani. Guai a noi se cadiamo in questa illusione: una speranza che degenerata in illusione diviene padrona dei nostri giorni; uno spadroneggiare che ci rende schiavi, pregiudica le nostre relazioni lasciandoci in una solitudine nemica della pace e della vita. Veramente, non dobbiamo arrenderci al «padrone del mondo»; dobbiamo combattere la buona battaglia sapendo che il Signore è con noi e per noi. O non è forse la Quaresima il tempo favorevole che ogni anno viene a ricordarci e a prepararci a questo combattimento? A suggerire a tutti noi le armi della preghiera, del digiuno e della penitenza? Del resto sono queste le armi adatte per combattere ogni forma di egoismo e di odio. Come ci suggerisce l’itinerario ascetico cristiano di ogni tempo e di ogni discepolo di Gesù, è una sorta di morire a se stessi per vivere in Dio. Morire a se stessi, è un combattere per ritrovare il Signore e i fratelli.

Come scrive il Papa nel medesimo documento, «nell’anno giubilare siamo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio» (n. 10). O non è forse l’Anno Santo un richiamo antico ad invocare clemenza e liberazione affinché ogni uomo possa ripartire, ricominciare, quasi rinascere?

«”Dichiarerete Santo il 50º anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti” (Lv 25,10). Isaia riprende poi quanto stabilito dalla Legge Mosaica: “Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore” (Is 61, 1-2)» (n. 10).

Veramente le opere di carità verso i fratelli diventano meravigliosi percorsi spirituali, insieme alla preghiera, al digiuno e alla penitenza per il nostro ritornare, per la nostra conversione.

Quaresima, dunque, è un tempo che ci invita a fermarci per incontrare Dio e noi stessi, condizione per un incontro vero con ogni altro uomo. Quaresima, è un tempo santo perché il nostro vagare divenga pellegrinaggio, e i nostri passi abbiano una sicura meta che ci permette di ritrovare un riferimento fuori di noi, sempre così autocentrati fino a perdere o a pregiudicare ogni sano e umano equilibrio.

Carissimi fratelli e sorelle, il segno penitenziale delle Ceneri, che riceveremo sul capo all’inizio del nostro itinerario quaresimale ci dice del nostro essere creature fragili, tratte dalla terra e destinate alla terra, ma anche fatte ad immagine di Dio e destinati a lui. «Polvere, sì, ma amata, plasmata dal suo amore, animata dal suo soffio vitale, capace di riconoscere la sua voce e di rispondergli; libera e, per questo, capace anche di disobbedirgli, cedendo alla tentazione dell’orgoglio e dell’autosufficienza. Ecco il peccato, malattia mortale entrata ben presto ad inquinare la terra benedetta che è l’essere umano. Creato ad immagine del Santo e del Giusto, l’uomo ha perduto la propria innocenza ed ora può ritornare ad essere giusto solo grazie alla giustizia di Dio, la giustizia dell’amore che – come scrive San Paolo – “si è manifestata per mezzo della fede in Cristo” (Rm 3,22)» (BENEDETTO XVI , Omelia, Basilica di santa Sabina, 17. II. 2010).

Signore e Sovrano della mia vita,
non darmi uno spirito di pigrizia,
di scoraggiamento, di dominio e di vana loquacità!
Concedi invece al tuo servo uno spirito di castità,
di umiltà, di pazienza e di carità.
Sì, Signore e Sovrano,
dammi di vedere le mie colpe
e di non giudicare mio fratello;
poiché tu sei benedetto nei secoli dei secoli.
Amen
                                                            Sant’Efrem il Siro.

Un caro augurio di ogni bene e pace forti nella speranza.

+ Carlo, vescovo