Vita Chiesa
Mass media: un rinnovato impegno per i cattolici
«Nella società moderna si legge nel testo i mezzi di comunicazione sociale hanno un ruolo di singolare importanza nell’informazione, nella promozione culturale e nella formazione. Tale ruolo cresce in rapporto ai progressi tecnici, alla ricchezza e alla varietà delle notizie trasmesse, all’influenza esercitata sull’opinione pubblica. L’informazione attraverso i mass media è al servizio del bene comune. La società ha diritto ad un’informazione fondata sulla verità, la libertà, la giustizia e la solidarietà».
Dopo aver citato l’Inter mirifica del Concilio Vaticano II, il Catechismo afferma che i mezzi di comunicazione sociale «possono generare una certa passività nei recettori, rendendoli consumatori poco vigili di messaggi o di spettacoli. Di fronte ai mass media i fruitori si imporranno moderazione e disciplina. Si sentiranno in dovere di formarsi una coscienza illuminata e retta, al fine di resistere più facilmente alle influenze meno oneste».
La parte finale del paragrafo precisa meglio perché il discorso sui mezzi di comunicazione sociale sia inserito nell’ottavo comandamento: «Nulla può giustificare il ricorso a false informazioni per manipolare, mediante i mass media, l’opinione pubblica. Non si attenterà, con simili interventi, alla libertà degli individui e dei gruppi».
Pio XII, ad esempio, nel 1947 riferiva della radio come di una meraviglia dell’intelligenza a servizio dell’uomo; nel ’55 parlava dello straordinario potere del cinema nella società contemporanea: nello stesso anno definiva l’appena nata televisione uno strumento di informazione e di formazione.
In precedenza, riferimenti ai mass media erano stati fatti anche in documenti ufficiali come l’enciclica Vigilanti Cura del 1936 e, successivamente, nella Miranda prorsus (1957) e nella Boni pastoris (1959). Ma è con il Concilio Vaticano II che si ha il primo documento disciplinare sui mezzi di comunicazione sociale, la rammentata Inter mirifica («Tra le meravigliose invenzioni»).
L’elaborazione dell’Inter mirifica iniziò nel 1960 (e qui le date sono importanti), ovvero appena sei anni dopo l’inizio delle trasmissioni regolari da parte della tv (il primo giorno di programmazione «regolare e ufficiale» della televisione in Italia era stato il 3 gennaio 1954). Nel 1960 esistevano a malapena il Nazionale e il Secondo. Le radio locali sarebbero nate dieci anni dopo. Le tv private erano di là da venire; per non parlare dei grandi network apparsi soltanto all’inizio degli anni ’80. L’Inter mirifica fu promulgata il 4 dicembre 1963.
Ad oltre 40 anni dalla pubblicazione di quel documento «appare a giudizio del Papa quanto mai opportuno tornare a riflettere sulle sfide che le comunicazioni sociali costituiscono per la Chiesa, la quale, come fece notare Paolo VI, si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi. La Chiesa, infatti, non è chiamata soltanto ad usare i media per diffondere il Vangelo ma, oggi più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella nuova cultura che i potenti strumenti della comunicazione creano ed amplificano. Essa avverte che l’uso delle tecniche e delle tecnologie della comunicazione contemporanea fa parte integrante della propria missione nel terzo millennio».
Particolare attenzione, la «Lettera» la dedica alla comunicazione telematica precisando, però, che «a fianco di internet vanno utilizzati altri nuovi media e verificate tutte le possibili valorizzazioni di strumenti tradizionali. Quotidiani e giornali, pubblicazioni di varia natura, televisioni e radio cattoliche rimangono molto utili in un panorama completo della comunicazione ecclesiale».
Ha aperto i lavori mons. Giuseppe Betori, Segretario generale della Cei, che ha sottolineato alcuni punti importanti dell’impegno pastorale della Chiesa in questo ambito negli ultimi 10 anni a partire dal Convegno ecclesiale di Palermo. «Sono profondamente convinto ha detto Betori che, attraverso il lavoro della Comunicazione sociale e del Progetto culturale, la Chiesa possa dare una risposta forte, incisiva, vera alla domanda di cultura espressa dall’uomo; una parte importante della nostra testimonianza per l’evangelizzazione passa attraverso questo grande impegno. Mi preme ha continuato il segretario della Cei evidenziare tre caratteristiche fondamentali dell’animatore della comunicazione e della cultura: in primo luogo il sentire ecclesiale, sia dal punto di vista del suo essere espressione della sensibilità della comunità ecclesiale su queste tematiche, sia del suo farsi interprete di uno slancio missionario che porta la Chiesa tutta verso le nuove frontiere dell’evangelizzazione. Un secondo elemento è legato al contributo che ci si attende da questa figura, potremmo sintetizzare la finalità del suo operare nel ridare spessore culturale all’annuncio del Vangelo. Un terzo fattore che deve segnare l’operato dell’animatore della comunicazione e della cultura è la sua capacità di sviluppare uno slancio innovativo e una capacità creativa, rivitalizzando tanti segmenti dell’impegno attuale della comunità ecclesiale sul versante dei media e delle iniziative culturali».
Grande spazio è stato poi dato negli incontri delle tre giornate al forte rilancio della stampa cattolica sia a livello nazionale con Avvenire, sia a livello regionale e locale con i tanti periodici esistenti sul territorio. Si nutrono grandi speranze, con l’imminente arrivo del digitale terrestre, per una crescente attenzione nei riguardi della rete televisiva Sat 2000 che con il circuito radiofonico InBlu costituisce una importante presenza in altri due fondamentali settori del mondo mediatico. Tanti sono stati gli interventi di persone provenienti da parrocchie, piccole e grandi, sparse su tutto il territorio nazionale che hanno raccontato alla platea la propria esperienza fatta a volte di interessanti «intuizioni» che hanno favorito l’apertura di nuovi canali informativi.
Mons. Francesco Cacucci, presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, ha elogiato il grande lavoro di tessitura e coordinamento svolto in questi anni dai responsabili dei due settori, mons. Claudio Giuliodori e il prof. Vittorio Sozzi, lasciando poi la parola nella parte finale del convegno a mons. Gianfranco Ravasi che ha concluso con alcune riflessioni: «Dobbiamo fare attenzione ad alcuni segnali di questa nostra epoca. Sono aumentati i mezzi per comunicare ma stranamente ad un fiorire di antenne sui tetti è anche corrisposto una maggiore chiusura delle nostre porte. Bisogna stare attenti ad un crescente relativismo che si fa largo grazie anche ad una disordinata gestione dell’enorme quantitativo di informazioni oggi disponibili. La comunicazione deve tener conto dell’importanza dei linguaggi, bisogna impegnarsi per un dialogo continuo ma al tempo stesso mantenere la propria identità, con coerenza e coraggio, evitando nella testimonianza timidezze, superficialità e omissioni».
Lettera apostolica «Il rapido sviluppo»
CHIESA E MEDIA: MONS.FOLEY, SI’ A CATTOLICI CONSUMATORI CRITICI E CREATIVI