Vita Chiesa

MASS MEDIA: MONS. PLOTTI, PER LA RAI SÌ AL PLURALISMO, NO ALLA LOGICA DEL VARIETÀ

Le “attese” dei vescovi per la Rai sono che la tv di Stato “sia un servizio veramente pubblico, che risponda alla pluralità delle sensibilità e alle diverse esigenze degli utenti”. A dichiararlo è stato oggi mons. Alessandro Plotti, arcivescovo di Pisa e vicepresidente della Cei, nel corso della seconda conferenza stampa della 50ª Assemblea generale dei vescovi italiani, che si concluderà domani a Collevalenza.

Interrogato dai giornalisti sulle dimissioni di due consiglieri della Rai, Donzelli e Zanda, Plotti ha commentato: “Se le dimissioni sono in funzione di una maggiore presa di posizione in favore della pluralità dell’informazione e per la difesa del carattere pubblico del servizio, mi sembrano importanti”. “La televisione commerciale – ha aggiunto il vescovo – è molto diversa da quella pubblica: se pago il canone, ho diritto di chiedere che la tv risponda anche alle mie esigenze di cittadino”. In passato, ha ricordato Plotti, “è stato avanzato qualche dubbio sulla pluralità del servizio pubblico”: l’auspicio dei vescovi è che la Rai “sia un servizio serio, affinché tutti possano avere voci. Altrimenti non è più un servizio pubblico, ma lottizzato”. Un compito “difficile”, questo, ha riconosciuto Plotti, “perché la Rai, a seconda della logica dominante, ha avuto sempre un orientamento”: ma “in un servizio pubblico che ha il dovere di assicurare un’informazione non manipolata”, ha aggiunto, “tutte le voci dei cittadini hanno diritto di essere rappresentate”.

Il vicepresidente della Cei ha espresso anche un giudizio sull’attuale panorama dei media, la cui “logica dominante” è la “logica del varietà”, in cui “tutto è finzione. Pochissime trasmissioni – ha osservato – sono capaci di riportare i problemi della gente per un dibattito serio: i grandi dibattiti sono centrati sulla spettacolarità, dove tutti hanno ragione o torto, e la gente si diverte a vedere tali schermaglie”. Secondo i vescovi, quindi, la tv deve “tornare alla realtà delle cose, e non spingere sulla realtà virtuale. Una vita, come quella propagata dalla televisione, basata su fortune facili, su rapporti personali banali e molto effimeri, crea un costume Sir