Cultura & Società
Marco Papeschi e il «sogno» dell’Accademia del musical
di Claudio Turrini
«L’ Accademia non è un punto d’arrivo. È l’inizio del sogno di una vita». Marco Papeschi, 45 anni, violinista (nella foto di Silvano Silvia in mezzo ai giovani di uno stage musicale), si infiamma a parlarne. Dopo due decenni di didattica musicale con ragazzi e adolescenti, soprattutto attraverso gli «stage» estivi, sotto l’egida della Scuola di Musica di Bertinoro, che ha guidato fino all’agosto scorso, sente che i tempi sono maturi per una nuova avventura. «Chi è di scena» la rassegna di teatro musicale che anche quest’anno ha coinvolto 15 scuole e oltre 900 alunni dell’area fiorentina, diventa anche un’Accademia di teatro musicale, con sede al Saschall di Firenze. Il sogno è quello di «una scuola ci spiega che abbia al suo interno un normale percorso curricolare, dalle elementari alla maturità e che sia però costellata di una serie di attività orientate al mondo dell’arte e del teatro». In modo che il giovane «nel momento in cui arriva alla maggiore età abbia le idee un po’ più chiare su quello che vuol fare da grande. E anche delle competenze specifiche». Per questo si studierà tre volte a settimana canto, danza e recitazione. Ci saranno anche corsi di strumento, «ma non è l’ennesima scuola di musica che nasce a Firenze», mette subito le mani avanti, «perché non avrebbe senso. Saranno corsi di strumento fortemente mirati al teatro musicale, di ensemble, per poi suonare sulla scena». E poi «si studieranno anche tanti altri aspetti che ruotano attorno al palcoscenico: la scenografia, le luci, la fonica Perché uno da grande potrebbe anche voler fare il macchinista, o il tecnico di luci… E chi glielo insegna?».
Com’è nata questa idea?
«Da un paio d’anni sentivo che i tempi erano maturi. Ne ho parlato con Piero Iacomoni, presidente della Fondazione Monna Lisa, che opera nel sociale. E lui mi disse: troviamo un palazzo a Firenze, lo ristrutturiamo e ci facciamo l’Accademia. Ho però pensato: non ha senso comprare un palazzo, perché non proponiamo alle istituzioni che posseggono palazzi ma non hanno soldi per mantenerli di ristrutturarne uno a nostre spese?. Ma anche questa strada non è andata a buon fine. Tutto è rifiorito improvvisamente nel rapporto felice con il Saschall. Li ho conosciuti quando a novembre cercavamo una sede per l’edizione 2009 di Chi è di scena. Hanno accolto benissimo il nostro progetto e anche questo è un piccolo paradosso perché quella del Sashall su Firenze è la gestione più privata e commerciale che esista».
Da insegnante di scuola pubblica che con le scuole abitualmente lavora, che bisogno c’era di questa Accademia?
«Il paradosso è che in Italia ci sarebbero tutti i presupposti perché questo tipo di progetto partisse dalla scuola pubblica, come quella dove insegno io, la Guicciardini-Poliziano. Una scuola media a indirizzo musicale ha nel suo dna gli elementi per essere la base di partenza. Si tratterebbe solo di aggiungere tutti quei satelliti di attività che la farebbero diventare completa. Ma non accadrà mai».
Perché?
«Non credo che dipenda dalla dirigenza, perché adesso cominciano ad esserci dirigenti scolastici disponibili. E vorrei qui spezzare una lancia a favore della mia, Maria Laura Simonini, che è stata la promotrice del protocollo tra le scuole e la Regione Toscana, alla base dell’edizione di quest’anno della rassegna Chi è di scena. Ma è il modo in cui attualmente è vissuta la scuola da tanti miei colleghi docenti, come una routine, anno dopo anno. Tipo l’insegnante che apre il registro, fa lezione, non guarda nemmeno in faccia l’utenza».
E i Conservatori?
«Il Conservatorio ormai non è che l’ombra di quello che era quando l’ho frequentato da studente. Ci passavamo le giornate, dalla mattina alle 8 alla sera alle 7: era per noi una seconda casa. Oggi i ragazzi arrivano in Conservatorio con i minuti contati, in una situazione che sa di decadenza e di muffa. È una realtà in stand-by. Cambierà quando ci sarà un vera volontà di rinnovamento e di adeguamento ai tempi».
Ma non era possibile coinvolgere il Conservatorio?
«L’ho contattato lo scorso anno per offrire una mia collaborazione sul teatro musicale e sui giovani, ma sono rimbalzato alla grande. Ma sono sempre aperto ».
Cosa succederà dunque ad ottobre?
«Ci sarà l’apertura del cantiere. Non partirò ad ottobre con un progetto finito. Mi pongo davanti un triennio per arrivare a regime. A fine ottobre aprirà, con sei corsi. Avrà un padrino d’eccezione che è Saverio Marconi, che seguirà direttamente un progetto».
A quanti allievi pensate?
«L’obiettivo è iniziare con sei gruppi di lavoro di circa 20-25 persone l’uno, perché ognuno rappresenterà una piccola produzione. Per ciascun gruppo, infatti, verrà scritta un’opera. Solamente a uno o due dei gruppi si accederà con una selezione. Non c’è limite d’età, ma ogni gruppo sarà omogeneo. E ogni gruppo sarà impegnato tre volte la settimana sulle discipline del teatro musicale».
SCHEDA: L’Associazione Liberenote
Motore degli stage musicali per giovani musicisti e attori (quest’anno dal 27 agosto al 6 settembre a Viareggio per i ragazzi da 7 a 14 anni e dall’8 al 18 luglio a Moena, in Trentino per quelli dai 12 ai 17 anni), della rassegna «Chi è di scena» e adesso anche dell’Accademia di teatro musicale è l’associazione musicale «Liberenote», con sede a Firenze (via dello Steccuto, 11/C – tel. e fax 055 4362562 - liberenote@libero.it – www.liberenote.it – www.stagegiovani.it). Nata da un’idea del M° Marco Papeschi, con lo scopo di diffondere la cultura musicale, è il frutto del suo lavoro di ricerca ormai ventennale, nel campo della produzione artistica e didattica. Molti dei ragazzi che parteciparono ai primi «stage» musicali fanno oggi parte dello staff di «Liberenote».
Quest’anno dice di aver avuto «delle sensazioni di lavoro nuove. Delle difficoltà o delle cose che sono andate più lisce». «Questi ragazzi ci spiega sono sicuramente molto condizionati da tutto il contesto che li circonda: scolastico, didattico, sociale, familiare. Penso che lavorare in palcoscenico con loro può essere molto prezioso da questo punto di vista, ma soprattutto a noi dà un sacco di elementi anno dopo anno diversi per interpretarli. È molto faticoso perché non puoi creare un cliché che poi pensi possa andar bene sempre».
Quello che ha riscontrato quest’anno è stata una «maggiore difficoltà nel concentrarsi sul materiale di lavoro, come se i ragazzi fossero ancora più infagottati in una sorta di conformismo scolastico che alla fine diventa anche un salvagente, una specie di bozzolo da cui noi si cerca di tirarli fuori». Ma «nel momento in cui li tiri fuori poi loro fanno magie». E cita l’esempio dello spettacolo «Reality» allestito per la rassegna con gli allievi del Poggio Imperiale: «i ragazzi nel momento in cui sono andati in scena non hanno fatto una pagina del copione scritto. Io stavo alla regia con i tecnici, perché dovevo dare indicazioni sulle luci e sulla fonica e arrivato a pagina 36 del copione, che in tutto ne ha 54, l’ho chiuso. e Ci siamo guardati con i tecnici e ci siamo detti: andiamo dietro a loro e vediamo che succede. Non facevano una pagina scritta. Però lo spettacolo è arrivato in fondo e il pubblico era contento. E questa continua Marco Papeschi è la dimostrazione dell’elemento più importante: hanno fatto proprio lo spettacolo, l’hanno fatto loro al punto che se lo sono improvvisato. Questo è l’obiettivo. Non hanno imparato il copione ed eseguito direttive come l’ennesimo compito scolastico, vissuto in modo passivo, ma hanno metabolizzato qualcosa di cui sono diventati protagonisti, al punto che se lo sono improvvisato».
Da ottobre «Chi è di scena» diventa una vera e propria Accademia del teatro musicale, con sede al Saschall (vedi servizio nel fascicolo regionale a pagina 17). Per Marco Papeschi, che da sempre si spende per insegnare ai ragazzi il linguaggio della musica e del teatro, un piccolo grande «sogno» che sta per avverarsi.