Arte & Mostre
Marco Ciatti, il medico delle opere d’arte
«Se abbiamo svolto un lavoro fatto bene, prima ci si dovrebbe accorgere della bellezza dell’opera e subito dopo che è stata restaurata. Se l’ordine si inverte non è segno buono».
La scheda
Marco Ciatti, 57 anni, originario di Prato, si laurea a Firenze nel 1977 e dal 1980 è storico dell’arte presso il Ministero per i beni e le attività culturali; dal 1981 al 1984 ha lavorato alla Soprintendenza per i beni artistici e storici di Siena, poi dall’84 presso l’Opificio delle pietre dure e laboratorio di restauro di Firenze dove è stato direttore di vari settori e in particolare di quello dei Dipinti su tela e tavola, nonché Direttore associato della Scuola di alta formazione per il restauro annessa all’istituto e Incaricato dell’insegnamento di Storia delle arti applicate e poi di Storia e teoria del restauro presso la Scuola di alta formazione dell’Opificio delle pietre dure.
La duplice origine dell’Opificio
L’Opificio delle pietre dure (noto anche con la sigla OPD) è un Istituto autonomo del Ministero per i beni e le attività culturali, la cui attività operativa e di ricerca si esplica nel campo del restauro delle opere d’arte.
La seconda radice affonda le sue origini nel collezionismo artistico dei Medici. Costoro danno vita ad una enorme quadreria di dipinti che ha bisogno di avere una manutenzione costante. Nasce così la figura del pittore restauratore di corte. Questa figura attraversa i secoli e le dinastie fino a diventare un impiego pubblico quando le gallerie diventano statali. Nel 1932 il grande fiorentino Ugo Procacci, allora giovane funzionario, ebbe l’idea innovativa di modernizzare il concetto di restauro, di renderlo più rigoroso, scientifico, che si avvale non più di singoli pittori restauratori ma di una unità di lavoro in un laboratorio. Sotto la sua direzione comincia ad essere applicata la radiografia allo studio delle opere d’arte.
In seguito alla grande catastrofe dell’alluvione del novembre 1966 e alla legge istitutiva del Ministero per i beni culturali ed ambientali del 1975, vennero fusi in unica entità l’antico Opificio mediceo ed il Laboratorio restauri della Soprintendenza, tra l’altro il vero protagonista dei restauri dell’alluvione. A questo nucleo furono annessi i laboratori minori sorti in seguito all’emergenza dell’alluvione.