Toscana

Marco Buti, un toscano all’Ecofin: «Bravi a utilizzare i fondi europei»

Tutto bene allora o ci sono dei margini di miglioramento?

«Ovviamente c’è molto da fare in Toscana così come nel resto d’Italia, la nostra regione data la sua ricchezza, tra l’altro, intercetta, risorse europee limitate. Sicuramente il rapporto fra il governo regionale toscano e la Commissione europea è molto proficuo durante la fase di programmazione e di esecuzione degli interventi cofinanziati dal bilancio comunitario. Ci confrontiamo anche con l’Irpet che fa anche da supporto analitico per far sì che ci sia un contributo strategico, che i fondi strutturali, i fondi europei permettano alla Toscana di affrontare i problemi fondamentali del suo modello di sviluppo che deve essere rinnovato per affrontare le sfide poste dalla crisi».

Recentemente avete chiesto ufficialmente di chiudere la procedura per deficit eccessivo contro l’Italia: cosa cambierà per il nostro paese, e dunque per la Toscana?

«L’abrogazione del deficit eccessivo conferma l’efficacia degli sforzi compiuti dal governo italiano, dal parlamento ma soprattutto, come ha detto il primo ministro Enrico Letta, essenzialmente dal popolo italiano. Adesso si può guardare al futuro con più fiducia e sicuramente adesso ci sarà minor sospetto da parte dei mercati finanziari che si manifesterà in minori tassi di interesse e una migliore possibilità di collocare il nostro elevato debito pubblico sul mercato a tassi più favorevoli. Questo permetterà di concentrarsi sulla priorità di fondo di rimuovere i “colli di bottiglia” che frenano la crescita dell’economia italiana. Il governo ha iniziato, ma è un lavoro di lunga lena».

Spesso i politici italiani alimentano una percezione popolare – non so quanto sia corretta e quanto no – e cioè che gran parte delle responsabilità dei problemi dei cittadini derivino dall’Europa. Che dice?

«L’ho visto nella mia ormai lunga carriera: l’Europa fa spesso da capro espiatorio rispetto a scelte che sono inevitabili a livello nazionale e questo fa parte un po’ del gioco istituzionale. L’attribuzione di responsabilità all’Europa ha fatto buon gioco all’Italia negli ultimi decenni: è quello che gli economisti definiscono “il vincolo esterno”, il fatto che si debbano fare delle cose perché abbiamo – come dire – una supervisione esterna o delle istituzioni europee o dei mercati finanziari. Ma questo modello non è senza rischi».

Perché questo scenario provoca dei rischi?

«Questo modello sta mostrando i suoi limiti adesso, in questa fase di crisi: se si attribuiscono delle responsabilità all’Europa in un momento come questo, caratterizzato da un sentimento antieuropeo e da alcune rivolte anti-unitarie, è evidente che si possono provocare seri danni e favorire tendenze populiste. La Commissione europea e le istituzioni comunitarie hanno molto apprezzato quello che il Presidente Monti ha detto durante il suo mandato durante il governo tecnico: “Faccio delle riforme che sono e saranno anche dolorose e impopolari, so che queste sono inevitabili data la situazione del paese ma non attribuirò mai all’Europa la responsabilità di avermi imposto queste riforme”. Credo sia l’atteggiamento giusto e un buon esempio per il futuro. Purtroppo non si vede sovente e non solo in Italia».

Tra i luoghi comuni più gettonati c’è quello che vedrebbe un gruppetto ristretto di persone determinante per le politiche europee. Che dice?

«Questo è assolutamente caricaturale e falso, perché tutte le decisioni che sono prese a livello europeo sono basate su una proposta iniziale della Commissione e l’adozione da parte di tutti i paesi, per alcune decisioni di tutti i 27 paesi, per alcune decisioni che sono più legate al funzionamento dell’Unione monetaria e dell’euro dai 17 paesi della zona dell’euro inclusi i ministri e i rappresentati dei paesi nazionali. Quindi l’idea di questa tecnocrazia che decide per tutti, passa sopra la volontà democratica dei paesi, dei governi, dei parlamenti nazionali è assolutamente un mito negativo da sfatare. I paesi vengono, partecipano, decidono in modo democratico nello spirito di una sovranità collettiva».

Parliamo delle sue radici: l’essere toscano e fiorentino è qualcosa che l’ha favorita o ostacolata nel suo percorso professionale?

«Quando noi fiorentini riveliamo le nostre origini suscitiamo immediatamente una notevole impressione negli interlocutori, di contro c’è che in inglese “fiorentino” è sinonimo di macchiavellico e dunque magari fa alzare qualche sopracciglio. I fiorentini invece mi chiedono come faccia a vivere a Bruxelles da così tanto tempo, riferendosi in particolare alla metereologia».

Da buon fiorentino, seguirà il calcio e tiferà per la Fiorentina…

«Certamente ho salutato con gioia il ritorno dei viola in Europa, anche se con un po’ di amarezza: la squadra di Montella avrebbe meritato l’accesso alla Champions League. Sarà per l’anno prossimo».

La scheda

Marco Buti è alla direzione generale Ecofin della Commissione Europea dal 2008. Buti si è laureato in Economia e Commercio nel 1982 a Firenze ed ha poi conseguito un master in economia all’Università di Oxford. Dal 1987 lavora alla Commissione europea nella quale ha ricoperto numerosi incarichi: è stato economic advisor del Presidente della Commissione fino al 2003; dal settembre 2003 all’agosto 2006 è stato Director of Economies of Member States alla Direzione Generale Economic and Financial Affairs dove, dal primo settembre 2006, è diventato Direttore Generale aggiunto.

Il Consiglio «Economia e finanza» è, con il Consiglio «Agricoltura» e il Consiglio «Affari generali», una delle formazioni più antiche del Consiglio. Comunemente denominato Consiglio ECOFIN – o semplicemente ECOFIN –, è composto dei ministri dell’economia e delle finanze degli Stati membri, nonché dai ministri del bilancio quando sono in discussione questioni di bilancio. Si riunisce una volta al mese. Il Consiglio ECOFIN tratta della politica dell’UE in vari settori, tra cui: coordinamento delle politiche economiche, sorveglianza della situazione economica, monitoraggio della politica di bilancio e delle finanze pubbliche degli Stati membri, euro (aspetti giuridici, pratici e internazionali), mercati finanziari e movimenti di capitali, relazioni economiche con i paesi terzi. Nella maggior parte dei casi decide a maggioranza qualificata, in consultazione o in codecisione con il Parlamento europeo, con l’eccezione delle questioni fiscali in cui le decisioni sono assunte all’unanimità. Inoltre, il Consiglio ECOFIN prepara e adotta ogni anno, assieme al Parlamento europeo, il bilancio dell’Unione europea, il quale ammonta a circa 100 miliardi di euro. Quando l’ECOFIN esamina fascicoli collegati all’euro o all’UEM, al voto in sede di Consiglio non partecipano i rappresentanti degli Stati membri la cui moneta non è l’euro.