Vita Chiesa

MARCIA DELLA PACE QUEST’ANNO A CREMONA

“La pace non è compromessa solo perché i grandi della terra perpetrano violenze o progettano aggressioni militari, ma anche perché noi uomini, noi cristiani, troppo spesso prendiamo le distanze dall’esempio e dalla parola di Gesù”. Con questo richiamo, mons. Lafranconi, vescovo di Cremona, ha salutato ieri i partecipanti alla 35° marcia per la pace ispirata al tema della relativa Giornata mondiale, “Pacem in terris, impegno permanente” e svoltasi nella città lombarda con l’organizzazione di Cei e Pax Christi.

“A che serve – ha detto mons. Lafranconi – parlare di pace, se non ne diventiamo testimoni nel quotidiano? Se non contribuiamo, con una condotta di vita chiaramente ispirata al Vangelo, al diffondersi di una mentalità che possa democraticamente fermentare l’opinione pubblica verso una cultura della pace e possa incidere su pubblici poteri?”. Per il vescovo di Cremona resta fondamentale il rispetto dei “diritti degli altri”. “Sarà impegno comune educare la nostra coscienza al dovere di rispettare i diritti altrui. Educare la coscienza significa trovare le motivazioni che giustificano questo dovere e non semplicemente piegarsi ad osservarlo per la costrizione della legge o il timore della pena”.

Dello stesso avviso mons. Tommaso Valentinetti, presidente nazionale di Pax Christi, che si è detto “fiducioso nella sensibilità della gente comune”, perché “credo ci sia chi sta facendo diventare questi problemi vitali per la propria esistenza e per le proprie scelte. Iniziative come queste servono per risvegliare l’attenzione. Dobbiamo chiedere al Signore prima di tutto, ma poi anche a quanti hanno in mano le sorti della vita pubblica, affinché si impegnino a favore della pace”.

Alla marcia ha portato il suo contributo anche padre Alex Zanotelli, missionario comboniano e direttore della rivista “Mosaico di Pace”: “Non ci vuole molto ad essere voce di profezia oggi – ha detto padre Zanotelli – Mi sembra che la realtà sia talmente drammatica e chiara che basta vedere quanto abbiamo davanti: un mondo, dove il 20% mangia l’83% delle risorse disponibili…”. Come essere allora strumenti di questa profezia? “Abbiamo bisogno di comunità di credenti profetiche, alternative al sistema – ha concluso -. Oggi siamo chiamati alla profezia. O la profezia diventa collettiva o temo che saremo travolti dalla situazione in cui viviamo”.