Oggi Nomadelfia è una cittadella di quattro chilometri quadrati in Toscana vicino a Grosseto in cui vivono 350 persone e 50 famiglie. Il popolo dei nomadelfi è un popolo «nuovo» perché formato da persone tutte quante volontarie: cattolici che vivono insieme con lo scopo di costruire una civiltà fondata sul Vangelo. La Chiesa riconosce Nomadelfia come una «associazione privata» e una parrocchia comunitaria, mentre per lo Stato Italiano è un’associazione civile. Le famiglie sono aperte all’accoglienza dei figli che vengono dati in affido e vivono insieme ad altre quattro o cinque formando un «gruppo familiare» che nel popolo di Nomadelfia è la realtà fondamentale ed è una soluzione perché una famiglia è di sostegno all’altra, specialmente nell’attenzione alle persone più deboli: i bambini e gli anziani.A Nomadelfia non esiste la proprietà privata, ma nella fraternità tutti i beni sono in comune proprio come pregò Gesù all’Ultima Cena: «Padre, tutto quello che è mio è tuo, tutto quello che è tuo è mio, così siano essi». Gli uomini e le donne lavorano nelle aziende, in casa, nei laboratori, negli uffici della comunità, senza ricevere uno stipendio. Secondo lo stile di vita dei nomadelfi non si può pagare un fratello. E secondo questo spirito, tutti i lavori che si possono svolgere insieme vengono svolti da tutta la popolazione e vengono definiti come «lavori di massa». I figli di Nomadelfia frequentano la «scuola familiare» istituzione nata nel 1968, quando i genitori hanno ottenuto dal ministero della Pubblica Istruzione di poter istruire i figli sotto la propria responsabilità, con l’obbligo poi di presentarli come privatisti agli esami di Stato dell’ultimo anno della scuola primaria (allora era la scuola elementare) e a quelli della scuola secondaria di primo grado (la scuola media inferiore di allora). La frequenza scolastica è obbligatoria fino a 18 anni e se poi lo desiderano, i figli si presentano alle scuole pubbliche per sostenere gli esami di maturità.Come amava dire don Zeno Saltini «Nomadelfia è una proposta». Una proposta che invita tutti a vivere la legge della solidarietà umana universale e i cristiani a vivere coerentemente il Vangelo. Solidarietà umana e coerenza cristiana rappresentano il modo più eloquente per partecipare alla celebrazione della Giornata nazionale per la vita che la Chiesa italiana celebra domenica 4 febbraio. Il Consiglio permanente della Cei per la prossima Giornata ha indicato come tema di riflessione «Amare e desiderare la vita». L’esperienza che Nomadelfia porterà a Sansepolcro sarà il segno più tangibile di cosa significhi amare la vita. Così alla vigilia di questa celebrazione le comunità cristiane della Valtiberina sono chiamate a partecipare ad un evento molto importante come la proiezione di un film che racconta la vita di Norina e dei suoi 74 figli. Norina è una memoria viva della storia di Nomadelfia perché è una delle prime «mamme di vocazione», così venivano chiamate queste volontarie (la prima fu Irene che nel 1941 a soli 18 anni scappò di casa per farsi mamma di questi bambini) che ricevevano i «figli» affidati da don Zeno Saltini. Ma le nostre comunità e tutti coloro che vorranno partecipare a questa serata avranno l’opportunità di incontrare e di ascoltare mamma Norina che sarà presente la sera di sabato 3 febbraio al cinema «Nuova Aurora» alle ore 21 dove porterà la sua testimonianza che si fonda su quelli che sono i valori ai quali, da sempre, si rifanno i nomadelfi: libertà, comunione fraterna dei beni e generosità. La sua testimonianza trova soprattutto il proprio fondamento su quello che è il valore più grande, quello che muove tutto, quello che fa gridare «tutto posso in colui che mi dà forza»: la fede.Alessandro Boncompagni