Vita Chiesa

Maestri cattolici, card. Bassetti: «difendete e valorizzate l’ispirazione cristiana»

«Per essere dei maestri cattolici nell’Italia odierna occorre essere audaci nei confronti della mentalità dominanti ed essere esigenti con se stessi – ha aggiunto il porporato -. Non bisogna chiudersi a riccio in una sorta di riserva indiana o al contrario sciogliersi nella società contemporanea come neve al sole. Occorre, al contrario, essere sale della Terra. In questo caso, sale della scuola». Di qui l’invito a «essere curiosi, appassionati della conoscenza e delle persone, accoglienti verso tutti, aperti alla realtà e al mondo intero, sensibili alle esigenze di verità e di giustizia, affinché a nessuno sia negata l’opportunità di crescere e di offrire il suo originale contributo alla vita comune». Ma non solo. «Per essere veramente dei maestri cattolici occorre che ognuno di voi dia un significato alto e nobile alla scuola. Come quando don Milani arrivò a scrivere che la ‘scuola mi è sacra come un ottavo Sacramento’. Parole estremamente importanti e che vanno rilette con la dovuta attenzione e rilanciate con l’identica speranza: la scuola deve tornare ad essere un luogo così prestigioso da essere considerato addirittura sacro». La scuola, infatti, ha osservato il card. Bassetti, «è senza dubbio uno dei luoghi più importanti per l’identità e lo sviluppo di un Paese. Senza la scuola è difficile pensare una comunità coesa di uomini e di donne, in cui anche i più poveri possono istruirsi, crescere ed emanciparsi dalla miseria. Essa è il centro nevralgico del sapere e della cultura di un popolo che si tramanda di ‘generazione in generazione’. La scuola scrive perfettamente don Milani, ‘siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi’».

«Valorizzazione dell’ispirazione cristiana» e «corresponsabilità». Sono i due aspetti che ha richiamato il card. Gualtiero Bassetti. «Due aspetti che possono fare da stimolo all’azione di ogni associazione che si richiami all’esperienza storica della Chiesa e in particolare possono aiutare la vita dell’Aimc», ha precisato il porporato, «in questo particolare momento storico – in cui da un lato la Chiesa è invitata a vivere la sinodalità, e dall’altro la scuola italiana è chiamata a riscoprire se stessa». Rispetto alla «valorizzazione dell’ispirazione cristiana che risiede alla base dell’Aimc», il presidente della Cei ha messo in guardia da «un rischio in tutte le associazioni, non solo quelle ecclesiali»: «Dopo un certo periodo di tempo, la vita associativa si istituzionalizza e tende a racchiudersi all’interno di rassicuranti luoghi, le cui mura sono rappresentate da norme e regolamenti, e il cui tetto è caratterizzato dalle funzioni, dalle procedure e dalle cariche elettive». Per il cardinale, «non c’è nulla di negativo nell’istituzionalizzazione di un’associazione, fa parte di un normale processo di riconoscimento pubblico ed è in qualche modo naturale nel processo di sviluppo e di crescita di qualsiasi gruppo sociale», ma «questo processo contiene anche il rischio di un’eccessiva burocratizzazione che a poco, a poco, non solo scambia il mezzo per il fine, ma dimentica il motivo originario per cui ci si associa e marginalizza il carisma delle origini: in questo caso l’ispirazione cristiana dell’associazione». Di qui l’esortazione: «L’ispirazione cristiana è la roccia su cui erge la nostra e la vostra casa. Difendetela e valorizzatela con mitezza e tenacia. Perché senza questa roccia non c’è alcuna associazione ma solo un cumulo di leggi e di cariche senz’anima». Il porporato ha poi invitato a «riscoprire e tenere viva la fiamma di quell’ispirazione ideale che mosse Maria Badaloni e Carlo Carretto nel 1945 e tanti altri dopo di loro».

Corresponsabilità e dialogo. «Il secondo aspetto che mi preme sottolineare in questa sede – ha proseguito il presidente della Cei – è legato direttamente al magistero di Papa Francesco: ovvero la necessità di una corresponsabilità diffusa e della costruzione di un dialogo autentico tra tutti i membri dell’associazione». «La corresponsabilità e il dialogo, che si oppongono ad ogni forma di verticismo, sono il prodotto autentico della Chiesa sinodale che oggi si sta esprimendo a tutti i livelli e che ha visto nel Sinodo della famiglia e nel prossimo Sinodo dei giovani degli esempi da seguire per la Chiesa universale e tutte le associazioni ad essa ispirate». La sinodalità, ha evidenziato, è «l’esatto contrario del clericalismo e prende forma nello sperimentare, concretamente, che la Chiesa è un corpo vivo, il corpo mistico di Cristo, e non un insieme di strutture burocratiche». Ogni associazione è dunque chiamata ad «essere un corpo vivo, che sperimenta una comunione autentica e una corresponsabilità diffusa». Per essere «veramente un’associazione che sperimenta la sinodalità – e per essere autenticamente un corpo vivo – è necessario che ognuno dei membri sia realmente in contatto con l’altro, cioè che venga costruita un fitto e autentico intreccio di relazioni umane. Per costruire questa rete di relazioni è necessario parlare. Ma parlare in verità. Anzi, come ripete spesso il Papa, parlare con parresia, ‘a voce alta e in ogni tempo e luogo’. Non bisogna fingere con ossequi formali. Non è auspicabile l’utilizzo di parole ipocrite. Occorre parlare con carità». Dunque, «per costruire una corresponsabilità diffusa in un corpo vivo è fondamentale che ogni persona, al di là della carica che ricopre, sia capace di dialogare. Il dialogo autentico è la chiave di tutto ed ha un valore inestimabile. Senza il dialogo c’è solo la discomunione e la divisione. Ma il dialogo è più fruttuoso di ogni litigio, perché il fine ultimo del dialogo è l’unità».